In presenza di una richiesta risarcitoria fondata su sentenze che hanno dichiarato illegittima l’imposizione del vincolo espropriativo per vizi di natura “formale”, ovvero per violazione delle regole del procedimento pianificatorio e non hanno invece riconosciuto la spettanza del bene della vita alla parte istante, la stessa non può essere accolta perché, mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3762 del 23 dicembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che, secondo la giurisprudenza amministrativa, l'esecuzione delle sentenze da parte della pubblica amministrazione deve avvenire, anche in caso di non capienza degli appositi capitoli di bilancio, attraverso l'utilizzo dell'istituto del pagamento in conto sospeso (come disciplinato dall'art. 14 comma 2, legge 31 dicembre 1996 n. 669).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1034 del 23 dicembre 2024





Il TAR Milano - preso atto che a seguito della sentenza del TAR Lazio n. 6068 del 27 marzo 2024 e della sentenza della Corte costituzionale n. 137 del 19 luglio 2024, è venuta a cessare la moratoria delle nuove autorizzazioni per lo svolgimento del servizio di trasporto con NCC, sicché nulla osta a che l'amministrazione proceda, previa indizione di adeguate procedure selettive, al rilascio dei titoli in favore delle imprese interessate, sussistendo, anzi, l'obbligo giuridico di provvedere su eventuali richieste in tal senso - ordina ad un comune, entro sessanta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della sentenza, di verificare la permanenza di autorizzazioni per il servizio di NCC tramite natanti ancora da assegnare e, in caso positivo, di indire una procedura aperta per il loro rilascio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 3776 del 23 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che la convalida non determina una modificazione strutturale del provvedimento viziato, bensì il sorgere di una fattispecie complessa, derivante dalla “saldatura” con il provvedimento convalidato, fonte di una sintesi effettuale autonoma. L’efficacia consolidativa degli effetti della convalida opera retroattivamente: il provvedimento di convalida, ricollegandosi all’atto convalidato, ne mantiene fermi gli effetti fin dal momento in cui esso venne emanato. La decorrenza ex tunc è connaturale alla funzione della convalida di eliminare gli effetti del vizio con un provvedimento nuovo e autonomo. È questa la principale differenza rispetto alla rinnovazione dell’atto che invece non retroagisce per conservarne gli effetti fin dall’origine.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3720 del 18 dicembre 2024


Secondo il TAR Milano, lo stazionamento quotidiano di autovetture su una determinata area “inserita in ambito a verde urbano soggetto a tutela” contigua al sedime su cui si trova una concessionaria di autovetture, sebbene riferibili a una cerchia ristretti di soggetti, non può ritenersi precario o contingente, ma è funzionale a soddisfare esigenze stabili nel tempo, strettamente collegate all’attività imprenditoriale, risultando perciò idoneo ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la rimovibilità dei mezzi e l’assenza di opere edilizie. Ciò imprime una differente destinazione d’uso al bene (area a parcheggio mezzi) che è da ritenersi incompatibile con quella individuata dallo strumento urbanistico vigente (area a verde urbano). Pertanto, contrariamente a una più risalente giurisprudenza, secondo la quale sarebbe compatibile con la destinazione agricola del fondo anche una sua utilizzazione come parcheggio, deve ritenersi che l’impatto urbanistico, oltre che ambientale, di un parcheggio, non qualificabile nemmeno come precario e temporaneo, è certamente di rilevante consistenza rispetto a tutto il contesto circostante. In tal senso può essere richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, laddove il cambio di categoria edilizia determini un ulteriore carico urbanistico, risulta irrilevante verificare se tale modifica sia avvenuta con l’effettuazione di opere edilizie.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3726 del 18 dicembre 2024


Il TAR Milano condivide le riflessioni di recente giurisprudenza, la quale rileva come la funzione essenziale della garanzia provvisoria sia di assicurare la serietà e l'affidabilità dell'offerta a garanzia del rispetto dell'ampio patto d'integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche, di tal che essa va acquisita come parte essenziale e integrante dell'offerta, con il corollario che la sua mancata presentazione - o la omessa o inadeguata integrazione - rappresenta di per sé legittima causa di esclusione dalla gara, anche in assenza di una specifica comminatoria in tal senso. Questo in applicazione del costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale la carenza di uno degli elementi dell'offerta ritenuti essenziali dalla lex specialis ben legittima l'esclusione dell'offerta difettosa, senza che ciò comporti alcuna violazione del principio di tassatività delle cause d'esclusione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 3546 del 9 dicembre 2024


Il TAR Brescia, in materia di appalti pubblici, ha precisato che il principio di tassatività delle cause escludenti non è applicabile in relazione agli elementi essenziali dell’offerta tecnica, il che trova implicita conferma nell’art. 107 del nuovo codice laddove tale disposizione prevede che gli appalti sono aggiudicati previa verifica della conformità dell’offerta “alle previsioni contenute nel bando di gara o nell'invito a confermare l’interesse nonché nei documenti di gara”, sicché la legge di gara può prevedere che il mancato possesso dei requisiti essenziali dell’offerta tecnica possa determinare l’esclusione dell’operatore economico senza incorrere nel divieto di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 36/2023.

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, n. 453 del 5 dicembre 2024



E' legittimo il diniego di autorizzazione paesaggistica, fondato, oltre che sull’impatto dell’intervento sul contesto paesaggistico circostante, anche sul mancato rispetto della disciplina edilizia, in ragione della  necessaria compresenza della conformità sia paesaggistica che edilizia, stante l’autonomia dei rispettivi ambiti (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 20 dicembre 2023, n. 3131).

T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3712 del 17 dicembre 2024


Il TAR prende atto e si conforma all’orientamento secondo il quale, in punto integrazione dell’offerta con le giustificazioni, afferma che l’offerta economica non concerne il mero importo monetario offerto dal concorrente (unitamente all’indicazione del costo della manodopera e degli oneri di sicurezza aziendale), ma riguarda anche gli ulteriori elementi che concorrono a sorreggere, sotto il profilo economico, il suddetto importo monetario offerto dall’operatore economico partecipante alla gara. Ne consegue che anche le c.d. giustificazioni anticipate fanno parte dell’offerta, come, d’altra parte, permesso dalla giurisprudenza comunitaria. Poiché le giustificazioni preliminari fanno parte dell’offerta, non è possibile il soccorso istruttorio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 3682 del 16 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che l’art. 878 c.c. stabilisce che «il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'articolo 873». Dunque, affinché si applichi la norma in esame, il muro di cinta deve possedere tre requisiti essenziali: 1) essere fondamentalmente destinato a recingere una determinata proprietà, allo scopo di separarla dalle altre, custodirla e difenderla da intrusioni; 2) non superare l'altezza di tre metri; 3) costituire un muro isolato, le cui facce cioè emergono dal suolo e sono isolate da ogni costruzione. Di contro, i muri che non abbiano le caratteristiche e gli scopi del muro di cinta, e i muri a questo parificati, per il combinato disposto degli artt. 873 e 878, costituiscono muri di fabbrica agli effetti delle distanze legali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3674 del 16 dicembre 2024





Il TAR Milano ricorda che nel caso in cui le censure proposte sono dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura non sussiste in capo al deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza. L’utilitas che in ipotesi siffatte la parte ricorrente in giudizio può ritrarre è quella della rinnovazione della gara, interesse strumentale che la Corte di Giustizia UE riconosce, nelle controversie relative all’aggiudicazione di appalti pubblici, come meritevole di tutela per esigenze di effettività.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3592 del 10 dicembre 2024


Il TAR Milano precisa che per la configurazione del vizio di nullità, per violazione o elusione del giudicato, non è sufficiente che l’azione amministrativa posta in essere dopo la formazione del giudicato intervenga sulla stessa fattispecie oggetto del pregresso giudizio di cognizione o alteri l’assetto di interessi definito. Al contrario, è necessario che l’amministrazione eserciti la medesima potestà pubblica, già esercitata illegittimamente, in contrasto con il contenuto precettivo del giudicato, cioè con un obbligo puntuale e vincolato, integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza, così integrando una violazione del giudicato. Sussiste, invece, elusione del giudicato quando l’attività asseritamente esecutiva dell’amministrazione sia connotata da un manifesto sviamento di potere, diretto ad aggirare l’esecuzione delle puntuali prescrizioni stabilite dal giudicato. In altri termini, solo nel caso in cui dal giudicato scaturisca un obbligo così puntuale da non lasciare margini di discrezionalità in sede di rinnovazione, l’assunzione di provvedimenti in violazione di tale obbligo può essere dedotta in termini di nullità e tramite il giudizio di ottemperanza; se invece rimangono margini di discrezionalità, in cui sono stati esternati ulteriori e diversi motivi negativi, si è al di fuori dello spazio coperto dalla sentenza e gli atti successivamente emanati dalla P.A., pur riferiti ad un’attività rinnovata ora per allora, sono soggetti all’ordinario regime di impugnazione, in quanto è configurabile solo un vizio di legittimità, rilevabile e prospettabile nelle sedi proprie.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3488 del 6 dicembre 2024


