Il TAR Lombardia, Milano, adito in una vicenda dove una amministrazione comunale ha deliberato di escludere dalla applicazione dei disposti dell'art. 11 comma 5 e art. 11 comma 5 ter della L.R. 12/2005 e s.m.i. alcuni ambiti territoriali, si esprime censurando la motivazione con la quale - sulla scorta del mero richiamo al vigente PGT - è stata rigettata l’istanza con la quale è stato chiesto di verificare l’inserimento del compendio di proprietà della stessa tra gli ambiti di rigenerazione urbana di cui all’art. 8-bis L.R. 12/2005 e/o tra gli immobili dismessi con criticità ex art. 40-bis L.R. cit., , laddove la normativa regionale (art. 8bis l.r. 12/20025) impone "una specifica attività di individuazione di singoli ambiti territoriali, necessariamente successiva rispetto a quella di pianificazione urbanistica già svolta".

TAR Lombardia, Milano,  Sez. IV, n. 2220 del 17 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che il ricorso collettivo, cioè l’atto con cui la medesima azione processuale viene esperita uno actu da più soggetti, si pone in apparente deroga alla fondamentale regola, tipica del sistema a giurisdizione soggettiva, per cui ogni domanda deve essere proposta dal singolo titolare della situazione soggettiva di interesse al bene della vita. L’elaborazione pretoria ha ritenuto possibile una tale figura in presenza di stringenti requisiti positivi e negativi, che possono così essere riepilogati: a) è necessario che non vi sia conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra le istanze dei ricorrenti; b) serve un’identità sostanziale e processuale delle posizioni dei ricorrenti, specificamente riferita a: posizione giuridica sostanziale per la quale si agisce in giudizio, con riguardo al potere amministrativo esercitato; pronuncia richiesta al giudice; atti impugnati nel senso che tutti gli atti oggetto di impugnazione siano comuni ai ricorrenti, cioè siano tutti (e ciascuno di essi) egualmente lesivi di identiche posizioni di interesse legittimo; motivi di censura. La richiamata apparenza della deroga riposa sulla seguente considerazione: in presenza dei suddetti requisiti, la pluralità dei ricorrenti si tramuta in un’unica parte processuale soggettivamente complessa, senza che la proposizione di un ricorso da più distinti soggetti, avverso un unico atto, possa tramutarsi in una sorta di inammissibile giurisdizione oggettiva.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2333 del 29 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, l’errata indicazione delle particelle espropriande non è ex se causa di illegittimità, qualora tali vizi non determinino incertezza assoluta e non impediscano la corretta individuazione delle aree occorrenti per l'esecuzione dei lavori, sulla base degli elaborati progettuali. L'inesatta individuazione del frazionamento delle particelle catastali interessate dall'espropriazione per pubblica utilità non inficia la legittimità della procedura espropriativa stessa; l'inesatta indicazione degli estremi d'immobili oggetto di espropriazione, quando non generi incertezze, al più dà luogo ad errori materiali che possono essere rettificati in ogni momento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2321 del 26 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che l’ordinanza di demolizione è un atto vincolato, che non necessita di specifica motivazione né di comunicazione di avvio del procedimento. L'ordine di demolizione conseguente all'accertamento della natura abusiva delle opere edilizie realizzate, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è, notoriamente, un atto dovuto; l'ordinanza va emanata senza indugio e in quanto tale non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto cioè l'abuso di cui peraltro l'interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo. In sostanza il carattere vincolato dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi rende superflua la comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che, salvo ipotesi del tutto residuali, non è possibile alcun utile apporto partecipativo dell'interessato.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2310 del 25 luglio 2024





