Il TAR Milano ricorda che l’art. 5, comma 2, del n. 175/2016 prescrive che gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate. L’ente è quindi chiamato a disciplinare e individuare lo strumento (“forme”) in grado di assicurare la consultazione degli operatori e ciò implica, necessariamente, sia la previa pubblicazione dello schema di atto deliberativo tramite mezzi di comunicazione in grado di garantire l’effettiva diffusione della scelta amministrativa agli operatori sia la previsione di un termine entro cui poter formulare, da parte degli interessati, osservazioni di metodo e di merito a quella scelta. Ad avviso del Collegio, la pubblicazione all’albo pretorio e sul sito web del Comune, senza indicazione di un termine per le osservazioni, non costituisce una “forma” idonea di “consultazione pubblica” ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. 175/2016, non assicurando infatti che gli operatori del settore possano venire a conoscenza della volontà del Comune di procedure all’affidamento di un proprio servizio tramite il modulo dell’in house. Tale forma di comunicazione è infatti generica in quanto è riservata, per legge, alla pubblicazione degli atti deliberativi del Comune, mentre il legislatore ha imposto, per il procedimento di affidamento in house, una forma di comunicazione specifica sia in relazione al contenuto sia in relazione ai suoi destinatari. Inoltre, agli operatori non viene offerta la possibilità di presentare osservazioni, né vien indicata la forma e il termine entro cui le osservazioni possono essere presentate.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1973 del 25 giugno 2024


Il TAR Milano osserva che l’art. 29-octies del D.Lgs. n. 152 del 2006 disciplina il procedimento per l’aggiornamento o la modifica dell’autorizzazione integrata ambientale e delle relative condizioni; la predetta norma prevede una puntuale scansione procedimentale e si fonda su specifici presupposti di natura sostanziale, oltre a richiedere inderogabilmente il previo coinvolgimento nel procedimento di riesame del gestore dell’impianto, che deve fornire un indispensabile apporto istruttorio; diversamente, le sanzioni e i presupposti controlli, in ordine al rispetto delle prescrizioni contenute nell’A.I.A., sono disciplinati dal successivo art. 29-decies e riguardano appunto l’aspetto sanzionatorio o ripristinatorio dell’A.I.A., senza intervenire sul contenuto della stessa. Nella fattispecie di giudizio sono stati concentrati nel medesimo procedimento attività aventi differente natura e presupposti, ovvero di carattere sanzionatorio, autorizzatorio e di variante rispetto all’A.I.A. già rilasciata alla ricorrente; ciò si pone in contrasto con il principio di tipicità degli atti amministrativi, soprattutto di carattere sanzionatorio, e con il divieto di utilizzare il potere che la legge conferisce all’Amministrazione in maniera sviata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1917 del 24 giugno 2024


Il TAR Milano precisa che le previsioni contenute nel Documento di Piano non producono effetto diretto sul regime giuridico dei suoli perché, trattandosi di disposizioni di massima, da sole non sono sufficienti a definire in modo compiuto le regole di carattere urbanistico-edilizio che disciplinano gli ambiti di trasformazione; a tal fine è necessario l’intervento del piano attuativo che, attraverso le regole di dettaglio, dovrà definire in maniera puntuale il quadro giuridico ad essi applicabile, con norme aventi carattere prescrittivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1967 del 25 giugno 2024