Il TAR Brescia, con riferimento ad una azione di accertamento avente ad oggetto la decadenza dalla titolarità di una concessione idroelettrica (per mancato esercizio), ha anzitutto osservato che la decadenza della concessione per mancato esercizio non costituisce un effetto che si verifica ex lege al ricorrere del presupposto normativo, richiedendo, viceversa, l’intermediazione del potere pubblico attraverso l’emanazione di un provvedimento motivato, all’esito di un procedimento necessariamente preceduto dalla contestazione al concessionario delle circostanze che giustificano la decadenza. Su queste basi, il TAR ha osservato che la domanda fatta valere in giudizio era volta ad introdurre un’azione di accertamento atipica, la quale, ove vengano in rilievo situazioni di interesse legittimo, è esperibile solo in via residuale, laddove cioè tale forma di tutela risulti l'unica idonea a garantire in concreto una protezione adeguata e immediata della sfera giuridica dell’interessato. In altre parole, nel processo amministrativo, l'azione di accertamento è ammessa solo eccezionalmente, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, là dove manchino, nel sistema, strumenti giurisdizionali a protezione di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento. Nel caso di specie mancava proprio il requisito della residualità, perché la parte interessata ben avrebbe potuto sollecitare l’amministrazione competente alla dichiarazione di decadenza, proponendo semmai l’azione disciplinata dagli artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio–inadempimento; azione sicuramente idonea ad assicurare la tutela, da parte del giudice amministrativo, dell’interesse protetto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 916 del 14 novembre 2024


Il TAR Milano osserva che il legislatore, pur consapevole della possibile applicabilità dell’istituto della “scissione” degli effetti della notificazione tra il notificante e il destinatario (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 477 del 2002) alla fase introduttiva del ricorso giurisdizionale amministrativo, avendo ammesso la facoltà di effettuare il deposito dell’atto introduttivo, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante (comma 2, dell’art. 45 c.p.a), ha ritenuto di ancorare la decorrenza del termine per depositare il ricorso al momento del perfezionamento della notificazione anche per il destinatario, allo scopo di evitare il rischio che l’integrità del contradittorio resti esposta all’alea del mancato completamento del richiamato procedimento, visto che la scissione soggettiva non opera se la notificazione non si perfeziona e decadono anche gli effetti provvisori prodotti, mentre, se la notifica si perfeziona gli effetti di essa retroagiscono per il notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’Ufficiale giudiziario (ovvero all’ufficio postale). Quindi risulta certamente tempestivo, avuto riguardo alla chiara previsione della legge processuale, il deposito del ricorso effettuato entro il termine dimezzato di quindici giorni – ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 45, comma 1, 119, comma 2, e 120, comma 8, c.p.a. – dal perfezionamento dell’ultima notifica anche per il destinatario.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3519 del 9 dicembre 2024



Il TAR Milano osserva che in presenza di una richiesta risarcitoria fondata su una sentenza che ha annullato l’atto di acquisizione al patrimonio comunale dell’area di proprietà della ricorrente per vizi considerati “formali”, ovvero per difetto di motivazione, e non ha invece riconosciuto la spettanza del bene della vita alla parte istante, la stessa non può essere accolta perché, mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale. Ciò in quanto il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della pubblica amministrazione. Ne consegue la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto o al quale anela e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3522 del 9 dicembre 2024


Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza eurounitaria, nell’interpretare la portata della direttiva VIA e della precedente direttiva habitat ha precisato che l’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto implica che, prima dell’approvazione di quest’ultimo, siano individuati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto di cui trattasi che possano, da soli o congiuntamente ad altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito. Nell’effettuazione di tali valutazioni si può tenere conto anche di quelle svolte in epoca anteriore - come ad esempio quando si autorizza la proroga del termine di realizzazione di un progetto - ma solo se queste contengono conclusioni complete, precise e definitive atte a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori, e a condizione che i dati ambientali e scientifici pertinenti non siano mutati, che il progetto non sia stato modificato e che non esistano altri piani o progetti da prendere in considerazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3488 del 6 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che è opinione consolidata che l'esercizio dei poteri di vigilanza e repressivi rappresenta, in via generale, una delle imprescindibili modalità di cura dell'interesse pubblico affidato all'una o all'altra branca dell'Amministrazione ed è espressione del principio di buon andamento di cui all'art. 97, Cost. e che nella specifica materia dell'attività urbanistico-edilizia, un potere specifico di vigilanza (esercitabile, per la sua stessa natura, anche mediante provvedimenti innominati), volto ad assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, è affidato dalla legge al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale, non sussistendo l'obbligo di comparazione degli interessi e non essendo rinvenibile un affidamento tutelabile del privato. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, dunque, sono tipizzati e vincolati nella misura in cui presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2784 del 21 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che non rientra nelle competenze dell’amministrazione comunale la facoltà di stabilire limiti alla superficie utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici, tramite l’indicazione di una misura edificabile massima o sub specie di percentuale sulla superficie del fondo destinato all’insediamento dell’impianto. Non può essere dunque l’amministrazione comunale a disciplinare direttamente tali aspetti con proprio regolamento, atteso che la relativa competenza è divisa tra la fonte statale e quella regionale, senza margine per un intervento diretto e sostitutivo dell’ente locale. Del resto, ciò comporterebbe la creazione di una disciplina frammentaria adottata in assenza dei “principi e criteri omogenei” che il legislatore ha ritenuto necessario previamente stabilire con decretazione affidata ai Ministeri, al fine di garantire certezza della disciplina applicabile e adeguato sviluppo della rete di fonti energetiche rinnovabili sull’intero territorio nazionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3464 del 4 dicembre 2024


Il TAR Milano ricorda che il principio di conservazione degli atti giuridici (cfr. art. 1367 codice civile) è applicabile senza dubbio anche all’attività della Pubblica Amministrazione. Tale principio, secondo la giurisprudenza, impone di assegnare agli stessi un significato idoneo a manifestarne la legittimità, anziché uno che comporti la loro invalidità. Detto principio, infatti, previsto quale criterio di interpretazione dei contratti dall’art. 1367 c.c., è pacificamente applicabile anche agli atti ed ai provvedimenti amministrativi: invero, il principio di conservazione è sancito anche a livello di normazione amministrativa dall’art. 21-nonies, comma 2, della l. n. 241/1990 e costituisce espressione del principio di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della stessa l. n. 241. In base a tale principio, a fronte di plurime interpretazioni all’uopo prospettabili, l’atto amministrativo va inteso nel significato conforme alla disciplina sovraordinata, per evitare dubbi di compatibilità con il dato positivo e per consentire, quindi, all’atto stesso di avere un qualche effetto giuridico, in esplicazione dell’antico brocardo “actus interpretandus est potius ut valeat quam ut pereat”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3447 del 3 dicembre 2024


Il TAR Milano rileva che le distanze legali previste dal regolamento edilizio, a fini pubblicistici, e dal codice civile, a fini privatistici, rispondono a differenti esigenze di tutela. La ratio sottesa alla vigente normativa codicistica su apertura e tutela delle vedute è mutuata dal codice civile del 1865, che aveva predeterminato un contemperamento legale tra interessi confliggenti dei proprietari di fondi contigui, nel quadro di un armonico assetto dei rapporti di vicinato. Il legislatore ha tenuto presente che il conflitto si pone essenzialmente tra l'interesse del proprietario del muro a ricevere luce, aria e amenità all'interno della sua costruzione, anche mediante la possibilità di spaziare con lo sguardo al di fuori di questa, e l'interesse del vicino di impedire che l'esercizio delle facoltà altrui incida sull’esclusività del suo dominio, cagionando la lesione o la messa in pericolo della sua sfera di sicurezza e riservatezza. La ratio della norma sulle distanze contenute nel regolamento edilizio, per contro, non è la tutela della privacy, ma la tutela del decoro e della sicurezza di chi occupa gli edifici antistanti, in quanto la norma mira a evitare la formazione di intercapedini tra pareti, dannose per l’igiene e la salute di chi occupa gli edifici antistanti; di talché, le distanze fissate, in via generale, dall’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 e, nello specifico, dalle N.t.a. comunali sono coerenti con il perseguimento dell’interesse pubblico, non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2761 del 18 ottobre 2024


Si segnala il Convegno "Mutamento del ruolo della Pubblica Amministrazione e forme di riequilibrio dei rapporti amministrativi" che si terrà giovedì 5 dicembre 2024, dalle ore 14:00 alle ore 18:00, presso l'Università degli Studi dell'Insubria, Dipartimento di Diritto Economia e Culture, via Sant'Abbondio n. 12, Como.


