Il principio di tassatività delle cause di esclusione è regola volta a favorire la partecipazione alle gare e a impedire le esclusioni motivate da violazioni puramente formali, ovvero non motivate dal difetto dei requisiti minimi di carattere tecnico per la partecipazione alla gara. Infatti, per tale via si perverrebbe all’esclusione di un operatore economico per una causa irragionevole, non riconducibile all’assenza di un elemento essenziale dell’offerta tecnica, bensì alla mera omissione della traduzione di un documento già presente nell’offerta con un contenuto certo e determinato. A fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis di gara (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all'opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3270 del 15 ottobre 2025


Il Piano Territoriale Regionale e i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della l.r. lombarda n. 12/2005, abbiano efficacia prevalente e vincolante. Il modello delineato dalla legge regionale prevede che i piani collocati al livello superiore non sono gerarchicamente sovraordinati agli altri, ma dettano una disciplina di orientamento, indirizzo e coordinamento, che non può essere stravolta ma, in particolari casi, derogata dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio. Ciò, tuttavia, non può azzerare il potere pianificatorio dei comuni, la cui partecipazione deve essere quindi assicurata e non può essere puramente nominale, essendo precluso a regioni e province trasformare i poteri comunali in ordine all’uso del territorio in funzioni meramente consultive prive di reale incidenza, o in funzioni di proposta o ancora in semplici attività esecutive.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3844 del 26 novembre 2025


Alle convenzioni urbanistiche, in quanto sostitutive di provvedimenti amministrativi, si applicano i principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti per aspetti non incompatibili con la generale disciplina pubblicistica. Conseguentemente, sul piano dell’interpretazione delle clausole convenzionali, occorre fare applicazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., i quali, oltre che per l’interpretazione dei contratti, degli atti unilaterali (in quanto compatibili, ai sensi dell’art. 1324 cod. civ.), dei provvedimenti amministrativi (nei limiti della compatibilità), devono applicarsi anche agli accordi di cui all’art. 11 della legge n. 241 del 1990, in ragione del richiamo, da parte del comma secondo della suddetta disposizione, ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti per quanto compatibili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3692 del 15 novembre 2025


Le disposizioni di cui al DM 5 luglio 1975 integrano una normativa di rango primario in virtù del rinvio disposto dall'art. 218 del RD 27 luglio 1934 n. 1265 e, come tali e a differenza delle norme integrative e supplementari recate dai regolamenti comunali d'igiene (per lo più espressione di esigenze locali e comunque non attuative di norme primaria sovraordinate), sono inderogabili; talché, eventuali dubbi interpretativi, afferenti a normazioni regionali che insistono in subiecta materia, non possono che essere risolti in un senso che non valga ad incidere sul fondamentale principio della tutela della salute, posto a presidio dei limiti minimi di altezza del DM del 1975, con evidenti riflessi sul piano della legittimità costituzionale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3843 del 26 novembre 2025


Non è configurabile una responsabilità da posizione in capo al proprietario dell’area inquinata, né, quindi, l’obbligo di bonificare il sito per il solo fatto di rivestire tale qualità, ove non si dimostri il suo apporto causale all’inquinamento riscontrato. L’eventuale affermazione di responsabilità del proprietario non è la conseguenza di questa sua peculiare posizione giuridica, ma dipende dalla possibilità di riferirgli una condotta, anche solo omissiva, che abbia incrementato il rischio dell’inquinamento, in una situazione in cui il proprietario era obbligato ad intervenire.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3822 del 25 novembre 2025


A fronte della realizzazione di interventi edilizi in assenza di ogni titolo, spetta al soggetto che vi ha provveduto dimostrare l’infondatezza delle contestazioni dell’ente preposto alla sorveglianza dell’attività edilizia (nel caso di specie correlate alla presunzione dell’intervenuta modifica del terreno in assenza del necessario titolo edilizio) in ragione dell’operare del c.d. principio della “vicinanza della prova”, che informa di sé il citato art. 64 c.p.a. e che, con riferimento all’attività edilizia abusiva, si giustifica con la circostanza per cui è il proprietario l’unico soggetto che può essere in grado di provare la consistenza del proprio bene prima degli interventi contestati e non anche il Comune.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3342 del 21 ottobre 2025


