Il Consiglio di Stato ribadisce che la disposizione di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 mira a instaurare un contraddittorio a carattere necessario tra la p.a. ed il cittadino al fine sia di aumentare le possibilità del privato di ottenere ciò a cui aspira sia di acquisire elementi che arricchiscono il patrimonio conoscitivo dell’amministrazione, consentendo una migliore definizione dell’interesse pubblico concreto che l’amministrazione stessa deve perseguire.
Il Consiglio di Stato aggiunge che la prescritta partecipazione svolge una funzione difensiva e collaborativa e assolve anche a una importante finalità deflattiva del contenzioso, evitando che si sposti nel processo ciò che dovrebbe svolgersi nel procedimento;  se, infatti, non si rende edotto il privato di tutte le ragioni che depongono per il rigetto della sua istanza, al fine di permettergli di esprimere, in ambito procedimentale, il suo punto di vista, si costringe l’interessato a proporre ricorso giurisdizionale per fare valere in giudizio ciò che avrebbe potuto essere oggetto di accertamento in sede amministrativa.
Il Consiglio di Stato precisa, infine, che la violazione di tale obbligo non comporta annullamento dell’atto finale nel solo caso in cui, in presenza di attività vincolata, l’amministrazione dimostra che il provvedimento non avrebbe potuto avere altro contenuto.

La sentenza della Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 4545 del 28 ottobre 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.