Il TAR Brescia ricorda che, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, gli atti meramente confermativi sono quegli atti che, a differenza degli atti di conferma, si connotano per la ritenuta insussistenza, da parte dell'amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con la precedente determinazione; mancando detta riapertura e la conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. "provvedimenti di secondo grado", essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivo (nella specie, il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto proposto nei confronti di un atto meramente confermativo, come tale sprovvisto di autonoma capacità lesiva, derivando la lesione da un precedente provvedimento divenuto inoppugnabile).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 821 del 18 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che la nozione di superficie e volume utile è diversa ai fini urbanistici e ai fini paesistici: infatti, mentre nelle valutazioni di natura urbanistica attraverso il volume utile viene misurata la consistenza dei diritti edificatori (che sono consumati da alcune tipologie costruttive, ad esempio l'edificazione fuori terra, e non da altre, ad esempio la realizzazione di locali tecnici), nei giudizi paesistici è utile solo il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell'insieme paesistico; pertanto, un volume o una superficie irrilevanti ai fini urbanistici potrebbero creare un ingombro o un impatto intollerabile per il paesaggio, e dunque sarebbe utile in base ai parametri estetici attraverso cui viene data protezione al vincolo paesistico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2942 del 29 ottobre 2024


Il TAR Milano, con riferimento a una procedura di scelta del contraente condotta in forma telematica previa la registrazione dell’operatore economico alla piattaforma della Regione Lombardia denominata “Sintel” e la successiva predisposizione di una “busta telematica” contenente la documentazione amministrativa (STEP1), una “busta telematica” contenente l’offerta tecnica (STEP2) e una contenente l’offerta economica (STEP3) e una dichiarazione d’offerta finale di tipo riassuntivo generata dal sistema (STEP4), ritiene che sia da escludere la dichiarazione d’offerta tecnica di cui allo STEP2 risultata priva di sottoscrizione in virtù del disposto dell’art. l’art. 65 del CAD (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). Infatti, mancava nel caso in esame non solo la firma propriamente detta – elettronica o manuale – ma anche gli equipollenti costituiti dall’uso dello SPID o del SERC servizio elettronico di recapito certificato, in quanto non è possibile equiparare la registrazione e la creazione di un account dedicato fatta dalla ricorrente per accedere alla piattaforma Sintel ad un servizio elettronico di recapito certificato (SERC) come definito dal Regolamento eIDAS.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 3359 del 26 novembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che il compito del Commissario ad acta – che deve ritenersi intrinsecamente obbligatorio - non è quello di esercitare poteri amministrativi funzionalizzati alla cura dell'interesse pubblico, bensì quello di dare attuazione alla pronuncia del giudice, anche eventualmente attraverso l'esercizio di poteri amministrativi non esercitati, dei quali il comando contenuto in sentenza costituisce il fondamento genetico e l'approdo funzionale, per cui il commissario ad acta può essere chiamato ad adottare atti dalla natura giuridica e dai contenuti più vari.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 881 del 4 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda il consolidato indirizzo giurisprudenziale in merito alla possibilità di rettificare l’errore materiale, secondo il quale, nelle gare pubbliche l’errore materiale nell’offerta consiste in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque; la correzione dell’errore materiale postula la concreta possibilità per la stazione appaltante di sostituire la volontà erroneamente estrinsecata attraverso l’offerta con una diversa volontà, rimasta inespressa, ma agevolmente desumibile dal documento. In sostanza la volontà inespressa, o non correttamente espressa, ma specificamente e funzionalmente diretta a correggere il profilo investito dall’errore materiale, dovrebbe essere già presente nel contesto dell’offerta e agevolmente ritraibile dalla stazione appaltante.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3210 del 15 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che il proprietario non responsabile dell'inquinamento è tenuto, ai sensi dell'art. 245, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 ad adottare le misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 152 del 2006 (ovvero "le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia") e le misure di messa in sicurezza d'emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3225 del 18 novembre 2024


Il TAR Brescia ricostruisce il quadro interpretativo in materia di titoli edilizi in relazione a beni di natura condominiale, ricordando che la giurisprudenza prevalente ha affermato che: 1) i lavori edilizi, da eseguirsi su parti indicate come comuni del fabbricato e comportanti opere non connesse all'uso normale della cosa comune, devono essere preceduti dal previo assenso dei comproprietari, situazione questa che impone al Comune di accertare l'esistenza del consenso alla realizzazione da parte di tutti i condomini e, quindi, un preciso obbligo di istruttoria; 2) in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per l’amministrazione comunale di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti: a) siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili; b) non siano contestati; ciò in quanto il controllo da parte dell’ente locale si deve tradurre in una semplice presa d’atto dei limiti senza necessità di procedere ad un’accurata ed approfondita disamina dei rapporti dominicali, rimessi ai poteri di accertamento dell’autorità giudiziaria ordinaria; 3) se, dunque, l’amministrazione normalmente non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza di una richiesta edificatoria presentata da un condomino, al contrario, qualora uno o più condomini si attivino per denunciare il proprio dissenso rispetto al rilascio del titolo edilizio o sia evidente la compromissione del compendio condominiale, il Comune dovrà verificare se, a base dell’istanza edificatoria, sia riconducibile l’effettiva sussistenza della disponibilità del bene oggetto dell’intervento edilizio, circoscrivendo invero l’art. 11 del d.P.R. n. 380/2001 la legittimazione attiva all’ottenimento del titolo abilitativo al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo; 4) pertanto, qualora i lavori edilizi siano in grado di incidere su parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non connesse all’uso normale della cosa comune (ex art. 1102 c.c.), essi abbisognano, in sede di rilascio del titolo autorizzativo, del previo assenso del condominio anche in relazione agli aspetti pubblicistici.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 919 del 15 novembre 2024


Il TAR Milano precisa che la disciplina di cui agli artt. 4 e 5 del DPR 20 ottobre 1998 n. 447, volta a favorire e a semplificare la realizzazione di impianti produttivi di beni e servizi, costituisce una procedura di tipo derogatorio che non vale ad espropriare l'Ente locale degli ordinari poteri di assumere le definitive determinazioni al riguardo; la proposta di variante positivamente assunta dalla conferenza dei servizi non è vincolante per il Consiglio comunale; in particolare, in tale contesto logico-procedimentale, la proposta della citata conferenza assume in pratica il ruolo di un atto d'impulso, strumentale alla prosecuzione del procedimento, in cui il Consiglio comunale può e deve autonomamente valutare se aderire o meno alla proposta in questione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3229 del 18 novembre 2024


Il TAR Brescia, con riferimento ad una azione di accertamento avente ad oggetto la decadenza dalla titolarità di una concessione idroelettrica (per mancato esercizio), ha anzitutto osservato che la decadenza della concessione per mancato esercizio non costituisce un effetto che si verifica ex lege al ricorrere del presupposto normativo, richiedendo, viceversa, l’intermediazione del potere pubblico attraverso l’emanazione di un provvedimento motivato, all’esito di un procedimento necessariamente preceduto dalla contestazione al concessionario delle circostanze che giustificano la decadenza. Su queste basi, il TAR ha osservato che la domanda fatta valere in giudizio era volta a introdurre un’azione di accertamento atipica, la quale, ove vengano in rilievo situazioni di interesse legittimo, è esperibile solo in via residuale, laddove cioè tale forma di tutela risulti l'unica idonea a garantire in concreto una protezione adeguata e immediata della sfera giuridica dell’interessato. In altre parole, nel processo amministrativo, l'azione di accertamento è ammessa solo eccezionalmente, in diretta applicazione del principio di effettività della tutela, ove manchino, nel sistema, strumenti giurisdizionali a protezione di interessi certamente riconosciuti dall'ordinamento. Nel caso di specie mancava proprio il requisito della residualità, perché la parte interessata ben avrebbe potuto sollecitare l’amministrazione competente alla dichiarazione di decadenza, proponendo semmai l’azione disciplinata dagli artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio–inadempimento; azione sicuramente idonea ad assicurare la tutela, da parte del giudice amministrativo, dell’interesse protetto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 916 del 14 novembre 2024