Il TAR Milano ricorda, con riguardo alla questione del silenzio-assenso sulle domande di condono edilizio presentate ai sensi delle leggi nn. 47 del 1985 e 724 del 1994, quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza in materia, secondo cui la domanda di condono deve essere corredata dalla necessaria documentazione indicata dalla legge essendo la produzione di tale documentazione indispensabile proprio al fine del riscontro dei requisiti soggettivi e oggettivi. Infatti, sul piano oggettivo, la formazione del silenzio-assenso richiede quale presupposto essenziale, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, che siano stati integralmente dimostrati gli ulteriori requisiti sostanziali relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell'amministrazione comunale e, del pari, sotto il profilo soggettivo, deve essere dimostrata la legittimazione attiva del richiedente il condono.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2299 del 23 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che non è consentito alla Stazione appaltante attivare il soccorso istruttorio, attingendo a documentazione non prodotta in sede di gara e quindi non ritualmente acquisita alla procedura selettiva in un momento anteriore alla scadenza del termine imposto dal bando; l’unica eccezione a tale divieto è rappresentata dall’acquisizione di documenti integrativi o specificativi – mai aggiuntivi e ulteriori – rispetto a quelli prodotti in sede di domanda di partecipazione, in modo da non vulnerare la par condicio competitorum. Ove fosse ammessa l’integrazione ex post della documentazione originariamente prodotta in sede di gara, si darebbe luogo a una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell’amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione o la completezza dell’offerta, da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al regolamento di gara. Difatti, deve tenersi per ferma la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica): ciò che si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti. Restano, per contro, ampiamente sanabili le carenze (per omissione e/o per irregolarità) della documentazione c.d. amministrativa. In altri termini, si possono emendare le carenze o le irregolarità che attengano alla (allegazione) dei requisiti di ordine generale (in quanto soggettivamente all’operatore economico in quanto tale), non quelle inerenti ai requisiti di ordine speciale (in quanto atte a strutturare i termini dell’offerta, con riguardo alla capacità economica, tecnica e professionale richiesta per l’esecuzione delle prestazioni messe a gara).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2237 del 18 luglio 2024


Il TAR Milano precisa che occorre discernere nell’ambito della nozione di interventi di ristrutturazione edilizia quelli che – ai sensi dell’art. 10 dPR 380/2001 – portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, richiedenti il permesso di costruire; da quelli che consistano, invece, nella realizzazione di un organismo edilizio identico al precedente, senza aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, né, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, mutamenti della destinazione d’uso, che viceversa tale permesso non richiedono, restando perciò soggetti alla disciplina abilitativa semplificata di cui all’art. 22 del cit. dPR 380/2001. Ricorda, quindi, che sul punto la giurisprudenza da tempo precisa che il discrimine tra gli interventi manutentivi o di restauro ovvero di c.d. ristrutturazione leggera per i quali è sufficiente la SCIA, con possibilità di sanatoria ex art. 37 dPR n. 380/2001, e un intervento edilizio necessitante di permesso di costruire, si sostanzia nel fatto che i primi sono diretti a conservare l’edificio nel rispetto della sua tipologia, forma e struttura, senza alcun inserimento di elementi innovativi sotto l’aspetto della migliore e più ampia fruizione (anche se sostitutivi di quelli precedenti), mentre la seconda ottiene il risultato di modificare l’originaria consistenza fisica dell’edificio.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2110 del 10 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che la mera procedimentalizzazione dell'affidamento diretto, mediante l'acquisizione di una pluralità di preventivi e l'indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti), non trasforma l'affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall'Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1778 dell’11 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che, con sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) del 12.7.2001 nella causa C-399/98, i giudici europei hanno affermato che la realizzazione in via diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo da parte del titolare di un permesso di costruire rappresenta in sostanza un appalto pubblico affidato in assenza di un confronto concorrenziale e quindi lesivo della disciplina euro-unitaria di settore, nel caso in cui il valore dell’opera supera la soglia fissata dalla normativa dell’Unione. Aggiunge il TAR che il legislatore italiano si è ovviamente adeguato alla citata pronuncia della CGUE attraverso una serie di successive disposizioni legislative, fra cui l’art. 32 comma 1, lettera g), del D.Lgs. n. 163 del 2006, l’art. 1, comma 2 ,lettera e), del D.Lgs. n. 50 del 2016 e in seguito l’art. 13, comma 7, e Allegato I.12 del D.Lgs. n. 36 del 2023 (nella fattispecie si trattava di un appalto misto di fornitura di moduli prefabbricati ad uso scolastico e di lavori per la loro posa in opera, costituente opera di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio di titoli edilizi dall’art. 16 del DPR n. 380 del 2001).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2060 del 2 luglio 2024







