Il presupposto di applicazione dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001 va ravvisato nell'utilizzo di un bene privato da parte della PA "senza titolo", per non essere mai stato emesso il regolare decreto di esproprio. Sebbene la norma citata non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può sempre sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento e quest'ultima ha l'obbligo di provvedere al riguardo adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 770 del 18 agosto 2025


La scelta operata dall’amministrazione appaltante relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compreso il peso da attribuire ai singoli elementi, specificati nella lex specialis, e anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico e, come tale, è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2870 del 20 agosto 2025



L'annotazione nel Casellario dell’Anac ha una funzione pubblicitaria e non costitutiva della rilevanza del grave illecito professionale, mentre non esclude la valutazione discrezionale in merito alla rilevanza in concreto dei fatti ai sensi dell'art. 80 - comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 50/2016.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 766 del 14 agosto 2025


Di fronte all’invito a conformare la S.C.I.A. la parte privata può decidere se adempiere alle prescrizioni dell’amministrazione, facendo quindi acquiescenza alle stesse, oppure se impugnare immediatamente il provvedimento che le impone e dispone il divieto di prosecuzione delle opere. Nel primo caso, se il privato aderisce all’invito e ottempera, il termine per la formazione del silenzio assenso ricomincia a decorrere dalla data in cui questi comunica l'adozione delle misure prescritte dall’amministrazione ai fini della formazione del titolo. Laddove invece non adempia e non conformi la S.C.I.A. secondo quanto indicato dall’amministrazione, una volta decorso il termine all’uopo previsto l’attività segnalata si intende vietata in via definitiva. La legge non prevede alcun ulteriore atto da parte dell’amministrazione competente in difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, poiché il divieto di prosecuzione dell’attività si produce automaticamente ex lege.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2861 del 25 agosto 2025


Ancorché escluso dall’ambito di applicazione del codice, l’affidamento di un contratto attivo che offra all’affidatario un’opportunità di guadagno deve avvenire, secondo quanto dispone l’art. 13 co. 5, osservando i principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Codice, e dunque, oltre che dei princìpi del risultato (art. 1) e della fiducia (art. 2), anche del principio di accesso al mercato (art. 3), nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità, trasparenza e proporzionalità. L’affidamento di tali contratti deve dunque garantire l’interpello del mercato e il confronto concorrenziale, nel rispetto della disciplina di cui alla legge di contabilità generale dello Stato e del relativo regolamento di attuazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 764 del 12 agosto 2025


Ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un permesso di costruire da parte di terzi, l’effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l’inedificabilità assoluta dell’area) ovvero che si contesti il contenuto specifico del permesso, ad esempio per eccesso di volumetria o per violazione delle distanze minime tra fabbricati. Da ciò deriva che il momento dal quale decorrono i termini decadenziali di proposizione del ricorso, nell’ambito dell’attività edilizia, è infatti individuato: nell’inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area; ovvero, laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza etc.), nel completamento dei lavori o comunque in rapporto al grado di sviluppo degli stessi, ferma restando: a) la possibilità da parte di chi solleva l’eccezione di tardività di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente; b) l’onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio di esercitare sollecitamente l’accesso documentale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2850 del 18 agosto 2025


La memoria depositata oltre le ore 12:00 dell’ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dal comma 1 dell’art. 73 c.p.a. va espunta dal fascicolo, il che esclude la possibilità di esaminare l’eccezione di incompetenza per la dedotta operatività della clausola arbitrale, attesa peraltro la non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di compromesso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 757 dell’11 agosto 2025


A prescindere da quale sia il regime edilizio disatteso, e anche ammettendo che la realizzazione di una terrazza piastrellata ricada normalmente nell’attività edilizia libera, il mancato rilascio della prescritta autorizzazione paesaggistica comporta necessariamente, ex art. 27, comma 2, del DPR 380 del 2001, l'irrogazione della sanzione demolitoria.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 725 del 28 luglio 2025