Il TAR Milano ritiene che il termine per la costituzione in giudizio di cui all’art. 36, comma 4, D.Lgs. 36/2023 corrisponda al termine per la costituzione in giudizio prevista per il rito ordinario dall’art. 46 c.p.a., il quale ha pacificamente natura ordinatoria (con la conseguenza che è consentito alle parti costituirsi anche oltre il predetto termine - cfr. l’utilizzo anche nell’art. 36, comma 4 in esame, così come nell’art. 46 c.p.a., del verbo “possono” anziché “devono”) e che per individuare il termine per il deposito di memorie e documenti sia necessario riferirsi ai termini processuali previsti dall’art. 55, comma 5, c.p.a., dimidiati ai sensi dell’art. 36, comma 7, D.Lgs. 36/2023, con la conseguenza che le parti possono depositare memorie e documenti fino a un giorno libero prima della camera di consiglio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3225 del 18 novembre 2024


Il TAR Milano precisa che le convenzioni urbanistiche sono giuridicamente qualificate come “contratti di diritto pubblico o ad oggetto pubblico”, in quanto sono costituite da strumenti di natura pattizia, aventi ad oggetto l’esercizio di potestà di natura pubblicistica; ad esse si applicano, in quanto compatibili, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti (art. 11, comma 2, l. n. 241/1990 e s.m.i.). Dunque, in caso di inadempimento degli obblighi da ciascuna parte assunti con la stipula di siffatti accordi, il creditore deve poter contare su tutti i rimedi offerti dall'ordinamento al soggetto attivo del rapporto obbligatorio, onde poter realizzare coattivamente il proprio interesse, ivi compresa, pertanto, l’azione di esatto adempimento di cui all’art. 1453 c.c. Nella materia trova, poi, applicazione il noto principio di semplificazione in tema di onere della prova dell’inadempimento di una obbligazione, in ossequio al quale il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3038 del 5 novembre 2024


Il TAR Brescia, in materia di procedura semplificata di autorizzazione paesaggistica, ricorda che il procedimento è disciplinato dall’art. 11, comma 3, del D.P.R. n. 31/2017, secondo cui “L’amministrazione procedente valuta la conformità dell’intervento o dell’opera alle prescrizioni d’uso, ove presenti, contenute nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico, anche solo adottato, ai sensi del Codice, nonché, eventualmente, la sua compatibilità con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento”. Solamente in caso di positivo superamento di tale valutazione, e in considerazione di una proposta di accoglimento dell’istanza, la stessa norma prevede il necessario e successivo coinvolgimento della Soprintendenza, lasciando invece impregiudicato il potere dell’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica di rigettare motivatamente l’istanza in caso di esito negativo della valutazione di cui al comma 3, dandone comunicazione al richiedente. (Nel caso concreto, il ricorrente eccepiva l'illegittimità del diniego per omessa trasmissione della proposta di provvedimento alla Soprintendenza. Ma secondo il TAR il procedimento autorizzatorio si era arrestato nella prima fase di valutazione della “compatibilità con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento” senza che il mancato coinvolgimento della Soprintendenza possa avere efficacia invalidante).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 28 ottobre 2024, n. 852


Il TAR Milano precisa che il principio del risultato nel settore dei contratti pubblici si manifesta come regola interpretativa e di validità degli atti amministrativi. In quanto regola interpretativa si traduce nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare. In quanto regola di validità, il principio del risultato attua nel settore dei contratti pubblici il principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Pertanto esso integra il paradigma normativo del provvedimento e dunque amplia il perimetro del sindacato del giudice, facendo transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili e, al contempo, consente di escludere che, ove venga rispettato, eventuali vizi formali dell’atto conducano all’illegittimità dell’atto. Il principio del risultato ha quindi una duplica valenza poiché si pone quale criterio di sindacato della validità dell’atto che conduce all’illegittimità laddove non sia rispettato o all’esclusione dell’illegittimità laddove sia rispettato (quale previsione speculare alla disciplina dell’art. 21-octies, comma 2, legge n. 241/1990). In entrambi i casi in cui opera quale regola interpretativa e di validità, il risultato costituisce precetto normativo rivolto sia all’amministrazione chiamata ad esercitare il potere discrezionale sia al giudice chiamato a verificare il corretto esercizio di quel potere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 3127 del 11 novembre 2024


Secondo il TAR Milano, le opere realizzate senza autorizzazione all’interno di un territorio protetto, anche se astrattamente riconducibili al concetto di pertinenza, debbono comunque sottostare alle misure ripristinatorie e di reintegro ambientale di cui agli artt. 167 e 181 del D.Lgs. n. 42 del 2004: difatti, ove gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera DIA, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3093 del 11 novembre 2024


Il TAR Brescia, con riferimento alla disciplina in materia di accesso agli atti prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici, precisa che, con riferimento alla regola generale (art. 36) dell’integrale ostensibilità dell’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, l’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023 prevede, quale eccezione, che il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione “a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”. Tale eccezione, tuttavia, non opera, tornando dunque ad applicarsi la regola generale dell’accessibilità, qualora l’accesso richiesto dal concorrente sia “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”. Grava pertanto sull’aggiudicatario l’onere di “motivare” e “comprovare” la presenza di parti della sua offerta coperte da segreti tecnici o commerciali. Solamente una volta fornita tale dimostrazione da parte del controinteressato aggiudicatario, e quindi ritenuta operante l’eccezione all’ostensibilità di cui all’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023, sarà onere del ricorrente non aggiudicatario dimostrare l’indispensabilità della documentazione richiesta ai fini della difesa in giudizio per fare prevalere il suo diritto di difesa sul diritto del controinteressato alla tutela dei segreti tecnici e commerciali.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 880 del 4 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che la verificazione (e/o la consulenza tecnica d’ufficio) non può sopperire alle carenze probatorie riferibili alle parti del processo, ma ha l’esclusiva finalità di chiarire eventuali dubbi discendenti da elementi ritualmente introdotti in giudizio e non del tutto incontroversi nella loro portata. Difatti, anche la verificazione come la consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata per costruire prove che la parte attrice non ha introdotto nel processo nemmeno come principio. Essa, infatti, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova, avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione, ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 7 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che sul piano della dinamica giuridica, la convalida non determina una modificazione strutturale del provvedimento viziato (non configurabile neppure logicamente, essendosi la fattispecie stessa già integralmente conclusa), bensì il sorgere di una fattispecie complessa, derivante dalla “saldatura” con il provvedimento convalidato, fonte di una sintesi effettuale autonoma. L’efficacia consolidativa degli effetti della convalida opera retroattivamente: il provvedimento di convalida, ricollegandosi all’atto convalidato, ne mantiene fermi gli effetti fin dal momento in cui esso venne emanato. La decorrenza ex tunc è connaturale alla funzione della convalida di eliminare gli effetti del vizio con un provvedimento nuovo ed autonomo. È questa la principale differenza rispetto alla rinnovazione dell’atto che invece non retroagisce per conservarne gli effetti fin dall’origine.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3058 del 6 novembre 2024



Il TAR Milano ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza, non sussiste, di regola e in via generale, alcun obbligo per la P.A. di avviare e concludere un procedimento in autotutela – salvi i casi in cui la stessa sia doverosa o quando emergano ragioni di giustizia e di equità – tenuto conto che le istanze dei privati volte a chiedere l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione hanno una funzione di mera denuncia o sollecitazione e non creano in capo alla medesima Amministrazione alcun obbligo di provvedere, non dando luogo a formazione di silenzio inadempimento in caso di mancata definizione dell’istanza. Del resto, se si imponesse un obbligo di provvedere, il rischio sarebbe anche quello di eludere i termini di impugnare mediante la proposizione di un’istanza all’amministrazione, con possibilità di impugnare l’eventuale esito negativo della procedura, nonostante l’avvenuta decorrenza dei termini per proporre ricorso nei confronti del provvedimento di primo grado, con evidente compromissione delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3003 del 31 ottobre 2024