Il soccorso istruttorio, se non è ammissibile per integrare l’offerta, lo è, invece, in fattispecie in cui sia finalizzato unicamente a precisarne il contenuto, con un supporto di tipo formale e non sostanziale, che aiuti ad acquisire chiarimenti da parte del concorrente che non assumono carattere integrativo dell'offerta, ma siano finalizzati unicamente a consentire l'esatta interpretazione e a ricercare l'effettiva volontà del concorrente, superandone le eventuali ambiguità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3457 del 29 ottobre 2025


Laddove il documento di piano contenga previsioni aventi contenuto dettagliato esse devono costituire i punti fermi della successiva negoziazione finalizzata alla predisposizione dei piani attuativi; aspetti non negoziabili, o soggetti a limitata negoziazione, sono da ritenere legittimamente individuabili, in particolare, in corrispondenza di scelte che assumono carattere essenziale, costituendo il cardine per la realizzazione degli obiettivi previsti per la trasformazione dell’ambito, oppure laddove indicazioni puntuali siano rese necessarie da esigenze correlate alla cura di interessi di rilievo costituzionale primario, quali quelli attinenti alla tutela della salute, dell’ambiente, del paesaggio e dei beni culturali.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3617 del 7 novembre 2025


Poiché l'abbandono di rifiuti, e più in generale l'inquinamento, costituiscono “diseconomie esterne” generate dall'attività di impresa, appare giustificato e coerente con tale impostazione ritenere che i costi derivanti da tali esternalità di impresa ricadano sulla massa dei creditori dell'imprenditore stesso che, per contro, beneficiano degli effetti dell'ufficio fallimentare della curatela in termini di ripartizione degli eventuali utili del fallimento. Né, in senso contrario, assumono rilievo le considerazioni concernenti l'eventualità che il fallimento sia, in tutto o in parte, incapiente rispetto ai costi della bonifica. Si tratta invero di evenienze di mero fatto, peraltro configurabili anche in ipotesi riferibili a un imprenditore non fallito, o al proprietario del bene o alla stessa amministrazione comunale che, in dissesto o meno, non abbia disponibilità finanziarie adeguate. In caso di mancanza di risorse, si attiveranno gli strumenti ordinari azionabili qualora il soggetto obbligato (fallito o meno, imprenditore o meno) non provveda per mancanza di idonee risorse. E il Comune, qualora intervenga direttamente esercitando le funzioni inerenti all'eliminazione del pericolo ambientale, potrà poi insinuare le spese sostenute per gli interventi nel fallimento, spese che godranno del privilegio speciale sull'area bonificata a termini dell'art. 253, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 3659 dell’11 novembre 2025


Anche volendo confermare l’adesione all’orientamento secondo cui la presentazione della domanda di sanatoria determina la definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, tale conclusione non può valere quando il soggetto sanzionato presenti, in maniera continuativa, una pluralità di istanze di sanatoria aventi sempre ad oggetto le medesime opere, via via che vengono emanati gli atti sanzionatori, al fine di paralizzarne gli effetti. Si deve infatti ritenere che, in questo caso, ricorra l’ipotesi di abuso del diritto posto che l’interesse sotteso a tali istanze non può essere altro che quello di rendere impossibile l’esercizio del potere repressivo assegnato ai comuni. Si tratta pertanto di un interesse non meritevole di tutela.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3735 del 18 novembre 2025


A fronte di un progresso che non può essere fermato, le autorità preposte alla tutela del vincolo paesistico non possono limitarsi a rifiutare semplicemente le proposte mitigative dell’istante, costringendo quest’ultimo a un’impossibile, o quantomeno defatigante, ricerca di soluzioni gradite, ma se scartano le soluzioni proposte devono rendersi disponibili all’analisi di altre, sostitutive o integrative, in modo da consentire la favorevole conclusione del procedimento con il miglior risultato in concreto possibile per quanto riguarda l’inserimento dell’infrastruttura nel paesaggio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 971 del 31 ottobre 2025