Il TAR Milano osserva che l’art. 36, comma 1, del DPR 380/2001 consente l’accertamento di conformità “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”; in ordine all’interpretazione della norma si sono formati orientamenti giurisprudenziali contrastanti e sulla questione è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 16/2023, le cui considerazioni sono condivise dal Tribunale. Quest’ultima impostazione ermeneutica ha chiarito che, ove non venga dimostrata l’impossibilità di eseguire l’ordinanza di demolizione nei termini, al privato è preclusa la presentazione oltre il termine di 90 giorni dell’istanza di sanatoria e ciò in considerazione del fatto che alla scadenza del termine di 90 giorni, l’Amministrazione è ipso iure proprietaria del bene abusivo. Non può invece ritenersi che l’istanza ex art. 36. comma 1, possa essere presentata fino all’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 4 bis dell’art. 31, facendo leva sul riferimento generico contenuto nell’art. 36 alla locuzione “fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”. Infatti, la situazione del proprietario, che lascia trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più legittimato a presentare l’istanza di accertamento di conformità, avendo perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2223 del 17 luglio 2024


Il TAR Milano precisa, con riferimento all’art. 17, comma 3, lett. c, del D.P.R. n. 380 del 2001 - il quale prevede che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” – che la consolidata giurisprudenza ha posto l’accento sulla necessità di verificare, per ammettere l’esenzione dal pagamento del contributo, la sussistenza sia del requisito oggettivo che soggettivo: il primo ricorre allorquando si realizzano opere pubbliche o di interesse generale, mentre il secondo si configura laddove sia un ente pubblico a costruire l’opera. Nondimeno si è ritenuto possibile riconoscere l’esenzione anche alle opere di interesse generale realizzate da privati; tuttavia, detta esenzione spetta soltanto se lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato, ovvero solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2178 del 15 luglio 2024


Il TAR afferma che risulta illegittimo il modus procedendi del Seggio di gara che ha valutato, in sede di verifica di affidabilità della ricorrente, anche le risoluzioni intervenute oltre il triennio di riferimento, essendo le stesse del tutto irrilevanti e non sussistendo nemmeno il relativo obbligo dichiarativo in capo al partecipante. È infatti precluso alla Stazione appaltante estendere il proprio controllo a fattispecie che si collocano al di fuori dell’ambito temporale individuato dalla norma, ponendosi ciò anche in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e di interpretazione restrittiva delle stesse, in quanto deve prevalere il principio del favor partecipationis; peraltro appare condivisibile anche la ratio che ha ispirato tale norma – che trova un diretto riferimento nella Direttiva 2014/24/UE (art. 57, par. 7) – visto che, in considerazione dell’ampio spettro operativo della stessa, si è ritenuto di limitarne la rilevanza a un arco temporale triennale, il cui superamento determina l’impossibilità di ritenere “dubbia” l’affidabilità dell’impresa; in tal modo si scongiura altresì l’eccessiva (sproporzionata e irragionevole) estensione dei correlati obblighi dichiarativi posti in capo al concorrente.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2189 del 15 luglio 2024


