Il TAR Milano, in sede di esame di un ricorso avverso una ordinanza dirigenziale emessa ai sensi dell’art. 244 del D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, richiama i principi applicabili in questa materia, dai quali non intende discostarsi, ricavabili dalla più recente e diffusa giurisprudenza (cfr., tra le ultime, Consiglio di Stato, IV, 31.03.2022, n. 2370; id., 11.03.2022, n. 1742; id., 12.01.2022, n. 217; id., 2.12.2021, n. 8033; id., 26.02.2021, n. 1658; id., 7.01.2021, n. 172; TAR Lombardia, Milano, IV, 7.02.2022, n. 273):
<<a) - l’autorità amministrativa, nei casi di inquinamento ambientale, dovendo risolvere questioni tecniche di particolare complessità, consistenti in valutazioni sottese ai provvedimenti in materia di MISE, caratterizzazione e bonifica, dispone - nell’individuare le soluzioni applicabili - di una discrezionalità molto ampia, sindacabile in sede giurisdizionale solo nel caso di risultati abnormi o, comunque, manifestamente illogici;
b) - l’individuazione della responsabilità per l’inquinamento di un sito si basa sul criterio causale del “più probabile che non” (e non, invece, su quello del “superamento di ogni ragionevole dubbio”), stante, tra l’altro, la caratterizzazione riparatoria e non sanzionatoria della disciplina stessa (su cui cfr., da ultimo, la sentenza n. 217/2022, cit.); è pertanto sufficiente – affinché s’intenda legittimamente accertato il responsabile - che il nesso eziologico ipotizzato dall’Amministrazione sia più probabile della sua negazione, potendosi, a tali fini, accedere anche alla prova per presunzioni;
c) - ove l’Amministrazione abbia fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell’inquinamento a un soggetto, spetta a quest’ultimo l’onere di fornire la prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un’incidenza di eventi esterni alla propria attività, essendo necessario provare – con pari analiticità – la reale dinamica degli avvenimenti e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell’inquinamento; anche la Corte di Giustizia ha statuito che l’Amministrazione possa fare uso di presunzioni, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento, o la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività (cfr. CGUE, Grande Sez., 9 marzo 2010, causa C-378/08);
d) - l’articolo 242, comma 1, del codice dell’ambiente, nel fare riferimento specifico anche alle “contaminazioni storiche”, ha inteso affermare il principio per cui la condotta inquinante, anche se risalente nel tempo e conclusasi in momenti storici passati, non esclude il sorgere di obblighi di bonifica in capo a colui che ha inquinato il sito, ove il pericolo di “aggravamento della situazione” sia ancora attuale (cfr. Cons. Stato, VI, 18.11.2021, n. 7709; id., IV, n. 8033 del 2021 cit., ove, in relazione ad una fattispecie di inquinamento storico, viene affermato il carattere permanente dell’illecito ambientale); del resto, accedere alla tesi secondo la quale le contaminazioni “storiche” non potrebbero mai porre in capo al loro autore un obbligo di bonifica, determinerebbe la paradossale conclusione che tali necessarie attività, a tutela della salute e dell’ambiente, debbano essere poste a carico della collettività e non del soggetto che le ha poste in essere e ne ha beneficiato; ne consegue che “è del tutto ragionevole porre l’obbligo di eseguire le opere di bonifica a carico del soggetto che tale contaminazione ebbe in passato a cagionare, avendo questi beneficiato, di converso, dei corrispondenti vantaggi economici (sub specie, in particolare, dell’omissione delle spese necessarie per eliminare o, quanto meno, arginare l’immissione nell’ambiente di sostanze inquinanti)” (Cons. Stato, sez. IV, 6.04.2020, n. 2301);
e) - la responsabilità dell’impresa per l’inquinamento va intesa in termini sostanziali, considerando che i fenomeni societari relativi ai gruppi, alle forme di successione e al trasferimento d’azienda danno luogo ad una successione universale inter vivos che, secondo i principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. la pronuncia n. 10 del 2019, avente ad oggetto la bonifica di siti inquinati per un inquinamento di origine industriale risalente nel tempo e nei confronti di una società non responsabile dell’inquinamento, ma da questa avente causa per effetto di successive operazioni di fusione di società per incorporazione), generano la responsabilità dell’acquirente.>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1352 del 10 giugno 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.