Il Consiglio di Stato ricorda che secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale nel sistema attualmente vigente il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita ed è subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse; ciò in quanto l’entrata in vigore dell’art. 2-bis della legge n 241 del 1990 non ha elevato a bene della vita, suscettibile di autonoma protezione mediante il risarcimento del danno, l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa avulso da ogni riferimento alla spettanza dell’interesse sostanziale, al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato; il riconoscimento della responsabilità dell’Amministrazione per il tardivo esercizio della funzione amministrativa richiede poi, oltre alla constatazione della violazione dei termini del procedimento, l’accertamento che l’inosservanza delle cadenze procedimentali sia imputabile a colpa o dolo dell’Amministrazione medesima, che il danno lamentato sia conseguenza diretta e immediata del ritardo dell’Amministrazione, nonché la prova del danno lamentato.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 5834 del 10 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.