Il TAR Brescia, dopo aver ricordato che l’art. 147, comma 2-bis, del d.lgs. 152/06, proprio per individuare un punto di equilibrio tra efficienza del servizio, libertà di organizzazione dello stesso e tutela degli interessi pubblici sovraordinati, dopo aver sancito che i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali, ha previsto la possibilità di proseguirne la gestione autonoma «nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell'articolo 148» ovvero qualora sussistano «contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico» (cfr. art. 147, comma 2-bis, d.lgs. 152/06), osserva che:
<<l’eccezionalità del ripetuto comma 2-bis impone che la disposizione debba «essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l'effetto di vanificare il principio dell'unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa» (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 26 agosto 2020, n. 5237): è perciò convincimento del Collegio che, con la locuzione “siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”, il legislatore abbia voluto riferirsi alle sole sorgenti poste in luoghi tutelati in virtù di un espresso provvedimento dell’autorità competente, escludendo, quindi, quelle localizzate in aree genericamente tutelate ai sensi dell’art. 142 del d.lgs. 42/04.
Una diversa interpretazione sarebbe, infatti, contraria al dato letterale dell’art. 147, comma 2-bis, del d.lgs. 152/06 sia nella parte in cui utilizza la locuzione “siti individuati”, anziché riferirsi genericamente a tutti i beni paesaggistici, così come definiti dall’art. 134 del d.lgs. 42/04, sia con il fatto che le fonti de quibus possono trovarsi anche in “parchi naturali o aree naturali protette”, precisazione che sarebbe oltremodo ridondante qualora si accogliesse l’impostazione proposta dal ricorrente, posto che essi sono già contemplati dall’art. 142, comma 1, let. f, del d.lgs. 42/04 («parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi»).>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 344 del 17 aprile 2023.