Il TAR Milano rigetta la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme di legge statali e regionali sulla caccia, per l’asserito contrasto delle medesime con l’art. 9 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2022, laddove si prevede che: «La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Osserva che la norma dell’art. 9 della Costituzione, ancorché inserita nei Principi Fondamentali di quest’ultima, appare di carattere programmatico e non immediatamente precettivo, creando una riserva di legge statale sulle modalità di tutela degli animali e rinviando quindi l’individuazione concreta di tali forme di tutela alle scelte del legislatore statale. Peraltro appare evidente che nell’esercizio del proprio potere normativo, il legislatore dovrà necessariamente bilanciare l’interesse alla tutela animale con altri valori costituzionali, visto che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione, senza che uno di essi possa assumere valenza assoluta verso gli altri; in altri termini occorre evitare che nell’ordinamento emergano quelli che, con efficace espressione, sono definiti come “diritti tiranni”. Il TAR aggiunge che l’ordinamento dell’Unione Europea non pare vietare la caccia. L’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), se da una parte garantisce il rispetto del benessere animale, dall’altra impone il rispetto delle consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda le tradizioni culturali e il patrimonio regionale. L’attività venatoria è praticamente coeva alla storia umana e sebbene abbia perso ormai il suo carattere originario di prevalente – se non addirittura esclusiva – fonte di sostentamento delle comunità, rappresenta parimenti una parte della tradizione sociale e culturale italiana, senza contare che la caccia persegue oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale (si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana). In tal senso si veda la direttiva UE 2009/147/CE (c.d. direttiva uccelli), che ammette (decimo “considerando”) che talune specie possono formare oggetto di caccia, la quale costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, seppure nel rispetto di determinati limiti. Inoltre il Consiglio d’Europa, nella sua Carta della caccia e della biodiversità, Principio 6, ha introdotto la nozione di “caccia sostenibile”, il che conferma la legittimità dell’attività venatoria per il Consiglio stesso, seppure nel rispetto della biodiversità e delle inderogabili esigenze di tutela ambientale.

TAR Lombardia, Milano, II, n. 2583 del 7 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che l’art. 28 Regolamento al Codice stradale impedisce la realizzazione di nuove strutture edilizie, anche sotto forma di ampliamento o ricostruzione di manufatti integralmente demoliti, ma non vieta qualsiasi tipo di intervento edilizio sull’esistente, nel rispetto del principio di prevenzione che caratterizza, in via generale, la disciplina delle distanze nelle costruzioni. Si deve considerare che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono comprese varie tipologie di opere rivolte a trasformare gli organismi edilizi esistenti, che non comportano necessariamente la demolizione e la ricostruzione degli edifici; quest’ultima costituisce solo una specifica e particolare modalità di ristrutturazione, soggetta a precisi vincoli. Pertanto, laddove l’espressione del parere in senso negativo dell’ente autostradale si fonda sulla considerazione che l’art. 28 del Regolamento C.d.S. ammetterebbe solo interventi di restauro e risanamento conservativo, con esclusione di ogni altro intervento che non rientri nella definizione di restauro e risanamento conservativo, indipendentemente dal fatto che non sia prevista la demolizione e ricostruzione né l’ampliamento dell’esistente, ne consegue l’illegittimità, non solo per il contrasto con il dettato normativo, ma anche per l’illogicità sintomatica dell’eccesso di potere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2760 del 18 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio. Ne consegue che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo della sua adozione. Tali conclusioni restano ferme anche nel caso in cui l'Amministrazione non rispetti il termine finale di conclusione del procedimento, poiché essa conserva comunque il potere di provvedere anche dopo lo spirare di tale termine, sicché le modifiche normative intervenute prima della formale adozione del provvedimento finale debbono essere osservate, proprio in adesione al principio del tempus regit actum.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2947 del 29 ottobre 2024


Il TAR Brescia ha considerato inammissibile la trasposizione di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica a seguito di opposizione fatta valere da un soggetto non qualificabile quale parte resistente o controinteressato. Infatti, si devono ritenere legittimati a proporre opposizione le parti controinteressate e le amministrazioni resistenti, siano esse statali o diverse dalle amministrazioni statali, trattandosi di parti necessarie del processo amministrativo. Ciò in quanto avendo dette parti subito l’iniziativa del ricorrente e avendo interesse alla conservazione dell’atto impugnato, occorre presidiare la loro facoltà di scelta a che la controversia sia trasferita e decisa nella sede giurisdizionale, assistita da maggiori garanzie rispetto a quella del ricorso straordinario. Per cui, un soggetto che non rivesta tale posizione, non può validamente formulare l'opposizione e la successiva trasposizione del ricorso deve essere dichiarata inammissibile, disponendosi, ai sensi dell’art. 48, comma 3, c.p.a., la restituzione del fascicolo all’Autorità amministrativa competente per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria. (Nella specie, il soggetto che aveva proposto l'opposizione, pur avendo ricevuto la notifica del ricorso straordinario, non aveva i requisiti richiesti per essere qualificato né parte resistente, né controinteressato, rivestendo semmai la posizione di interveniente ad adiuvandum).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 25 ottobre 2024, n. 848


Il TAR Milano osserva che la valutazione degli interventi oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 deve essere complessiva e globale, non potendosi ammettere la parcellizzazione degli abusi ai fini della loro regolarizzazione poiché la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione. Deve, quindi, escludersi l’ammissibilità di sanatorie parziali o condizionate di opere abusive che abbiano dato luogo a un intervento unitario, giacché l’art. 36 cit. ha riguardo, appunto, all’intervento abusivo nella sua interezza e non alla singola opera abusiva. In tale evenienza, pertanto, l’interessato è tenuto a scegliere tra l’integrale ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione e rimozione di tutte le opere accertate come abusive dall’amministrazione competente, ovvero la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità riferita alla totalità dell’intervento abuso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2758 del 17 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che sulla questione inerente alla sussistenza di un diritto di accesso agli esposti in materia di abusivismo edilizio si riscontrano soluzioni giurisprudenziali non univoche. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, il diniego di accesso a tali atti è, di regola, legittimo in quanto non incide sul diritto di difesa del soggetto che, a fronte dell'intervenuta notifica del verbale conclusivo dell'attività ispettiva, non ha alcun interesse a conoscere il nome dell'autore dell'esposto. Un secondo orientamento è, invece, dell’avviso che - al di fuori di particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto, in ragioni dei rapporti con il denunciato, ad azioni discriminatorie o indebite pressioni - il principio di trasparenza prevalga su quello alla riservatezza e, dunque, non sussista il diritto all’anonimato dei soggetti che abbiano assunto iniziative incidenti sulla sfera di terzi, anche perché una volta che l’esposto è pervenuto alla sfera di conoscenza della P.A., l’autore dell’atto ha perso il controllo su di esso essendo entrato nella disponibilità dell’Amministrazione. Il Collegio condivide quest’ultimo orientamento in forza del quale il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza e responsabilità, non ammette la possibilità di "denunce segrete": colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a partire dagli atti di iniziativa e di preiniziativa quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2874 del 24 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che qualora l’Agenzia delle Entrate attesti a carico del concorrente violazioni fiscali definitivamente accertate, la stazione appaltante non ha altra possibilità che escludere detta società dalla gara, essendole preclusa un’autonoma valutazione della questione, nella considerazione che i documenti rilasciati dall’Autorità competenti ratione officii relativamente alla posizione delle ditte concorrenti alle pubbliche gare in materia di pagamento di imposte e tasse e contributi previdenziali e assistenziali, quanto alla loro natura, si qualificano come atti di certificazione e/o attestazione assistiti da pubblica fede ex art. 2700 c.c. e facenti prova fino a querela di falso e che la vincolatività delle relative risultanze trova, peraltro, supporto nella normativa comunitaria, in cui, con riferimento alla causa di esclusione relativa all’irregolarità nei pagamenti di imposte e tasse, è espressamente previsto che le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente un certificato rilasciato dall’Autorità competente dello Stato membro.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2858 del 23 ottobre 2024