Il TAR Milano esamina una censura con la quale si contesta che il comune aveva eseguito delle opere nella fascia di risetto stradale in difetto di un decreto di esproprio o di occupazione o di un’apposita dichiarazione di pubblica utilità. Il TAR respinge il motivo, in quanto l’area oggetto della causa (costituita da tre metri di spessore compresi tra la strada e l’adiacente caseggiato) rientra tra le fasce di rispetto stradale che sono aree di profondità definita dal D.P.R. 495/1992 o dagli strumenti urbanistici, che costeggiano la strada, e che non possono essere oggetto di edificazione sulla base di un vincolo apposto ex lege (art. 16 D.Lgs. 285/1992), assoluto, motivato dalla necessità di assicurare la sicurezza della circolazione veicolare, oltre che a garantire eventuali future esigenze di ampliamento della sede stradale, nonché lo spazio sufficiente per eseguire interventi di manutenzione della sede viaria stessa; tale vincolo ha titolo nella legge e riveste carattere non espropriativo ma conformativo della proprietà privata. Nel contempo, le attività destinate a garantire la sicurezza delle strade e la fluidità della circolazione, anche aventi ad oggetto le aree pertinenziali della sede viaria, ben potevano e dovevano essere poste in essere dal Comune in virtù dell’art. 14 D. Lgs. 285/1992. L’ente era dunque, ex lege, titolato e legittimato all’esecuzione delle opere contestate.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2125 dell’11 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda che in relazione al genus della convenzione di diritto pubblico, di cui quella urbanistica rappresenta una species, i principi civilistici sono applicabili nei limiti della compatibilità, essendo le convenzioni - similmente ai contratti ed ai negozi giuridici di diritto privato - basate sull'accordo e sullo scambio dei consensi. La ratio iuris dell'indebito oggettivo (art. 2033 c.c.) è quella della restituzione di quanto è stato indebitamente percepito, perché oggettivamente non dovuto. L'istituto trova applicazione, dunque, nei soli limiti in cui venga accertata la mancanza del titolo dell'obbligazione, il che tipicamente accade quando il titolo non è mai venuto ad esistenza nel mondo giuridico; quando il titolo è affetto da nullità; ovvero quando l'efficacia del titolo è venuta retroattivamente meno (ad es. per causa di annullamento, di risoluzione o di rescissione), trascinando via con sé la causa giustificativa del trasferimento. In siffatte ipotesi, la prestazione va ripetuta nella stessa misura in cui è stata eseguita. Aggiunge che quando il titolo convenzionale esista e sia efficace e non sia dichiarato nullo, né sia annullato o risolto o rescisso, l'istituto dell'indebito oggettivo non può trovare applicazione in relazione alla fattispecie della convenzione urbanistica, perché la prestazione patrimoniale rinviene la causa dell'obbligazione nell'accordo. Ciò vale sia nelle ipotesi in cui la convenzione è ancora in tutto o in parte attuabile, anche in modo diverso rispetto all'intervento originariamente programmato, sia in quella in cui l'intervento non sarà mai attuato, e dunque indipendentemente dall'effettiva trasformazione del territorio. Non è nemmeno escluso che un operatore, nella convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non contrastante di per sé con norme imperative.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2127 del 11 luglio 2024


Il TAR Milano esamina un motivo di ricorso con il quale la ricorrente deduce la violazione dell’art. 208, c. 13, lett. c), d.lgs. n. 152/2006, che a suo dire, ai fini della revoca, richiederebbe in ogni caso la verifica di una situazione di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente che la violazione della precedente diffida ha prodotto, non essendo invece sufficiente il mero inadempimento alle prescrizioni imposte dalla stessa, essendo quindi necessario il ricorrere di due differenti e cumulativi presupposti, il primo dei quali è costituito dall’inadempimento alle prescrizioni imposte da una specifica diffida, e il secondo integrato dalla violazione di ulteriori disposizioni che mettano in pericolo la salute pubblica e l’ambiente. Secondo il TAR, il motivo è infondato atteso che, in base al tenore letterale della stessa norma asseritamente violata, l’autorità competente provvede alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida, non potendosi affermare che la revoca sia consentita soltanto in presenza di comprovate situazioni di pericolo per la salute pubblica e l’ambiente, trattandosi di previsione distinta e alternativa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2029 del 28 giugno 2024


Il TAR Brescia rigetta un'istanza (peraltro condivisa tra le parti) di rinvio dell’udienza, ricordando che nel processo amministrativo nessuna norma processuale o principio generale attribuisce alle parti in causa un diritto al differimento della decisione del ricorso, essendo stata piuttosto codificata la regola opposta, in virtù della quale il rinvio può essere disposto solo “per casi eccezionali” (art. 73, comma 1-bis, c.p.a.) ove incidenti sul diritto di difesa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 583 del 1 luglio 2024


