Il Consiglio di Stato, in sede di appello avverso una decisione del TAR Toscana - che aveva rilevato che le questioni trattate nella parte dell’atto introduttivo del giudizio eccedenti il limite fissato dal decreto dal Presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2015, in attuazione di quanto previsto dall’art. 120, comma 6, c.p.a., non dovevano essere esaminate dal Collegio - ha rigettato l’appello, con il quale si contestava anche la violazione dell’art 112 c.p.c. per omessa pronuncia su tutte le domande ed eccezioni svolte dalle parti, sulla base dei seguenti testuali rilevi:
«Deve preliminarmente rilevarsi che il ricorso di primo grado della lunghezza di 51 pagine si accompagna ad atto di appello di 62 pagine.
La violazione del principio di sinteticità ex art. 3 c.p.a., anche in ordine alla stessa struttura degli atti (e dunque a prescindere dalla loro mera lunghezza) e in particolare dell’atto d’appello, eccessivamente prolisso e ripetitivo (basti verificare le epigrafi delle numerose censure formulate quali motivi di appello), rilevano anche ai fini della liquidazione delle spese di lite, ex art. 26 c.p.a., come si dirà oltre.
Sul motivo d’appello concernente in specifico l’applicazione dal decreto dal Presidente del Consiglio di Stato 25 maggio 2015, pubblicato in Gazzetta ufficiale 5 giugno 2015, in attuazione di quanto previsto dall’art. 120, comma 6, del medesimo codice, come modificato dall’art. 40 D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, con la legge 11 agosto 2014, n. 114, si deve evidenziare quanto segue.
Il superamento dei limiti ivi indicati (50 pagine per il ricorso) può essere consentito previa l’espletamento di precisi adempimenti processuali: formulazione di un’istanza motivata in calce al ricorso, sulla quale il Presidente o il magistrato delegato si pronuncia entro tre giorni; notificazione alle controparti del decreto favorevole o dell’autodichiarazione sul decorso del termine.
Tale superamento è peraltro sottoposto a precisi limiti ed a stringenti condizioni: la complessità delle questioni, il particolare interesse perseguito, il valore economico “non inferiore a 50.000.000,00 euro, determinato secondo i criteri relativi al contributo unificato”; nel caso di specie la stessa ricorrente dichiara che “il valore della presente controversia è inferiore ad euro 200.000,00”.
Una così precisa disciplina, attuativa di un precetto legislativo cogente, non può essere interpretata riduttivamente, riferita ai soli fini delle spese di giudizio, ma attiene alla regolamentazione del modo di svolgimento del processo amministrativo, che deve improntarsi a correttezza e lealtà, e non può tollerare un uso abusivo degli strumenti processuali, così come tipizzato dagli atti normativi sopra indicati, e deve consentire una rapida soluzione delle questioni, conformemente al principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost.
Tale disciplina, infatti, non è certo dettata al fine di limitare il diritto di difesa delle parti, ma risponde allo scopo, di evidente interesse pubblico, di snellire l’andamento del Servizio Giustizia nel campo amministrativo.
Nel caso di specie, incombe al ricorrente in primo grado la dimostrazione di aver rispettato i limiti imposti dal regolamento, mentre non si può ipotizzare che sia onere del giudice verificarlo, mediante la trasposizione del testo in caratteri diversi o in una diversa formattazione.
La ricorrente in primo grado, attuale appellante, ha violato tali regole e tale violazione si è riverberata sul piano dell’esame della sua domanda giudiziale, così come prescritto dalle anzidette disposizioni normative.
Legittimamente, pertanto, il TAR ha limitato la delibazione del ricorso entro i limiti consentiti dal regolamento sopra indicato».
L’appellante è stato, poi, condannato oltre che al pagamento delle spese di lite anche al versamento di una sanzione pari all'ammontare del contributo unificato ex art. 26, comma 2, c.p.a.

La sentenza della Sezione Quinta del Consiglio di Stato n. 3372 del 26 luglio 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.