Secondo il TAR Milano, l’espressione dell’abusivo esercizio di un potere è proprio la sua contraddittorietà con precedenti comportamenti tenuti dal medesimo soggetto, in violazione del divieto generale di venire contra factum proprium; la situazione ora descritta è da rinvenirsi, per il TAR Milano, nell’ipotesi in cui il ricorrente, dopo aver tenuto comportamenti oggettivamente, anche alla luce del canone ermeneutico della buona fede, espressivi dell’intenzione di addivenire alla stipulazione di un contratto d’appalto, nonostante la scadenza del termine di 60 giorni di cui all’art. 11, comma 9, d.lgs. 163/2006, abbia utilizzato strumentalmente il potere di recesso, venendo contra factum proprium e cercando, in tal modo, di celare la propria sopravvenuta incapacità di procedere nell’esecuzione del rapporto, in ragione della messa in liquidazione volontaria, circostanza verificatasi tre mesi prima dell’esercizio del recesso e mai comunicata all’amministrazione, in violazione, quanto meno, del canone di correttezza e di lealtà, che informa il dovere di buona fede.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1700 del 16 luglio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.