Il TAR Brescia avverte che la qualificazione degli atti da parte della p.a. dipende dall’oggettiva corrispondenza alla categoria astrattamente prevista dalla norma. Non può quindi ipotizzarsi un potere dell’amministrazione di attribuire ai propri atti effetti non immediatamente riconducibili alla previsione normativa che fonda la titolarità della funzione esercitata. L’amministrazione, attraverso le proprie determinazioni, può soltanto produrre i tipi di conseguenze previsti dalla legge, secondo la predeterminazione normativa degli effetti, e agisce quindi per schemi interamente prefigurati dalla legge (nella specie, l’amministrazione aveva definitivo “vincolante” un parere di compatibilità paesaggistica, invece previsto dalla legge come obbligatorio, ma, appunto, non vincolante; per cui il ricorso è stato dichiarato comunque inammissibile perché avente ad oggetto un atto meramente endoprocedimentale).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 818 del 18 ottobre 2024



Il TAR Milano ricorda che, per giurisprudenza costante, la ricorrente che impugna la propria esclusione dalla gara (e, solo di riflesso, l'aggiudicazione della commessa ad un terzo) non deve superare la c.d. prova di resistenza: ai fini della dimostrazione del proprio interesse a ricorrere è sufficiente che l'impresa esclusa alleghi doglianze tali da poter astrattamente condurre alla soddisfazione della pretesa che pure la propria offerta di gara formi oggetto di valutazione in comparazione con le altre.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2780 del 21 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ritiene che la conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia, e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2790 del 21 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che non è rinvenibile alcun principio di ordine logico o giuridico che possa impedire al privato, destinatario di un atto vincolato, di rappresentare all’amministrazione l’inesistenza dei presupposti ipotizzati dalla norma, esercitando preventivamente sul piano amministrativo quella difesa delle proprie ragioni che altrimenti sarebbe costretto a svolgere unicamente in sede giudiziaria; è quindi illegittimo il provvedimento vincolato emesso senza che sia stata offerta al destinatario dello stesso provvedimento la preventiva comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990, ove dal giudizio emerga che l’omessa comunicazione del procedimento avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni, idonee a determinare l’emanazione di un provvedimento con contenuto diverso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2700 del 15 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che la scelta di acquisire un bene occupato e utilizzato sine titulo o restituirlo va effettuata esclusivamente dall'Autorità (o dal commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, all'esito del giudizio di cognizione o del giudizio d'ottemperanza, ai sensi dell'art. 34 o dell'art. 114 c.p.a): in sede di giurisdizione di legittimità, né il giudice amministrativo né il proprietario possono sostituire le proprie valutazioni a quelle attribuite alla competenza e alle responsabilità dell'Autorità individuata dall'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001; pertanto, il giudice amministrativo, in caso di inerzia dell'Amministrazione e di ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., può nominare già in sede di cognizione il commissario ad acta, che provvederà ad esercitare i poteri di cui all'art. 42-bis o nel senso della acquisizione o nel senso della restituzione del bene illegittimamente espropriato; qualora, invece, sia invocata solo la tutela (restitutoria e risarcitoria) prevista dal c.c. e non si richiami l'art. 42-bis, il giudice deve pronunciarsi tenuto conto del carattere doveroso della funzione attribuita dall'art. 42-bis all’amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2589 del 9 ottobre 2024


In materia di contratti pubblici (concorso di progettazione), il TAR Brescia ha precisato che la prescrizione della legge di gara in ordine al numero massimo di pagine o di caratteri della relazione tecnica allegata all’offerta, anche nel caso in cui sia prevista a pena di esclusione, deve essere interpretata secondo canoni di prudenza e di ragionevolezza, potendone discendere l’esclusione del concorrente soltanto nel caso il superamento della soglia prescritta abbia determinato, in concreto, una posizione di vantaggio immeritevole per il concorrente inadempiente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 14 ottobre 2024, n. 795


Il TAR Milano dichiara un ricorso contro l’atto di proclamazione degli eletti inammissibile, in quanto non notificato al Comune che è l'unica parte pubblica necessaria del processo, in quanto ente che si appropria del risultato elettorale e sul quale si riverberano gli effetti dell'annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti, e che deve essere, pertanto, evocato in giudizio entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza, a norma dell'art. 130, co. 3, lett. a), c.p.a. Nel caso di specie, il ricorso è stato notificato al Comune presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, ove si è ritenuto domiciliato l'ente. Siffatta notifica, precisa il TAR, è inesistente, poiché il difensore erariale non ha alcun legame con l'ente locale. L'inesistenza giuridica della notificazione sussiste non solo quando questa manchi del tutto, ma anche laddove sia effettuata in modo tale da non consentirne la sussunzione nell'atto tipico di notificazione delineato dalla legge, come nel caso in cui sia esperita in un luogo, diverso da quello previsto dalla legge, che non presenti alcun riferimento o attinenza al destinatario della notificazione stessa. Pertanto, il vizio non è sanabile attraverso la rinnovazione della notificazione o la costituzione in giudizio della parte ex art. 44, co. 4, c.p.a. poiché la sanatoria è riservata agli atti nulli e non anche a quelli inesistenti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2504 del 9 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 36/2023. L’accertata applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti alle fattispecie in precedenza individuate rende, per il TAR, mutuabile l’orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza del Codice dei contratti pubblici adottato nel 2016 (d.lgs. n. 50/2016), secondo il quale, nell’ambito delle procedure a evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si deve incrementare di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2520 del 30 settembre 2024


In materia di autorizzazione paesaggistica semplificata, il TAR Brescia ha ritenuto non fondato un asserito vizio di natura procedimentale, costituito dalla tardività dell’emissione dei pareri della Commissione per il paesaggio e della Soprintendenza, che determinerebbe l’inefficacia delle prescrizioni contenute nei pareri stessi. Infatti, trova applicazione l’art. 11, comma 5, D.P.R. 31/2017 (sull’autorizzazione paesaggistica semplificata), il quale, per il caso in cui l’amministrazione procedente sia orientata per l’accoglimento dell’istanza, stabilisce un primo “termine tassativo di venti giorni dal ricevimento dell'istanza” affinché l’amministrazione procedente trasmetta alla Soprintendenza “una motivata proposta di accoglimento, unitamente alla domanda ed alla documentazione in suo possesso”, e un secondo “termine tassativo di venti giorni dal ricevimento della proposta” affinché la Soprintendenza, se la sua valutazione è positiva, esprima il proprio parere vincolante. Il TAR precisa che, sebbene entrambi i termini siano qualificati dalla legge come tassativi, solo per il secondo è espressamente previsto il meccanismo del silenzio assenso. Nel caso di mancato rispetto del primo termine “tassativo”, invece, il D.P.R. 31/2017 non chiarisce quali siano le conseguenze.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 778 del 4 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che l'art. 14 della L.R. Lombardia n. 12 del 2005 delinea il procedimento che conduce all'approvazione del piano attuativo, distinguendo, all'interno di esso, un autonomo sub-procedimento istruttorio, il cui esito positivo condiziona l'avvio della successiva fase di adozione del piano; il comma 1 individua una fase sub procedimentale autonoma di natura istruttoria, che può porre fine al procedimento, decretandone l'arresto. In particolare, la norma in esame (nella formulazione ratione temporis vigente, la quale prevedeva la competenza all’adozione dei piani attuativi in capo al Consiglio Comunale) circoscrive il potere del responsabile del procedimento di concludere il procedimento all'ipotesi in cui la fase istruttoria abbia un esito negativo poiché l'istante non ha prodotto la documentazione richiesta ovvero le modifiche progettuali ritenute necessarie per l'adeguamento dello stesso alle prescrizioni normative vigenti. Al di fuori di tale fattispecie, sussiste la competenza del Consiglio Comunale ad assumere ogni determinazione in ordine a istanze di piani attuativi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2570 del 7 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che la c.d. prova di resistenza è un’espressione attraverso la quale si intende verificare la sussistenza – o meno - dell’attualità dell’interesse al ricorso. La verifica dell’attualità dell’interesse al ricorso, tramite la prova di resistenza, va condotta in astratto ossia sulla base delle allegazioni del ricorrente e non già in concreto in base alla fondatezza delle censure proposte il cui esame è invece riservato allo scrutinio del merito. Laddove in astratto risulta che, una volta accolte le censure, il ricorrente sia in grado di ottenere un risultato per lui utile - che gli consentirebbe di raggiungere il bene della vita cui aspira - la prova è superata e quindi può dirsi dimostrata, in astratto, l’attualità dell’interesse al ricorso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2568 del 4 ottobre 2024


Il TAR Brescia ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. 241/90 “Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama”. A questo proposito, precisa il TAR che l'art. 3 L. n. 241 del 1990, nella parte in cui afferma che la motivazione per relationem è legittima a condizione che siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio, va inteso nel senso che all'interessato deve essere garantita la possibilità di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi, con la conseguenza che non sussiste per l'amministrazione l'obbligo di allegare tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell'interessato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 770 del 1° ottobre 2024


Si informa che l'8 e il 9 novembre 2024 si terrà a Bari, nell'Aula Magna dell'Università degli Studi Aldo Moro, il Congresso dell'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti intitolato "La giustizia amministrativa oggi, tra sfide, attese e proposte".
Di seguito la locandina e il link da utilizzare per iscriversi all'evento, recante anche la possibilità di prenotazione alberghiera nelle strutture allocate in centro e comunque nelle immediate vicinanze dell'Ateneo, ove si svolgerà il Congresso.

