Il TAR Brescia respinge un ricorso avvero un diniego di acceso agli atti avente ad oggetto l’attività edilizia del confinante sulla base del seguente percorso motivazionale:
<< (a) in base all’art. 22 comma 1-b della legge 7 agosto 1990 n. 241, l’accesso alla documentazione amministrativa presuppone un interesse diretto, concreto e attuale. La norma specifica inoltre che il suddetto interesse deve corrispondere a una situazione giuridicamente tutelata, e collegata al documento a cui si chiede di accedere;
(b) come già evidenziato da questo TAR (v. sentenza n. 894 del 26 ottobre 2021), il requisito della concretezza impone al richiedente di indicare una specifica situazione giuridica appartenente al proprio patrimonio, come diritto o come aspettativa. In mancanza, l’accesso rimane soltanto esplorativo, ossia finalizzato non a esercitare il diritto di difesa, ma ad acquisire elementi su cui innestare eventuali iniziative giurisdizionali o solleciti per interventi in autotutela dell’amministrazione;
(c) la vicinitas può essere all’origine di conflitti collegati all’attività edificatoria, ma non è una condizione per sé conflittuale, che renda sempre necessario verificare quello che è avvenuto sull’altro lato del confine. Non vi è quindi un’automatica legittimazione dei vicini a conoscere la storia delle edificazioni del fondo confinante, ma occorre sempre il quid pluris rappresentato dal pregiudizio attuale, sia pure nella forma del danno temuto;
(d) nello specifico, di un simile pregiudizio non è stata fornita alcuna dimostrazione. Per quanto riguarda le costruzioni tuttora presenti sulla proprietà della controinteressata, realizzate da tempo, un’indagine storica sulla legittimità delle opere non è sorretta da un interesse attuale;
(e) appare evidente che l’attualità del diritto di accesso è inversamente proporzionale alla distanza temporale dalla formazione dei documenti. Anche in materia urbanistica, dove l’interesse pubblico alla rimozione degli abusi o al ripristino della conformità è particolarmente resistente al decorso del tempo, il diritto di accesso finalizzato a promuovere ricorsi giurisdizionali o a provocare interventi repressivi da parte dell’amministrazione incontra il limite della stabilità delle posizioni giuridiche dei terzi, raggiunta sul piano processuale o sostanziale;
(f) vi è quindi un diritto alla riservatezza in capo ai confinanti, che non richiede particolari dimostrazioni, né analisi sui singoli aspetti della realizzazione e dell’utilizzazione delle opere, in quanto è semplicemente il riflesso della certezza del diritto, come risultante dalla consolidata situazione dei luoghi e dall’acquiescenza dei proprietari vicini e dei loro danti causa;
(g) un profilo di questo diritto alla riservatezza è ora codificato nell’art. 21-nonies comma 1 della legge 241/1990, che limita a ritroso i poteri ordinari di autotutela dell’amministrazione, e dunque anche la possibilità per i privati di sollecitare i suddetti poteri. È vero che in materia urbanistica il termine di diciotto mesi può essere superato, ma per i privati che intendano chiedere l’intervento dell’amministrazione si aggrava l’onere di motivazione dell’istanza di accesso, la quale dovrà farsi carico della prospettazione di specifici profili di violazione delle norme urbanistiche;
(h) infine, non è stata dimostrata neppure l’utilità dell’accesso in relazione alla futura attività edificatoria della ricorrente. In particolare, è rimasta generica e non corroborata da elementi tecnici l’affermazione secondo cui la conoscenza dei titoli edilizi relativi alla proprietà della controinteressata sarebbe una condizione essenziale per la progettazione di nuove opere sulla proprietà della ricorrente;
(i) se, come sottolineato dalla ricorrente nella memoria di replica, il problema è la statica dei due pilastri non demoliti, la questione fuoriesce dalla sfera documentale, e dunque anche dal diritto di accesso, in quanto si discute della condizione presente dei suddetti manufatti, che può essere chiarita solo da una perizia tecnica. In mancanza o in attesa di tale verifica, la ricorrente può comunque redigere la progettazione di sua competenza secondo criteri prudenziali.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 571 del 7 giugno 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.