Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale che riconosce la vigenza nel sistema giuridico di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge; orientamento che correla la tematica dell’abuso del diritto a quella della buona fede, quest’ultima intesa come criterio per stabilire un limite alle pretese e ai poteri del titolare di un diritto.
Secondo il TAR Milano, espressione dell’abusivo esercizio di un potere, anche processuale, qual è quello di dedurre argomenti difensivi per formulare eccezioni di merito, è la sua contraddittorietà con precedenti comportamenti tenuti dal medesimo soggetto, in violazione del divieto generale di venire contra factum proprium (nella fattispecie, l’aggiudicataria di un appalto, dopo aver tenuto comportamenti oggettivamente, alla luce del canone ermeneutico della buona fede, espressivi dell’intenzione di aderire alla richiesta della stazione appaltante di produrre il contratto di avvalimento, quale unico titolo cui correlare la disponibilità di un progettista, indispensabile ai fini della partecipazione alla gara per un appalto integrato, ha utilizzato successivamente, in modo strumentale, il potere di sollevare eccezioni, negando la necessità di utilizzare l’istituto dell’avvalimento, che pure ha impiegato nel corso della gara senza sollevare alcuna obiezione a fronte del soccorso istruttorio esercitato dalla stazione appaltante).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2603 del 19 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.