Locandina

Link per iscrizione


Il TAR Milano precisa che la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente ‘primo’ illecito – avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle opere abusive; la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza. L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva). 

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2551 del 4 ottobre 2024








Il TAR Milano ritiene illegittimo il diniego all’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile motivato sul fatto che le NTA del piano delle regole del vigente PGT stabilisce che l’installazione di impianti tecnologici è vietata nella zona classificata come “Tessuto Urbano Consolidato di Completamento” e in quanto lo stesso Comune ha individuato a tale scopo le zone definite come “Ambiti per i servizi e gli impianti tecnologici". Ritiene il Collegio che queste disposizioni, proprio in quanto riferite a tutti gli impianti tecnologici, si rivolgano anche agli impianti di radiotelefonia. Esse, lungi dal limitarsi ad individuare criteri preferenziali, introducono veri e propri divieti installazione su intere aree del territorio comunale. Risulta, pertanto, evidente il contrasto di queste stesse diposizioni con le norme ed i principi giurisprudenziali in materia che vietano ai comuni la possibilità di imporre divieti generalizzati e di individuare zone specifiche entro le quali confinare i suddetti impianti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2534 del 1 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che il principio di invarianza oggi codificato all’art. 108, c. 12, d.lgs. n. 36/2023 (e in precedenza dall’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016 che riproduceva a sua volta la disposizione dell’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163/2006) opera nel senso della “cristallizzazione delle offerte” e della “immodificabilità della graduatoria” e integra un’espressa eccezione all’ordinario meccanismo del regresso procedimentale per positiva irrilevanza delle sopravvenienze. La giurisprudenza ha, poi, affermato l’applicabilità del meccanismo in parola non soltanto in presenza di criteri di aggiudicazione automatici, come quello del “minor prezzo”, per i quali sia previsto, anche ai fini della determinazione della soglia di anomalia, il “calcolo di medie”, ma anche nelle ipotesi di criteri rimessi alla valutazione discrezionale della commissione valutatrice, come nel caso della “offerta economicamente più vantaggiosa”, le quante volte (come nel caso che debba procedersi, in base al disciplinare di gara, secondo il metodo del c.d. confronto a coppie) la formazione della graduatoria sia condizionata dal meccanismo di “normalizzazione” del punteggio conseguito da ciascun concorrente, attraverso il confronto parametrico con quello dell’offerta migliore, che è alterato dalla modifica della platea dei concorrenti da confrontare attraverso la rideterminazione di valori medi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2521 del 30 settembre 2024


Il TAR Milano precisa che, secondo il prevalente orientamento, la condizione di proponibilità di un’azione avverso il silenzio amministrativo e della eventuale domanda al risarcimento dei danni connessi al ritardo è che vi sia un “obbligo giuridico di provvedere” in capo alla P.A. (art. 2, comma 1, l. 241/1990), ossia il dovere di emettere un provvedimento in esplicazione di una pubblica funzione. Il silenzio inadempimento – tutelabile con l’azione ex artt. 31 e 117 cod. proc. amm. – può dunque formarsi unicamente in ordine a un’attività amministrativa incidente su posizioni di interesse legittimo, e non già nell’ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventi natura sostanziale di diritti soggettivi. Conseguentemente, salvi i casi in cui la materia rientra tra quelle di giurisdizione esclusiva, tale rimedio non può essere attivato per la tutela di una posizione di diritto soggettivo, per la quale deve essere proposta un'azione di accertamento e di condanna dinanzi alla competente Autorità giudiziaria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2515 del 30 settembre 2024


Si segnala il Convegno di Diritto Comparato organizzato nell’ambito delle collaborazioni intercontinentali tra le pubbliche avvocature, frutto della sinergia tra IMLA (International Municipal Lawyers Association) e UNAEP (Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici). L’evento si terrà presso Villa Gallia, la sede dell’Amministrazione Provinciale di Como, nei giorni 18 e 19 ottobre 2024.

 Locandina


Il TAR Milano respinge un motivo di ricorso centrato sull’illegittima applicazione retroattiva dell’art. 244 del d.l.gs 2006 n. 152, che trasformerebbe la bonifica in una sanzione, in quanto: a) la tesi dell’applicazione retroattiva della disciplina in esame non è coerente con la struttura della fattispecie normativa, che configura una prestazione personale imposta, secondo il paradigma dell’art. 23 Cost.; b) non sussiste alcuna retroazione di istituti giuridici introdotti in epoca successiva alla realizzazione dell’inquinamento, ma solo l’applicazione attuale di istituti previsti dalla legge nel momento in cui si accerta una situazione di inquinamento in atto; c) è inconferente, oltre che infondata, l’osservazione secondo cui il rimedio della bonifica non sarebbe applicabile prima degli anni ‘70 del secolo scorso per l’impossibilità prima di tale periodo di qualificare la condotta del privato come contra ius; d) invero, il presupposto dell’ordine di bonifica non è la qualificazione della condotta di inquinamento in termini di fatto antigiuridico fonte di responsabilità risarcitoria da soddisfare mediante la reintegrazione in forma specifica, ma unicamente l’esistenza attuale della situazione patologica e la sua derivazione causale da una condotta del soggetto indicato come responsabile; e) la bonifica non è una sanzione, perché non si tratta di una misura “punitiva”, ma di uno strumento teso a porre rimedio, in forza di una specifica previsione legislativa, ad effetti patologici che permangono nonostante il decorso del tempo; rimedio posto a carico dell’autore dell’inquinamento, sulla base dell’accertamento del nesso causale tra la condotta e la contaminazione, in coerenza con il principio “chi inquina paga”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2500 del 27 settembre 2024


Il TAR Milano precisa che la diffida ex art. 208, comma 13, d.lgs. n. 152 del 2006, prevista in caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero rifiuti, non si configura come una mera comunicazione di avvio del procedimento volto all'adozione di un provvedimento di sospensione o revoca dell'autorizzazione stessa, ossia come un atto endoprocedimentale impugnabile solo unitamente all'eventuale provvedimento di sospensione o di revoca dell'autorizzazione, bensì come un provvedimento autonomamente lesivo della sfera giuridica del soggetto autorizzato, e come tale immediatamente impugnabile. Ciò in quanto, con la diffida vengono imposti o ribaditi obblighi di fare, all'inadempimento dei quali può conseguire, a seconda della gravità dell'inadempimento, l'avvio di un autonomo procedimento volto all'adozione di un provvedimento di sospensione o di revoca dell'autorizzazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2381 del 6 settembre 2024


Il TAR Brescia, in tema di irregolarità processuali, aveva rilevato che la copia del ricorso prodotta in giudizio non era firmata digitalmente, così come l’istanza di fissazione di udienza. Inoltre, era stato rilevato che la procura alle liti consisteva in una copia digitale per immagine di un originale analogico con sottoscrizione autografa, priva tuttavia dell’asseverazione di conformità all’originale analogico sottoscritta digitalmente dal difensore, come previsto dall’articolo 136, comma 2 ter c.p.a. e dalle regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico. Ciò premesso, il TAR, considerato che gli atti depositati presentavano irregolarità, sotto il profilo del rispetto delle regole del processo amministrativo telematico, che necessitavano di essere sanate prima di procedere all’esame del merito delle domande proposte, ha concesso a tale proposito un termine perentorio, con la precisazione che la mancata regolarizzazione determina l’improcedibilità del ricorso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, Ordinanza n. 751 del 23 settembre 2024


Il TAR Brescia, in materia di ottemperanza della p.a. a un giudicato inerente a una sentenza del Giudice ordinario, ha respinto l’eccezione della p.a. fondata sulla contingente assenza di disponibilità di bilancio, quale causa di non imputabilità dell’inadempimento, oppure quale circostanza legittimante la riduzione della prestazione dovuta nei limiti delle risorse disponibili. Tesi non condivisa poiché non idonea a integrare una causa estintiva del credito o una legittima causa di impedimento all’esecuzione del giudicato. Infatti, sia nel diritto interno, sia nel diritto internazionale, la mancanza di disponibilità finanziarie su un apposito capitolo di bilancio non è un’esimente per non onorare i debiti dell’amministrazione accertati mediante sentenza. Sussiste, pertanto, l’obbligo della p.a. di reperire le risorse necessarie ad adempiere e di adottare tutti i provvedimenti conseguenti funzionali al materiale pagamento delle somme riconosciute.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 756 del 23 settembre 2024.


