Il TAR Milano ritiene fondate delle censure contenute in un ricorso contro un ordine di demolizione nella parte in cui si osserva come l’Amministrazione eserciti un potere repressivo in relazione ad un organismo edilizio non ancora terminato e senza, quindi, un’adeguata istruttoria sul rapporto tra lavori assentiti e lavori realizzati
Osserva al riguardo il TAR: «le censure sono, comunque, certamente fondate nella parte in cui si stigmatizza proprio la tempistica dell’intervento comunale e, di conseguenza, l’erroneità di un accertamento relativo non ad un’opera ultimata ma ad un’opera in corso di costruzione. L’eccesso nell’esercizio del potere di repressione si palesa nella irragionevolezza ed illogicità di un’azione amministrativa che conduce a ritenere abusive opere non ancora ultimate e che, quindi, ben avrebbero potuto conformarsi al titolo nella fase di esecuzione/ultimazione dell’intervento. Ciò vale, in particolare, per quello che costituisce, certamente, l’abuso maggiormente rilevante e cioè la realizzazione di volumi ampiamente eccedenti quanto assentito. Ma l’accertamento del volume effettivamente realizzato e la comparazione con quanto assentito non può che effettuarsi ad intervento ultimato e non in una fase di cantiere ove, specie con riferimento alle altezze dei piani, non si può procedere ad una effettiva e reale valutazione. Stesse considerazioni valgono per le ulteriori irregolarità riscontrate che sono accertate in una fase ancora di cantiere e che, quindi, non hanno quelle caratteristiche di definitività tali da poter ritenere integrata la difformità tra quanto assentito e quanto realizzato. Né l’azione comunale può giustificarsi evocando una difformità di tipo strutturale che, come tale, lascerebbe intravvedere, al momento di adozione dell’ordinanza, la certezza e definitività degli abusi. Infatti, tale difformità strutturale non vale certamente per gli abusi di maggior rilievo nell’economia dell’ordinanza e cioè per i maggior volumi che dipendono dalle altezze e non da una estensione della superficie. Inoltre, un simile criterio non è, comunque, idoneo a conferire certezza all’accertamento posto a fondamento del provvedimento repressivo. Infatti, la difformità tra titolo e lavori eseguiti non assume, comunque, quel carattere di necessaria definitività potendosi operare un adeguamento fattuale o una modificazione del titolo con variante essenziale che legittimi l’intervento».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 22 del 5 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.