Il TAR Milano rileva come l'interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 84, c. 4, 89-bis e 91, c. 6, del D.lgs. n. 159/2011, non richiede né la sussistenza di condanne, quale presupposto preclusivo al giudizio complessivo sugli altri indici-spia, né la necessità di altri provvedimenti del giudice penale (rinvio a giudizio, misure cautelari, misure di prevenzione) ai fini della complessiva valutazione sul grado di permeabilità della criminalità organizzata. Invero, il sistema della prevenzione - per come disciplinato dal Codice Antimafia - si presenta come “binario”, inducendo in via automatica da alcune categorie di reati il rischio di infiltrazione mafiosa e lasciando, invece, negli altri casi, al prudente apprezzamento dell’autorità prefettizia la valutazione “atipica” di una serie di elementi sintomatici elaborati dalla giurisprudenza. Invero, i presupposti per l'emanazione di un provvedimento interdittivo sono un catalogo aperto da cui l'Autorità può desumere gli indizi corroboranti il giudizio prognostico sotteso all'apprezzamento del rischio infiltrativo; quindi, la sussistenza di un provvedimento di condanna, ancorché non definitivo, non è presupposto tassativo, potendo essere doppiato e traguardato dalle altre situazioni sintomatico-presuntive di cui all'art. 84, comma 4°, del D.lgs. n. 159/2011 o dalla clausola aperta compendiata nei “concreti elementi” di cui all'art. 91, 6° comma, D.lgs. n. 159/2011.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2418 del 16 settembre 2024