La L.R. lombarda n. 27 del 2015, all’art. 45, comma 2, laddove stabilisce che “non costituiscono attività rilevanti ai fini urbanistico-edilizi, quindi non richiedono alcun titolo abilitativo edilizio, l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali pre-ingressi, roulotte, camper, case mobili e imbarcazioni, che siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, per la sosta e il soggiorno dei turisti e conformi alle disposizioni della presente legge e del regolamento di cui all’articolo 37”, e il correlato art. 6, comma 2, del regolamento regionale n. 3 del 2018, laddove prevede che “le unità abitative mobili, che conservino i meccanismi di rotazione in funzione, che non siano collegate permanentemente al terreno e i cui allacciamenti alla rete idrica, elettrica e fognaria siano rimovibili in qualsiasi momento, nonché i relativi accessori e pertinenze, non richiedono rilascio di titolo abilitativo edilizio, nel rispetto dell’art. 3 lettera e.5) del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia»”, devono essere interpretati in conformità al D.P.R. n. 380 del 2001 e quindi non possono esentare la parte privata dalla previa acquisizione del pertinente titolo abilitativo anche per i manufatti che, pur astrattamente rientranti nella nozione di organismo precario, nella realtà assumano caratteristiche di stabilità e assolvano a funzioni tali da escludere la sussistenza del requisito della provvisorietà.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3133 del 6 ottobre 2025


Pur in assenza della sottoscrizione di una convenzione urbanistica, che contiene la più ampia disciplina del programma integrato di intervento prevedendo diritti e obblighi a carico di ciascuna parte, e dunque a valenza tipicamente bilaterale, all’atto d’obbligo può essere conferita dignità di autonoma e distinta obbligazione, inquadrabile nello schema negoziale semplificato dell’art. 1333 c.c. In tale prospettiva, l’obbligo di restituzione delle somme da parte dell’amministrazione al verificarsi degli eventi risolutivi dedotti in condizione non costituisce un obbligo primario (non potendo l’atto obbligo prevedere nel suo schema operativo l’assunzione di obbligazioni da parte dell’oblato destinatario della proposta che non ha manifestato il suo consenso, arg. ex 1333 c.c.), bensì un obbligo secondario (i.e. restitutorio), che nasce in ragione del sopravvenuto difetto causale dell’attribuzione patrimoniale.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 985 del 4 novembre 2025


Per servizi di natura intellettuale si devono intendere quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse; al contrario, va esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati. Il fatto che servizi di siffatta natura siano prestati avvalendosi (nella erogazione d’un servizio di natura pur sempre intellettuale) della collaborazione di alcuni addetti non vale sic et simpliciter a escluderne la natura intellettuale e dunque a rendere necessaria la indicazione di costi di manodopera (esclusa, appunto, per i servizi intellettuali) ex art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 3126 del 6 ottobre 2025


Così come ai sensi dell’art. 16, c. 12, l. n. 1150/1942 “nei casi in cui lo strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento sovraordinato, la valutazione ambientale strategica e la verifica di assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono stati oggetto di valutazione sui piani sovraordinati” e ai sensi dell’art. 4, c. 2 ter, l. reg. n. 12/2005 “nei casi in cui lo strumento attuativo del piano di governo del territorio (PGT) comporti variante, la VAS e la verifica di assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono già stati oggetto di valutazione”, analogamente, nel caso in cui ad un piano attuativo, già oggetto di valutazione, sia state apportate modifiche che non ne hanno intaccato l’impianto complessivo, la necessità di attivare la procedura di VAS non può che essere riferita alle sole parti effettivamente modificate. Non può quindi affermarsi la doverosità di sottoporre nuovamente alla VAS un piano attuativo che, rispetto ad una precedente proposta già valutata, se ne discosti solo per aspetti che non incidono sull’impianto generale del piano e che ne riducono l’impatto ambientale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3616 del 7 novembre 2025


