Il TAR Milano precisa che secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale – formatosi già sull’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, poi sostituito dall’art. 164 del d.lgs. n. 490 del 1999 e, attualmente, dall’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 – la sanzione pecuniaria di cui all’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004 si pone come alternativa alla sanzione di carattere reale della rimozione dell’opera realizzata senza autorizzazione paesaggistica, con scelta rimessa all’amministrazione preposta alla tutela del vincolo (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 8 gennaio 2020, n. 130; id., sez. IV, 31 agosto 2017, n. 4109). Si tratta pertanto di sanzione non avente carattere meramente afflittivo, ma anche riparatorio alternativo al ripristino dello status quo ante, tanto che, da un lato, essa viene ragguagliata al danno arrecato e al profitto conseguito mediante la trasgressione e, da altro lato, gli introiti da essa assicurati sono finalizzati ad interventi di salvaguardia e recupero dei valori ambientali. Partendo da queste premesse, la stessa giurisprudenza esclude che a tale sanzione siano applicabili le norme di cui alla legge n. 689 del 1981, ritenendo che essa, contrariamente da quanto previsto dall’art. 7 della legge n. 689 del 1981, sia trasmissibile agli eredi, e sia applicabile anche in assenza di dolo o colpa, contrariamente da quanto previsto dall’art. 3 della stessa legge (cfr. CGA 14 giugno 2021, n. 533; Consiglio di Stato, sez. II, 30 ottobre 2020, n. 6678).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2493 del 10 novembre 2021.
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