Nelle controversie in materia di affidamento di contratti pubblici, la legittimazione al ricorso è correlata ad una situazione soggettiva qualificata e differenziata, che l’operatore economico acquista per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione. A tale regola fa eccezione, tra le altre, l’ipotesi del soggetto che contesta che una gara sia in radice mancata, per essere stato disposto un affidamento diretto. In casi di questo tipo, nei quali il criterio della partecipazione alla procedura è evidentemente inutilizzabile, essendo mancata una procedura ad evidenza pubblica, la legittimazione è intesa in termini più ampi, venendo riconosciuta all’operatore economico “del settore di mercato cui afferisce l’oggetto del contratto”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 764 del 12 agosto 2025


A seguito della riforma del processo civile di cui al d.lgs. 149/2022, l’art. 475 c.p.c. non prevede più che, per iniziare l’esecuzione forzata, occorra far apporre sulla sentenza la formula esecutiva, ma prescrive semplicemente che la sentenza sia rilasciata in copia conforme all’originale (fattispecie in tema di ottemperanza alla sentenza del Giudice Ordinario che accerta e dichiara il diritto della parte ricorrente a percepire la retribuzione professionale docente).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 711 del 23 luglio 2025


L’art. 31 d.P.R. n. 380/01, comma 4-bis, prevede una sanzione amministrativa pecuniaria che punisce la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione impartito dalla amministrazione comunale ai sensi dell'art. 31 del citato D.P.R. n. 380/2001. La sanzione colpisce l'illecito omissivo rappresentato dalla mancata demolizione delle opere abusivamente realizzate nel termine di novanta giorni dalla notifica della relativa ingiunzione. La sanzione pecuniaria applicata a chi trasgredisce all'ordine di demolire l'abuso edilizio ha una matrice non già di ripristino della legalità violata (come, invece, altre misure volte a reintegrare il territorio nella sua originaria conformazione), ma esclusivamente punitiva per chi si sia sottratto al comando giuridico. Il disvalore della condotta punita, pertanto, non consiste nella realizzazione abusiva dell'immobile, ma nell’omessa demolizione dello stesso. Lo scopo della sanzione è di creare un incentivo a ottemperare tempestivamente all’ordine di rimessione in pristino, e a evitare atteggiamenti ostruzionistici o dilatori.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 704 del 21 luglio 2025


La liberalizzazione delle destinazioni d’uso prevista dalla normativa regionale lombarda non implica che il passaggio dall’una all’altra avvenga a titolo gratuito: in base alla normativa regionale, infatti, perché si possa avere un mutamento di destinazione d’uso senza costi per il privato sono necessarie tre condizioni: (i) che il cambio sia senza opere; (ii) che siano decorsi almeno 10 anni dell'ultimazione dei lavori; (iii) che la nuova destinazione d'uso non aumenti il carico urbanistico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 743 del 4 agosto 2025


Le ordinanze di necessità e urgenza sono espressione di un potere amministrativo extra ordinem, volto a fronteggiare situazioni di urgente necessità: esse presuppongono, pertanto, l'impossibilità o l'inutilità del ricorso agli strumenti ordinari previsti dalla legislazione vigente, a fronte della necessità di fronteggiare una situazione, non tipizzata dalla legge, di pericolo concreto, o anche solo potenziale; la sussistenza di tale pericolo deve emergere da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, tali da giustificare la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi. Il potere in esame, attribuito al Sindaco dagli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267 del 2000 può essere utilizzato non solo a fronte di un pericolo reale, ma anche di una situazione di rischio potenziale, al fine di prevenire l'inveramento di un evento dannoso, non essendo necessario attendere l'attualizzarsi della minaccia.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1522 del 2 maggio 2025


Le stazioni radio base sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica, coerentemente con il principio della necessaria capillarità degli impianti che compongono le reti pubbliche di comunicazione. Pertanto, le norme e le prescrizioni della pianificazione locale che individuano aree di installazione devono essere interpretate nel senso che l'indicazione dei siti idonei non è tassativa, e che, laddove il gestore proponga siti diversi, l'ufficio competente deve comunque svolgere un'istruttoria tecnica per verificarne la compatibilità con gli interessi primari che il piano urbanistico è preposto ex lege a tutelare.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 426 del 16 maggio 2025