Il TAR Milano precisa che la modifica soggettiva del Raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 da parte del mandatario o di una delle mandanti, è da ritenersi ammissibile non soltanto in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, come ricavabile dall’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del citato D. Lgs. n. 50 del 2016. È vietata soltanto una modifica in aumento del Raggruppamento, per il tramite dell’inserimento di un nuovo operatore non presente nella compagine originaria, mentre è certamente ammessa una modifica in diminuzione; implicitamente, e a fortiori, deve ritenersi ammessa anche una modifica soltanto strutturale interna tra le stesse imprese facenti parti del medesimo R.T.I., attraverso la quale si provveda a una diversa distribuzione di ruoli e compiti tra mandanti e mandataria, senza la necessità che si intervenga con l’estromissione di uno degli operatori già presenti, ove non sia emersa una incompatibilità di questi che abbia carattere assoluto e risulti insuperabile. Laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, provveda ad assegnare un congruo termine per la predetta riorganizzazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1764 del 11 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che il provvedimento che abbia ordinato al proprietario o al gestore di un terreno di provvedere alla rimozione e allo smaltimento di rifiuti abbandonati e alla bonifica dell’area è illegittimo nel caso in cui non sia stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento essendo necessario, in tale situazione, la partecipazione dell’interessato in contraddittorio anche ai fini della corretta imputabilità dello sversamento dei detti rifiuti; difatti, l’accertamento in contraddittorio della condizione dei luoghi è imposto dall’Allegato 9, parte B, del D.P.R. n. 120 del 2017, dove si specifica che le attività di campionamento per i controlli e le ispezioni sulla corretta attuazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo sono eseguiti in contraddittorio con la parte privata, aggiungendosi tale obbligo al generale dovere di comunicare l’avvio del procedimento, poiché è necessario che al soggetto nei cui confronti l’ordine di bonifica deve essere rivolto sia data la possibilità di partecipare attivamente alla stessa istruttoria amministrativa e ai sopralluoghi volti ad accertare la prospettata situazione di inquinamento, oltre che, più in generale, lo stato dei luoghi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1856 del 18 giugno 2024


Il TAR Milano precisa che, ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, ove il Comune non si pronunci espressamente entro il termine di 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, sulla stessa si forma una fattispecie tipica di silenzio significativo in senso sfavorevole al richiedente, il c.d. silenzio-diniego che va impugnato, alla stregua di un provvedimento esplicito di rigetto, entro il termine decadenziale, adducendo, tuttavia, esclusivamente, ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi, con esclusione del deficit di motivazione, del quale la fattispecie in questione è ope legis strutturalmente carente, oltre che di tutti gli altri vizi formali del procedimento, quali ad esempio la mancanza di pareri o del preavviso dei motivi ostativi all'accoglimento; ciò attesa l’incompatibilità logica di tali vizi con la fattispecie del silenzio significativo, dovendo, piuttosto, dolersi del suo contenuto sostanziale di rigetto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1889 del 19 giugno 2024





Il TAR Milano, a fronte della delibera del Consiglio di Gestione di una Riserva naturale che ha introdotto una misura di salvaguardia consistente nel divieto di edificabilità sino all’approvazione del nuovo Piano della Riserva, ritiene che l’individuazione, quale termine finale di efficacia della misura in esame, della data di approvazione del nuovo Piano della Riserva non consenta, tuttavia, di superare il limite temporale imposto in via generale per le misure di salvaguardia dall’art. 12, co. 3, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (ossia tre anni dall'adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell'ipotesi in cui questo sia stato sottoposto all'amministrazione competente per la approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione), recepito altresì dal legislatore regionale mediante l’art. 36, co. 4, L.R. n. 12 del 2005. Pertanto, il divieto di edificabilità deve intendersi decaduto allo spirare dei termini di cui all’art. 12, co. 3, D.P.R. 380/2001, senza che possa assumere rilievo in senso contrario l’omessa approvazione a tale data del nuovo piano della Riserva.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1879 del 18 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che l’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 consente la revoca del provvedimento amministrativo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento stesso oppure nell’ipotesi di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario; l’Amministrazione che procede alla revoca deve, nel rispetto dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 sull’obbligo di motivazione, indicare i motivi – vale a dire le ragioni giuridiche e fattuali – che l’hanno indotta a disporre la revoca del provvedimento. L’apprezzamento rimesso all’Amministrazione, avuto riguardo alla natura discrezionale del potere esercitato e agli effetti ad esso connaturati, nonché ai relativi presupposti di esercizio, postula dunque una valutazione comparativa degli interessi (pubblici e privati) in rilievo – incluso l’interesse in capo ai destinatari del provvedimento oggetto di ritiro, anche alla luce del tempo trascorso dall’adozione del revocando provvedimento – a supporto della ravvisata prevalenza, all’esito della compiuta valutazione, dell’interesse pubblico alla rimozione del provvedimento, con la conseguente necessità di una specifica e puntuale motivazione al riguardo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1747 del 10 giugno 2024