Secondo il TAR Milano non esclude l’applicazione delle norme sulle distanze minime la circostanza che le unità immobiliari in questione facciano parte dello stesso stabile ricomprendente più abitazioni autonome, essendo le distanze minime prescritte dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 riferibili a tutte le pareti (di cui almeno una finestrata) che si fronteggiano, anche se riferite a diverse porzioni di un edificio nel complesso unitario. Ricorda il TAR che sul punto la giurisprudenza ha chiarito che non può escludersi la riferibilità della predetta disposizione all’ipotesi di due corpi di fabbrica facenti parte dello stesso immobile, poiché la finalità igienico-sanitaria della disciplina normativa ne impone l’applicazione anche in simili casi. Invero, poiché l’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 è finalizzato a stabilire un'idonea intercapedine tra edifici nell'interesse pubblico, e non a salvaguardare l'interesse privato del frontista alla riservatezza, non può dispiegare alcun effetto distintivo la circostanza che si tratti di corpi di uno stesso edificio ovvero di edifici distinti. Le distanze minime, pertanto, trovano applicazione – siccome funzionali alla tutela di interessi generali connessi ai bisogni collettivi di igiene e di sicurezza e non del diritto individuale di proprietà – anche nel caso in cui i due edifici frontistanti appartengano al medesimo proprietario, ovvero nell’ipotesi in cui le pareti finestrate contrapposte appartengano ai due corpi di un’unica costruzione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2087 del 8 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda, in materia di scelte operate dal PGT, che la Corte costituzionale ha precisato che la pianificazione territoriale è diretta, “al di là di letture minimalistiche”, “non solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli, ma anche allo sviluppo complessivo e armonico del territorio, nonché a realizzare finalità economico-sociali della comunità locale, in attuazione di valori costituzionalmente tutelati; la Corte costituzionale ricorda, quindi, come la pianificazione serva a realizzare lo sviluppo complessivo e armonico nel rispetto dei valori costituzionali tra i quali vi sono certamente, in linea generale, le esigenze di tutela di valori ambientali e anche di contrasto ai cambiamenti climatici, come esposto, del resto, dalla giurisprudenza del TAR Milano; difatti, secondo la più recente evoluzione giurisprudenziale, all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2057 del 2 luglio 2024


Si pubblicano le slide illustrate dai relatori avv. Anna Laura Ferrario e avv. Alberto Fossati durante l'evento formativo del 21 giugno 2024 dal titolo: “La disciplina dei piani attuativi tra evoluzione normativa e giurisprudenziale”.


Il TAR Milano osserva che il quadro indiziario dell’infiltrazione mafiosa posto a base dell’informativa deve dar conto in modo organico e coerente, ancorché sintetico, di quei fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, dai quali, sulla base della regola causale del “più probabile che non”, il giudice amministrativo, chiamato a verificare l’effettivo pericolo di infiltrazione mafiosa, possa pervenire in via presuntiva alla conclusione ragionevole che tale rischio sussista, valutatene e contestualizzatene tutte le circostanze di tempo, di luogo e di persona.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1734 del 8 giugno 2024


Il TAR Milano ribadisce il principio di diritto per cui, a fronte di un atto plurimotivato, è sufficiente riscontrare la legittimità di una delle autonome ragioni giustificatrici della decisione amministrativa per condurre al rigetto dell’intero ricorso, tenuto conto che, anche in caso di fondatezza degli ulteriori motivi di doglianza riferiti alle distinte rationes decidendi poste a fondamento del provvedimento amministrativo, questo non potrebbe comunque essere ritenuto illegittimo, in quanto sorretto da un’autonoma ragione giustificatrice confermata in sede giurisdizionale. Pertanto, in presenza di un atto plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale; in sostanza, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti e autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1978 del 25 giugno 2024


