Il TAR Milano, con riferimento ai presupposti per ottenere l'accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, osserva:
<<10) Preliminarmente, il Collegio ritiene utile rammentare come la regola generale in materia di controllo e gestione dei beni paesaggistici, ritraibile dall’art. 146 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), vieti il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica «in sanatoria», successivamente cioè, alla realizzazione, anche parziale, degli interventi di trasformazione delle aree o degli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico. La previsione eccettuativa (di cui all’art. 167, comma 4, del medesimo Decreto), che tale autorizzazione «postuma» consente, ha ad oggetto interventi che, per quanto qui d’interesse, «non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati». Si tratta, quindi, di abusi di minima entità, tali da determinare già in astratto, per le loro stesse caratteristiche tipologiche, un rischio estremamente contenuto di causare un effettivo pregiudizio al bene tutelato [cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, VI, 04-01-2021, n. 40, per cui «l’art. 167 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), recante la disciplina delle sanzioni amministrative previste per la violazione delle prescrizioni poste a tutela dei beni paesaggistici, contiene (nella sua attuale formulazione) la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali. Il trasgressore, infatti, è “sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese”, “fatto salvo quanto previsto al comma 4”. L’intenzione legislativa è chiara nel senso di precludere qualsiasi forma di legittimazione del “fatto compiuto”, in quanto l’esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell’intervento. Il rigore del precetto è ridimensionato soltanto da poche eccezioni tassative, tutte relative ad interventi privi di impatto sull’assetto del bene vincolato. Segnatamente, sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica: gli interventi realizzati in assenza o difformità dell’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione paesaggistica; i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia (art. 167, comma 4)»].
Resta ferma, poi, la necessità, in caso di accesso alla procedura «in sanatoria», di valutare in concreto l'effettiva compatibilità paesaggistica dell'opera realizzata, con la irrogazione in ogni caso della sanzione normativamente contemplata (cfr. TAR Campania, VI, 22-05-2020, n. 1939; id., 14-06-2022, n. 4036; TAR Umbria, I, 30-04-2021, n. 300).
Soffermandoci sulla predetta valutazione, non va sottaciuto come, per consolidato orientamento (cfr., fra le altre, Consiglio di Stato, II, 26-07-2017, n. 1775), possano avere rilevanza ai fini paesaggistici, per il loro impatto visivo, anche opere edilizie che non determinano la costituzione di nuove superfici o di volumi edilizi, come i volumi tecnici o le tettoie di dimensioni modeste. Detto altrimenti: «Rivestono un'indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull'area sottoposta a vincolo, anche se non vi sia un volume da computare sotto il profilo edilizio (…) poiché le esigenze di tutela dell'area sottoposta a vincolo paesaggistico possono anche esigere l'immodificabilità dello stato dei luoghi» (così, TAR Campania, Napoli, VIII, 03-12-2021, n. 7787; nello stesso senso, fra le tante, TAR Lombardia, III, 22-05-2020, n. 915, e, da ultimo, id., IV, 23-06-2022, n. 1460).
È, del resto, evidente la ratio di tale differente rilevanza dei volumi di carattere tecnico in sede edilizia rispetto a quella paesaggistica, atteso che, mentre nelle valutazioni di natura urbanistica attraverso il volume utile viene misurata la consistenza dei diritti edificatori, «nei giudizi paesistici è utile soltanto il volume percepibile come ingombro alla visuale o come innovazione non diluibile nell'insieme paesistico» [così, TAR Campania, Napoli, VIII, 01-02-2018, n. 712, che poi aggiunge: «Un volume irrilevante ai fini urbanistici potrebbe creare un ingombro intollerabile per il paesaggio, e in questo caso sarebbe senz'altro classificabile come utile in base ai parametri estetici attraverso cui viene data protezione al vincolo paesistico. Reciprocamente, un volume utile ai fini urbanistici potrebbe non avere alcun impatto sul paesaggio e, dunque, in assenza di danno per l'ambiente, non potrebbe costituire un presupposto ragionevole per l'applicazione di una misura ripristinatoria (nel caso di specie, l'innalzamento della copertura ha incidenza dal punto di vista paesaggistico andando a modificare il prospetto dell'edificio e, pertanto, la relativa volumetria non poteva che essere ricondotta a quella contemplata dall'art. 167, comma 4, d.lg. n. 42/2004, al fine di escludere l'accertamento postumo di conformità paesaggistica)»; id., 20-02-2014, n. 1122; TAR Marche, Ancona, I, 07-01-2017, nn. 23, 24 e 25; TAR Toscana, III, 10-03-2021, n. 377].
Sul piano più in generale, va poi rammentato che, come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio: i due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti (cfr. Cons. Stato, VI, 03-05-2022, n. 3446).
Ne deriva che, il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico non coincide con la disciplina urbanistico edilizia ma s’individua nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo (cfr. Cons. St., VI, 24-11-2015, n. 5327), poiché la valutazione di compatibilità paesaggistica è connaturata all’esistenza del vincolo paesaggistico ed è autonoma dalla pianificazione edilizia (cfr. Cons. St., VI, 31-10-2013, n. 5273; nonché, sulla ratio dei vincoli paesaggistici generalizzati e sulla «integrità ambientale» quale «bene unitario», che può risultare compromesso anche da interventi minori, Corte costituzionale, sentenza 23-03-2016, n. 56, con la giurisprudenza costituzionale ivi richiamata; e, sulla necessità di valutare sempre espressamente l’interesse paesaggistico anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici, Corte Costituzionale, sentenza 28-06-2004, n. 196).
Non va, infine, trascurato che, sempre per giurisprudenza pacifica, le valutazioni effettuate dalle amministrazioni preposte alla tutela dei valori paesaggistici circa la compatibilità delle opere edilizie che si intende realizzare (o che, come, nella fattispecie, si intende sanare) con i valori che sono stati tutelati con l’imposizione del vincolo paesaggistico, possono essere censurate davanti al giudice amministrativo solo per la presenza di vizi nel procedimento, per evidenti errori di fatto o per la chiara irragionevolezza della scelta operata (cfr., fra le tante, Cons. Stato, II, 05-12-2017, n. 2531).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 67 del 4 gennaio 2023.