Posto che l’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 non precisa se ai fini del calcolo della sanzione pecuniaria il valore delle opere debba essere determinato con riferimento all’attualità o al momento di realizzazione delle stessei, ai suddetti fini, occorre tener conto del valore all’attualità, in quanto i mutamenti di valore delle opere, dal momento di realizzazione al momento in cui viene applicata la sanzione, incidono in maniera bidirezionale sul proprietario delle stesse. Le diminuzioni comportano, da un lato, un effetto positivo in quanto determinano la contrazione dell’importo della sanzione ma, da altro lato, comportano effetti negativi in quanto il patrimonio del proprietario risente della diminuzione del valore del bene. Gli aumenti di valore determinano gli effetti opposti. Si deve pertanto ritenere che il rapportare la sanzione al valore attuale delle opere costituisca misura che consente di incidere sul debitore in maniera sempre proporzionata al valore del suo patrimonio, e costituisca perciò misura più efficace ed equilibrata indipendentemente dalla durata del procedimento e dalle ragioni che l’hanno determinata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2700 del 17 luglio 2025


La verifica di anomalia ha natura globale e sintetica e non atomistica e non possono rilevare, ove distintamente considerate, eventuali inesattezze o minime incongruenze delle specifiche voci di cui l’offerta si compone; oltretutto, l’Amministrazione non è tenuta a chiedere chiarimenti su tutti gli elementi dell’offerta e su tutti i costi, anche marginali, ma può legittimamente limitarsi alla richiesta di giustificativi con riferimento alle voci di costo più rilevanti, in grado di incidere sulla complessiva attendibilità dell’offerta sì da renderla non remunerativa.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2735 del 21 luglio 2025


I pannelli solari hanno assunto la caratteristica di componente ordinaria del paesaggio, con elevato livello di diluizione della relativa percezione. La loro visibilità, pertanto, rappresenta caratteristica ordinaria e non può essere assunta ad elemento ostativo o limitativo secondo criteri di assolutezza. L’incompatibilità dell’opera, o la sua parziale compatibilità, con i valori oggetto di tutela deve essere evidenziata dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo mediante una valutazione calibrata sulla concreta situazione di fatto e non limitata ad affermazioni generiche e stereotipate. Ciò che viene richiesto all’amministrazione è di specificare le ragioni della parziale compatibilità, previo esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare, al di là della mera visibilità dalla strada che non può costituire, ex se considerata, ragione giustificatrice, sul piano della compiutezza valutativa rispetto ad un pur legittimo obiettivo di “migliore inserimento nel contesto paesaggistico”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2702 del 17 luglio 2025


Deve ritenersi consentito agli enti locali operare scelte di pianificazione al fine di garantire un corretto insediamento delle strutture di vendita, anche ponendo limiti agli insediamenti degli esercizi commerciali, in considerazione degli aspetti connessi all'ambiente urbano – inclusi i profili relativi alla viabilità e all’impatto complessivo dei flussi di traffico – nonché dell’esigenza di assicurare un ordinato sviluppo del territorio comunale. La diversità degli interessi pubblici tutelati, pertanto, impedisce di attribuire in astratto prevalenza alle norme in materia commerciale rispetto al piano urbanistico

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2747 del 30 luglio 2025


L’obbligo di rispettare una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, previsto dall’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, pur valendo anche quando la finestra di una parete non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima di altezza minore dell’altra), e pur valendo anche quando una sola delle pareti frontistanti sia finestrata, non sussiste allorché le due pareti aderiscano in basso l’una all’altra su tutto il fronte e per tutta l’altezza corrispondente, senza interstizi o intercapedini residui; inoltre, il rispetto della distanza minima di dieci metri di cui all’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, pur invocabile in presenza di una parete finestrata che non fronteggi l’altra parete (per essere quest’ultima inferiore di altezza), va applicato solo qualora al di sotto vi sia invariabilmente un’intercapedine o un interstizio, vi siano cioè due pareti o elementi di costruzione di varia fattezza, ma pur sempre racchiudenti uno spazio vuoto tra di loro, con pericolo concreto di recare nocumento alla salubrità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025