Il TAR Milano ricorda che se è pur vero che la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 10 del 2020 ammette l’accesso agli atti della fase esecutiva da parte di un concorrente in relazione a vicende che potrebbero portare alla risoluzione del contratto e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, parimenti nella stessa sentenza i Supremi Giudici Amministrativi hanno chiarito che occorre però, ai fini dell’accesso, che l’interesse dell’istante, pur in astratto legittimato, possa considerarsi concreto, attuale, diretto, e, in particolare, che preesista all’istanza di accesso e non ne sia, invece, conseguenza; in altri termini, che l’esistenza di detto interesse – per il verificarsi, ad esempio, di una delle situazioni che legittimerebbe o addirittura imporrebbe la risoluzione del rapporto con l’appaltatore e potrebbero indurre l’amministrazione a scorrere la graduatoria – sia anteriore all’istanza di accesso documentale che, quindi, non deve essere impiegata e piegata a “costruire” ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post. Diversamente, infatti, l’accesso documentale assolverebbe ad una finalità, espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull’attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2459 del 23 settembre 2024


Il TAR Brescia ha considerato ammissibile un ricorso proposto da alcuni consiglieri comunali avente ad oggetto una delibera di consiglio relativa a un piano attuativo. Infatti, la legittimazione ad agire dei consiglieri di minoranza ha carattere eccezionale e va ricondotta a quelle ipotesi in cui costoro, agendo in giudizio, lamentano la lesione di quelle che sono le prerogative riconducibili al loro munus. In particolare, essi possono impugnare gli atti ritenuti pregiudizievoli, quando ravvisino e censurino: a) le erronee modalità di convocazione dell'organo consiliare; b) la violazione dell'ordine del giorno; c) l'inosservanza del termine di deposito della documentazione necessaria per poter liberamente e consapevolmente deliberare; d) la preclusione, in tutto o in parte, dell'esercizio delle funzioni relative all'incarico rivestito. Nel caso specifico, i ricorrenti avevano dedotto di aver subito un vulnus alla propria funzione “per non essere stati informati adeguatamente della documentazione attinente all’ordine del giorno”. Censura che, in astratto, prospetta correttamente una diretta compromissione delle prerogative consiliari, che per poter essere esercitate effettivamente, e non solo formalmente, presuppongono la parità delle informazioni rispetto alla giunta. Di qui la legittimazione a reagire contro l’ente di appartenenza allo scopo di ottenere, attraverso l’invocato annullamento, la riedizione del potere in relazione allo specifico affare.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 752 del 23 settembre 2024


Il TAR Milano osserva che dall’art. 38 del DPR 380/2001 si ricava che, in caso di annullamento del titolo edilizio determinato da vizi non rimuovibili, il regime sanzionatorio dell’abuso realizzato può consistere alternativamente o nella rimessione in pristino oppure nell’applicazione di una sanzione pecuniaria la quale, in base al secondo comma della stessa norma, produce gli effetti dell’accertamento di conformità di cui all’art. 36 dello stesso d.P.R. n. 380 del 2001. La disposizione non contempla la possibilità di procedere a regolarizzazioni postume dell’intervento, consistenti in modifiche progettuali finalizzate a rendere quest’ultimo conforme alla vigente normativa urbanistico-edilizia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2436 del 20 settembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del DPR 31/2017, non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all'Allegato A nonché quelli di cui all'articolo 4; nel citato Allegato A, tra le opere non soggette ad autorizzazione paesaggistica, figurano “la realizzazione o la modifica di aperture esterne o di finestre a tetto, purché tali interventi non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, art. 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici”. Secondo il TAR, per il principio di gerarchia delle fonti che governa il rapporto tra le fonti del diritto, tale norma regolamentare non può trovare applicazione nel caso oggetto di giudizio, dal momento che il regime giuridico dell’immobile del ricorrente è quello fissato dall’art. 142, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 42/2004, norma di rango primario che sottopone ad autorizzazione paesaggistica la realizzazione delle opere (comprese quindi le aperture esterne sulle facciate degli immobili) situate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 737 del 10 settembre 2024


Il TAR Milano rileva come l'interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 84, c. 4, 89-bis e 91, c. 6, del D.lgs. n. 159/2011, non richiede né la sussistenza di condanne, quale presupposto preclusivo al giudizio complessivo sugli altri indici-spia, né la necessità di altri provvedimenti del giudice penale (rinvio a giudizio, misure cautelari, misure di prevenzione) ai fini della complessiva valutazione sul grado di permeabilità della criminalità organizzata. Invero, il sistema della prevenzione - per come disciplinato dal Codice Antimafia - si presenta come “binario”, inducendo in via automatica da alcune categorie di reati il rischio di infiltrazione mafiosa e lasciando, invece, negli altri casi, al prudente apprezzamento dell’autorità prefettizia la valutazione “atipica” di una serie di elementi sintomatici elaborati dalla giurisprudenza. Invero, i presupposti per l'emanazione di un provvedimento interdittivo sono un catalogo aperto da cui l'Autorità può desumere gli indizi corroboranti il giudizio prognostico sotteso all'apprezzamento del rischio infiltrativo; quindi, la sussistenza di un provvedimento di condanna, ancorché non definitivo, non è presupposto tassativo, potendo essere doppiato e traguardato dalle altre situazioni sintomatico-presuntive di cui all'art. 84, comma 4°, del D.lgs. n. 159/2011 o dalla clausola aperta compendiata nei “concreti elementi” di cui all'art. 91, 6° comma, D.lgs. n. 159/2011.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2418 del 16 settembre 2024


Il TAR Brescia osserva che la responsabilità dell’abbandono di rifiuti ex art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006 va accertata secondo il criterio del “più probabile che non”, nel senso che il nesso eziologico ipotizzato dall’amministrazione deve essere più probabile della sua negazione, e non secondo il più rigoroso criterio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” valevole in ambito penalistico: in questo senso si esprime la giurisprudenza, ormai consolidata, sull’accertamento della responsabilità per la contaminazione ex artt. 242-244 d.lgs. 152/2006, ma i medesimi principi valgono anche per l’accertamento della responsabilità per l’abbandono di rifiuti sul suolo, nel suolo e nelle acque ex art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006, vertendosi in entrambi i casi nella medesima materia ambientale, informata al principio “chi inquina paga”, sancito dall’art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Tale accertamento può essere compiuto anche mediante presunzioni semplici.

TAR Lombardia, Brescia, I, n. 739 del 12 settembre 2024





Il TAR Brescia ricorda che la giurisprudenza amministrativa ha precisato che: a) il sindacato del giudice amministrativo sull'esercizio dell'attività valutativa da parte della commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte rientra nell'ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione; b) le censure che attingono il merito di tale valutazione sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica; c) per sconfessare il giudizio della commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l'evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 738 del 11 settembre 2024


Il TAR Brescia precisa che le attività di sbancamento e di scavo, per usi diversi da quelli agricoli, ove siano tali da comportare un’immutazione dello stato dei luoghi, devono essere assentite con permesso di costruire e, se eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, necessitano altresì dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 Dlgs 42/2004; aggiunge che per ciò che concerne l’attività di pavimentazione e finitura di aree pertinenziali, deve escludersi che nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 730 del 6 settembre 2024