Il TAR Milano osserva:
<<Il d.lgs. n. 42 del 2004 elenca poi, all'art. 10, le tipologie di beni culturali sottoposti a tutela, integrando la definizione generale fornita dal citato art. 2, comma 2. In questa sede va richiamato il terzo comma di tale disposizione il quale si riferisce ai beni culturali per “dichiarazione amministrativa” i quali assurgono a tale categoria grazie appunto ad apposita dichiarazione emessa dall’Autorità amministrativa a seguito del procedimento delineato dall'art. 14 del d.lgs. n. 42 del 2004.
È evidente il legame fra tutte queste disposizioni e quella contenuta nell’art. 9 Cost. il quale prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico ed artistico della Nazione.
La giurisprudenza ha chiarito che la disciplina costituzionale riguardante il patrimonio storico e artistico nazionale eleva le esigenze di sua tutela e conservazione a valore primario del nostro ordinamento. Ha inoltre chiarito che l’imposizione dei vincoli alla proprietà privata sui beni che fanno parte di tale patrimonio è connaturata ai beni stessi, i quali vengono ad esistenza, per così dire, già limitati sul piano della loro possibile utilizzazione, tanto è vero che non si pone neppure un problema di indennizzo. Ne deriva, in tale contesto, che il potere che l’Amministrazione esercita al fine di individuare i beni di interesse culturale è connotato da discrezionalità tecnica la quale non richiede la ponderazione degli interessi coinvolti, neppure allo scopo di verificare il rispetto del principio di proporzionalità. L’attività di comparazione degli interessi deve tutt’al più essere svolta nella fase successiva, quando cioè, una volta individuato il bene, vengono stabilite le concrete misure di tutela e conservazione.
La stessa giurisprudenza ha altresì precisato che la natura tecnico-discrezionale delle valutazioni effettuate in questo ambito dall’amministrazione impone che le stesse siano vagliate con riguardo alla loro specifica attendibilità tecnico-scientifica. Il presupposto normativo per la dichiarazione dell’interesse culturale non è infatti l’accertamento di un “fatto storico” (sempre verificabile in via diretta dal giudice anche con l’applicazione di scienze non esatte), bensì l’accertamento di un fatto “mediato” dalla valutazione affidata all'amministrazione, con la conseguenza che lo stesso giudice e la parte privata non possono sostituire le proprie valutazioni a quelle compiute dall’autorità amministrativa, potendosi tutt’al più verificare se la scelta compiuta da quest'ultima rientri o meno nella gamma di quelle plausibili alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli altri elementi del caso concreto. L'interessato, se vuole contestare il merito della scelta, non può quindi limitarsi ad affermare che questa non è corretta, ma ha l'onere di dimostrare che il giudizio di valore espresso dall'amministrazione è scientificamente inaccettabile (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 24 marzo 2020, n. 2061; id., sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3360)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 1517 del 28 giugno 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.