Il TAR Milano ribadisce che va attribuita natura non espropriativa, ma conformativa del diritto di proprietà sui suoli, a tutti i vincoli che non solo non sono esplicitamente preordinati all'esproprio in vista della realizzazione di un'opera pubblica, ma nemmeno si risolvano in una sostanziale ablazione dei suoli medesimi, consentendo al contrario la realizzazione di interventi da parte dei privati; ciò posto, il TAR ritiene che la previsione di una pista ciclabile, in relazione alla quale il Piano di servizi non prevede in alcun modo una riserva di intervento pubblico ai fini della sua realizzazione e che, conseguentemente, ben potrebbe essere eseguita dal privato proprietario del comparto, determina la necessaria esclusione del vincolo espropriativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1799 del 13 giugno 2024


Secondo il TAR Milano, le disposizioni del D.M. 5.2.1998, in materia di recupero rifiuti non pericolosi, non possono essere lette come derogatorie alla disciplina generale di cui al d.lgs. n. 152/2006 che continua a trovare applicazione anche qualora, in virtù delle stesse, i rifiuti non pericolosi abbiano trovato impiego nell’attività costruttiva.

TAR Lombardia, Milano, III, n. 1816 del 14 giugno 2024


Il TAR Milano esamina un mezzo di gravame con il quale si lamenta la violazione dell’art. 51 del codice dei contratti pubblici sulla suddivisione in lotti, norma per la quale le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali ovvero in lotti prestazionali, motivando la mancata suddivisione nel bando o nella lettera di invito. Sulla portata di tale articolo il TAR rileva che, se è pur vero che lo stesso è ispirato da condivisibili finalità di promozione della concorrenza, parimenti rimane ferma la discrezionalità delle singole amministrazioni di non dare corso alla suddivisione in lotti, allorché il lotto unico meglio risponda alle esigenze organizzative o alle necessità di acquisto delle amministrazioni stesse. In altri termini, il principio della divisione in lotti non può mai essere invocato laddove la singola stazione appaltante offra una adeguata motivazione della propria scelta del ricorso al lotto unico.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1782 del 12 giugno 2024


Il TAR Brescia ricorda che l'art. 244, comma 1, d.lgs. n. 152/06 sancisce che le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti e che la provincia, ricevuta la suddetta comunicazione, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere per l'attivazione delle procedure previste per  la bonifca dei siti contaminati. Secondo il TAR, è chiaro dal tenore letterale della norma, alla luce del principio di prevenzione che governa la materia ambientale, che basta l’accertato superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione per l’adozione dell’ordinanza.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 488 del 31 maggio 2024


Il TAR Milano ricorda che le previsioni degli strumenti urbanistici servono a conformare l'edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell'entrata in vigore del Piano o di una sua variante, alle quali la legge equipara i manufatti in via di edificazione sulla base di uno specifico titolo assentivo; conseguentemente le opere già eseguite in conformità della disciplina previgente conservano la loro precedente e legittima destinazione, senza che sia nemmeno possibile impedire gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1766 del 11 giugno 2024


Il TAR Milano ricorda che per i consorzi stabili è ammesso il cumulo alla rinfusa di tutti i requisiti in forza di quanto previsto dall’art. 47, comma 2-bis, del codice n. 50/2016, come da ultimo interpretato dall’art. 225, comma 13, del nuovo codice n. 36 del 2023. Dunque, non è necessario che la consorziata esecutrice sia in possesso autonomamente dei requisiti di capacità tecnica/economica richiesti dalla stazione appaltante

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1729 del 8 giugno 2024


Il TAR Milano osserva che il suolo, secondo la definizione data dall’ISPRA, riveste una rilevanza necessariamente sostanziale, legata alla tutela effettiva della risorsa suolo, e della copertura naturale dello stesso. Ciò si evince chiaramente, del resto, anche dai principi generali dettati dall’art. 1 della L.R. 31/2014. È dunque evidente che, nell’ottica di una valutazione di carattere sostanziale, la disposizione urbanistica (oggetto di esame) che classifica come agricola un’area antecedentemente edificabile si muove innegabilmente nella direzione di un contenimento della copertura artificiale del terreno e del consumo di suolo, precludendo che un terreno con copertura naturale venga in futuro trasformato e assoggettato alla copertura artificiale conseguente all’edificazione (antecedentemente possibile), e si pone perciò in piena consonanza con le previsioni della L.R. 31/2014.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1695 del 4 giugno 2024


