Secondo il TAR Milano non esclude l’applicazione delle norme sulle distanze minime la circostanza che le unità immobiliari in questione facciano parte dello stesso stabile ricomprendente più abitazioni autonome, essendo le distanze minime prescritte dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 riferibili a tutte le pareti (di cui almeno una finestrata) che si fronteggiano, anche se riferite a diverse porzioni di un edificio nel complesso unitario. Ricorda il TAR che sul punto la giurisprudenza ha chiarito che non può escludersi la riferibilità della predetta disposizione all’ipotesi di due corpi di fabbrica facenti parte dello stesso immobile, poiché la finalità igienico-sanitaria della disciplina normativa ne impone l’applicazione anche in simili casi. Invero, poiché l’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 è finalizzato a stabilire un'idonea intercapedine tra edifici nell'interesse pubblico, e non a salvaguardare l'interesse privato del frontista alla riservatezza, non può dispiegare alcun effetto distintivo la circostanza che si tratti di corpi di uno stesso edificio ovvero di edifici distinti. Le distanze minime, pertanto, trovano applicazione – siccome funzionali alla tutela di interessi generali connessi ai bisogni collettivi di igiene e di sicurezza e non del diritto individuale di proprietà – anche nel caso in cui i due edifici frontistanti appartengano al medesimo proprietario, ovvero nell’ipotesi in cui le pareti finestrate contrapposte appartengano ai due corpi di un’unica costruzione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2087 del 8 luglio 2024