L’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo. Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli - non in astratto, bensì in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi -, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico - sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta - per autorappresentazione e autodeterminazione - dalla comunità medesima, attraverso le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio. Sino al punto di ritenere legittima la scelta pianificatoria della c.d. “opzione zero” a seguito della quale lo strumento urbanistico non consente più, de futuro, l’ulteriore consumo di suolo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3057 del 3 ottobre 2025