Il TAR Lombardia, Milano, evidenzia come l'amministrazione non possa concludere un procedimento amministrativo (nella specie riferito a un ^Piano Casa^ regionale di cui alle leggi regionali 13/2009 e 4/2012) limitandosi a prendere atto della documentazione pervenuta, senza tuttavia in alcun modo indicare nel provvedimento gravato quali  documenti risulino ancora mancanti e per questo concludere per l'inammissibilità della domanda di permesso di costruire. La corretta applicazione del principio del contraddittorio procedimentale esige infatti "non solo che l'Amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di provvedimento negativo le ragioni che intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le integri, nella determinazione conclusiva (ovviamente, se ancora negativa), con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall'interessato nell'ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall'adempimento procedurale in questione (Consiglio di Stato, sez. I, 25 marzo 2015, n. 80, e sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2615)".

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2042 del 2 luglio 2024


Il TAR ricorda che l’istituto del c.d. “preavviso di rigetto” ha lo scopo di far conoscere alle amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell'istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell'interessato, che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile riduzione del contenzioso fra le parti. Un’applicazione corretta dell’istituto in esame esige non solo che l'Amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di provvedimento negativo le ragioni che intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le integri, nella determinazione conclusiva (ovviamente, se ancora negativa), con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall'interessato nell'ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall'adempimento procedurale in questione. Infatti, solo il modus procedendi appena descritto fa sì che l’istituto in parola assolva la funzione di consentire un effettivo e utile confronto dialettico con l'interessato prima della formalizzazione dell'atto negativo, evitando che si traduca in un inutile e sterile adempimento formale. La partecipazione procedimentale non può essere intesa alla stregua di una garanzia meramente formale ed essere ridotta ad una scatola vuota; l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare i documenti e le memorie presentate dal privato, anche in esito al preavviso di rigetto, e deve, pertanto, darne conto nella motivazione del provvedimento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2042 del 2 luglio 2024


Il TAR Brescia osserva che non esiste un diritto dell’autore della segnalazione a rimanere anonimo. Chiunque segnali comportamenti illegittimi di terzi deve accettare il confronto con i soggetti segnalati, per consentire a questi ultimi di esercitare il proprio diritto di difesa. L’anonimato, infatti, contiene in sé il rischio di servire come schermo a quanti intendano causare danni economici o reputazionali a terzi senza doverne rispondere in via risarcitoria; il contraddittorio tra segnalante e segnalato, una volta concluse le verifiche dell’amministrazione per cui sia necessario l’effetto sorpresa, è appunto la condizione di equilibrio che assicura il corretto e proporzionato utilizzo del potere di indagine e repressione dell’attività dei privati da parte degli uffici pubblici. La perdita della certezza dell’anonimato è il prezzo che l’autore dell’esposto deve sopportare affinché all’amministrazione pervengano solo segnalazioni in buona fede e dotate di un sufficiente grado di attendibilità (fattispecie relativa a esposto di un terzo sfociato in un sopralluogo della polizia provinciale presso impresa agricola allo scopo di verificare le modalità di captazione e di utilizzazione delle acque sotterranee).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 25 giugno 2024 n. 557


Il TAR Milano precisa che è illegittima l’ordinanza comunale impositiva nei confronti dei chiamati all’eredità dell’obbligo di provvedere all’esecuzione di tutti i lavori atti alla messa in sicurezza di un fabbricato, laddove l’Ente procedente non abbia fornito la prova dell’avvenuta accettazione di eredità attraverso la presa di possesso dell’immobile; ciò vale, a maggior ragione, ove vi sia stata una espressa rinuncia all’eredità; difatti, sebbene il soggetto destinatario di ordinanza contingibile e urgente, preordinata alla immediata messa in sicurezza dei luoghi in ragione dell’esigenza di tutela della pubblica e immediata incolumità, non deve essere necessariamente il proprietario dell’area, comunque deve essere dimostrato che almeno tale soggetto ne abbia la materiale disponibilità, la quale rappresenta il necessario (ma anche sufficiente) presupposto (logico e materiale) per l’esecuzione degli interventi per la rimozione della situazione di pericolo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1997 del 27 giugno 2024