Il TAR Milano osserva che l’art. 22-bis, comma 2, lett. a, del D.P.R. n. 327 del 2001 stabilisce che il decreto di occupazione d’urgenza relativo a una procedura espropriativa può essere adottato senza particolari indagini o formalità, in presenza di interventi di cui alla legge n. 443 del 2001 (c.d. “Legge obiettivo”); pertanto nessuna motivazione particolare deve essere posta a giustificazione dell’emanazione di un decreto di occupazione d’urgenza, laddove si tratti di procedure finalizzate alla realizzazione di infrastrutture di interesse strategico, essendo in re ipsa tale urgenza. Difatti, tali interventi, per la loro stessa natura e per le finalità che intendono perseguire, oltre che per le procedure speciali con cui sono decisi, hanno in sé un connotato di urgenza, pertanto ben può ritenersi che l’esigenza della motivazione che giustifica il decreto di occupazione d’urgenza, nel caso di opere di cui alla legge n. 443 del 2001, coincida con la circostanza che l’opera sia stata effettivamente inclusa nel relativo programma approvato dal CIPE.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1707 del 6 giugno 2024


Il TAR Milano osserva che il termine indicato nell’art. 14 comma 1 della LR n. 12 del 2005, norma che prevede un termine di trenta giorni per la richiesta, da parte degli uffici, di integrazioni documentali e modifiche progettuali alla proposta di piano attuativo presentata dall’operatore, ha carattere meramente ordinatorio e non perentorio, per cui l’inosservanza del medesimo non assurge a vizio di legittimità del provvedimento adottato tardivamente. A tale conclusione si perviene, innanzi tutto, dalla pacifica considerazione che i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi sono di regola ordinatori, mentre la perentorietà è possibile nei soli casi previsti dalla legge. Nell’ipotesi dell’art. 14 della LR n. 12 del 2005 sull’approvazione dei piani attuativi, inoltre, lo stesso articolo, ai commi 6 e seguenti, riconnette al mancato rispetto del termine per l’approvazione l’esercizio di poteri sostitutivi con l’intervento, in luogo del Comune, della Regione o della Provincia, con le modalità indicate proprio nei commi 6 e seguenti dell’art. 14 stesso. Appare evidente che la previsione di poteri sostitutivi in caso di inosservanza dei termini del procedimento esclude che l’adozione di un provvedimento tardivo sia di per sé illegittima.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1688 del 3 giugno 2024


Il TAR Brescia precisa che il passaggio da locali accessori a vani ad uso residenziale integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere, dall’aumento di volumetria o di superficie. Il mutamento da locale accessorio o pertinenza a vano abitabile è attuabile con un intervento di tipo ristrutturativo e presenta carattere urbanisticamente rilevante. Esso è del tutto assimilabile ad un cambio di categoria riconducibile all’art. 23 ter, comma 1, del D.P.R. 380/2001.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 446 del 21 maggio 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo giurisprudenza consolidata, l’inizio dei lavori richiesto per evitare la decadenza del titolo: a) deve evidenziare l'effettiva volontà di realizzare il manufatto; b) non può essere considerato in via generale e astratta, bensì con specifico e puntuale riferimento all'entità e alle dimensioni dell'intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l'avvio dell'edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e, quindi, non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione; c) deve, dunque, essere comprovato dall'effettuazione di trasformazioni che superino la soglia delle mere attività preparatorie, dovendo essere di entità significativa, tenendo anche conto dell'opera da eseguire, onde non vanno trascurate le peculiarità che presenta l'intervento in progetto.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1552 del 21 maggio 2024


Il TAR Milano ricorda che i provvedimenti che sanzionano l'attività edilizia abusiva - ivi compresi i dinieghi di sanatoria - sono atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né ancora alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare, e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi; sicché è legittima e doverosa l'adozione del provvedimento di diniego del condono anche quando sia trascorso un lungo periodo di tempo dalla presentazione dell'istanza, senza necessità di una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse, ulteriori rispetto a quelle inerenti al ripristino della legittimità violata; la circostanza che il diniego del Comune sia stato emesso a distanza di ben quindici anni dalla presentazione dell’istanza di condono, non permette perciò di radicare alcun affidamento tutelabile, né per quanto riguarda l’estensione delle categorie della sanatoria, né relativamente alla persistenza del potere di intimare la rimessione in pristino.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1663 del 31 maggio 2024