Il Consiglio di Stato, con riferimento al tipo di potere che il terzo può sollecitare a fronte di una SCIA, precisa che:
- un primo orientamento della giurisprudenza ritiene che il terzo possa chiedere al giudice di ordinare all’amministrazione di esercitare i poteri inibitori, anche nel caso in cui sia trascorso il termine di trenta (o sessanta) giorni previsto dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990;
- un secondo orientamento assume che il terzo possa chiedere la condanna dell’amministrazione all’esercizio di poteri che devono avere i requisiti che giustificano l’autotutela amministrativa; in questo caso, l’autotutela si connota in modo peculiare perché: a) essa non incide su un precedente provvedimento amministrativo e dunque si caratterizza per essere un atto di “primo grado” che deve, però, possedere i requisiti legittimanti l’atto di “secondo grado”; b) l’amministrazione, a fronte di una denuncia da parte del terzo, ha l’obbligo di procedere all’accertamento dei requisiti che potrebbero giustificare un suo intervento repressivo e ciò diversamente da quanto accade in presenza di un “normale” potere di autotutela che si connota per la sussistenza di una discrezionalità che attiene non solo al contenuto dell’atto ma anche all’an del procedere;.
- la seconda opzione interpretativa è, secondo il Consiglio di Stato, preferibile in quanto coniuga in modo più equilibrato le esigenze di liberalizzazione sottese alla SCIA con quelle di tutela del terzo; se quest’ultimo potesse sollecitare i poteri inibitori senza limiti temporali e di valutazione dell’incidenza sulle posizioni del privato che è ricorso a questo modulo di azione verrebbero frustrate le ragioni della liberalizzazione, in quanto l’interessato, anche molto tempo dopo lo spirare dei trenta (o sessanta) giorni previsti dalla legge per l’esercizio dei poteri in esame, potrebbe essere destinatario di atti amministrativi inibitori dell’intervento posto in essere; la qualificazione del potere come potere di autotutela costituisce invece, da un lato, maggiore garanzia per il privato che ha presentato la SCIA, in quanto l’amministrazione deve tenere conto dei presupposti che legittimano l’esercizio dei poteri di autotutela e, in particolare, dell’affidamento ingenerato nel destinatario dell’azione amministrativa, dall’altro, non vanifica le esigenze di tutela giurisdizionale del terzo che può comunque fare valere, pur con queste diverse modalità, le proprie pretese.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 4610 del 3 novembre 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.