Secondo il TAR Milano, per evitare di incorrere in una interpretazione sostanzialmente abrogante di parte del comma 2 dell’art. 33 del DPR 380/2001, è giocoforza ritenere che la “data di esecuzione dell’abuso”, cui è riferito l’aggiornamento ISTAT, non è quella della mera ultimazione dei lavori, bensì quella in cui l’abuso viene per così dire fiscalizzato, essendo l’abuso edilizio un illecito permanente, che resta in “esecuzione” finché non viene determinata la sanzione pecuniaria sostitutiva di quella demolitoria nei confronti del responsabile.

Aggiunge il TAR che:
<<1.3 Una simile interpretazione, oltre a consentire l’applicazione dell’aggiornamento ISTAT preteso dalla norma di legge, appare corretta anche da un punto di vista sistematico, ponendosi in armonia con la complessiva legislazione che consente la c.d. fiscalizzazione dell’abuso, in caso di impossibilità della riduzione in pristino.
Infatti, nell’ulteriore ipotesi dell’art. 34 del Testo Unico, relativo agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, qualora la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, l’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione stabilito secondo la legge n. 392/1978 e la giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che la fiscalizzazione degli abusi edilizi deve tenere conto dei valori vigenti al momento di presentazione della relativa domanda, per evitare che l’autore dell’abuso possa lucrare sul tempo intercorrente fra la conclusione dei lavori – cui fa seguito il godimento dell’immobile abusivo – e la determinazione della sanzione, considerato sempre che l’illecito edilizio ha carattere permanente, per cui continua nel tempo fino al ripristino della situazione originaria oppure sino al verificarsi degli altri casi di cessazione espressamente previsti dall’ordinamento (cfr. sul punto TAR Piemonte, Sezione II, sentenza n. 44/2019 e la sentenza di questa Sezione n. 568/2018).
Sempre con riguardo all’art. 34 succitato, lo stesso attiene a condotte (difformità parziale dal titolo edilizio) oggettivamente meno gravi di quelle dell’art. 33 (difformità totale o assenza di titolo) per cui sarebbe paradossale che la sanzione pecuniaria per il caso dell’art. 33 fosse più lieve di quella invece prevista per la fattispecie dell’art. 34.
Sempre con riguardo all’art. 33 comma 2, per i casi di abusi su immobili ad uso diverso da quello abitativo (si veda l’ultimo periodo del comma 2) è prevista una sanzione pari al doppio dell’aumento del valore venale, determinato dall’Agenzia del territorio e non si tratta certo del valore venale al momento di completamento dei lavori bensì di quello al momento della domanda di fiscalizzazione, sempre per evitare che il responsabile tragga un vantaggio ingiustificato dal decorso del tempo, durante il quale ha comunque goduto del bene ancorché abusivo.>>

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 630 del 18 marzo 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.