Il TAR Milano ribadisce che «le modificazioni in pejus delle precedenti destinazioni urbanistiche di un’area non richiedono una specifica motivazione neanche se incidono su singole aree (Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 1993, n. 642 in Cons. Stato, 1993, 1, 1261). Con ciò si intende dire che l'Amministrazione non è tenuta ad effettuare una comparazione tra gli interessi pubblici e i singoli interessi privati che vengono sacrificati in casi di modificazione in pejus del precedente assetto urbanistico. La mera aspettativa edificatoria del privato non può quindi costituire un limite alla soddisfazione degli interessi pubblici sottesi all'adozione della variante (Consiglio di Stato, sez. IV 1 ottobre 2004, n. 6401). In particolare non sussiste un affidamento tutelato neppure in caso di preesistente possibilità edificatoria, perché il mutamento di destinazione trova esauriente giustificazione, ai sensi dell’art. 10, comma 7, legge 17.8.1942, n. 1150, nelle “sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattuabilità del piano o la convenienza di migliorarlo” (Cons. Stato IV, 31.1.05 n. 25).
4.2 Né l’affidamento può fondarsi sul mero fatto che il lotto è stato edificato, potendosi configurare un affidamento qualificato del privato esclusivamente in presenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di concessione o ancora nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr., ex plurimis Cons. Stato IV, 9 maggio 2018, n. 2780; sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1197; sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4078; Ad. plen. n. 24 del 1999)”».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2046 del 30 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.