In materia di accesso ai dati giustificativi forniti in sede di subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, nel valutare l'effettiva sussistenza di un segreto tecnico commerciale, l'Amministrazione non può ignorare la definizione normativa contenuta nel Codice della proprietà Industriale, di cui all'art. 98 del d.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, che richiede, ai fini della tutela, che le informazioni aziendali e commerciali ed esperienze sulle applicazioni tecnico industriali debbano avere i requisiti di segretezza e rilevanza economica ed essere soggette, da parte del legittimo detentore, a misure di protezione ragionevolmente adeguate. L'art. 98 del Codice della proprietà industriale in tema di know how aziendale tutela - come diritto di proprietà industriale - le informazioni aziendali e le esperienze tecnico - industriali, comprese quelle commerciali, purché concorrano tre requisiti: 1. le informazioni devono essere segrete, nel senso che non debbono essere generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; 2. le stesse devono possedere valore economico, proprio perché segrete; 3. tali dati devono essere sottoposti a misure tali da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3607 del 6 novembre 2025


Nel silenzio del codice della strada, deve essere riconosciuto il potere dei Comuni di fissare le distanze minime delle recinzioni dal confine stradale nell’esercizio dei propri poteri di pianificazione e regolamentazione dell’attività edilizia. Ciò con la precisazione che le distanze per le recinzioni debbono formare oggetto di un’apposita disposizione dei piani urbanistici e del traffico, non potendosi, in relazione alle stesse, dare applicazione alle disposizioni previste per gli edifici.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3344 del 21 ottobre 2025


Il codice dei contratti pubblici non definisce la nozione di amministratore di fatto. La lacuna può essere colmata facendo riferimento alla nozione di amministratore di fatto contenuta nell’art. 2639, comma 1, c.c. Per stabilire, poi, se si sia in presenza di un amministratore di fatto, occorre verificare in concreto se il soggetto svolge i compiti propri dell’organo amministrativo che sono descritti nelle norme civilistiche che riguardano il tipo di società che viene in emersione. In linea con il quadro normativo sulle cause di esclusione non automatiche l’onere di provare il grave illecito professionale compiuto dall’amministratore di fatto, che si trasmette all’operatore, grava sulla stazione appaltante che può attivare gli strumenti istruttori o i mezzi di ricerca della prova consentiti dall’ordinamento. La stazione appaltante è quindi tenuta ad individuare la figura dell’amministrare di fatto che ricorre in presenza di atti di gestione in concreto svolti dal soggetto agente, tali per cui possa ritenersi che questi sia in grado di guidare o influenzare l’attività sociale. A tal fine la stazione appaltante può avvalersi dei c.d. «elementi sintomatici di gestione» della società in relazione al tipo di compagine societaria che viene in rilievo, quali a titolo esemplificativo: a) il compimento delle operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; b) la valutazione dell’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società; c) l’esame dei piani strategici, industriali e finanziari.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 3507 del 31 ottobre 2025


Affinché un'area privata venga a far parte del demanio e assuma, quindi, la natura di bene pubblico, non basta che vi si esplichi di fatto un uso pubblico, né la mera previsione programmatica della sua destinazione a bene pubblico, e nemmeno l'intervento di atti di riconoscimento da parte dell'amministrazione medesima circa la funzione assolta dal bene, ma è necessario che quest’ultimo risulti di proprietà dell’ente pubblico territoriale in base a un atto o a un fatto (convenzione, espropriazione, usucapione, ecc.) idoneo a trasferire il dominio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1000 del 5 novembre 2025


In mancanza dell’atto di autorizzazione preventiva, la SCIA condizionata è inefficace, con conseguente non applicabilità del termine di decadenza fissato in trenta giorni entro cui l’amministrazione dovrebbe esercitare il potere inibitorio attribuitole dalla legge. Pertanto, se il privato dà corso ai lavori in assenza di autorizzazione preventiva, l’attività deve qualificarsi come abusiva e l’amministrazione può intervenire in qualsiasi momento ai sensi dell’art. 21, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990. Al contrario, dal momento di rilascio dell’autorizzazione preventiva, la SCIA condizionata acquista efficacia e, da questo momento, l’amministrazione non può quindi far altro che intervenire con il potere inibitorio o con il potere di autotutela previsti e disciplinati dal richiamato art. 19, terzo comma, della legge n. 241 del 1990.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 3063 del 3 ottobre 2025