Il TAR Milano ritiene inammissibili le contestazioni rivolte alla proroga della validità di un Documento di Piano di un PGT che non ha innovato il contenuto dello stesso, ma ne ha semplicemente ampliato l’arco di durata temporale, senza alcuna rinnovata valutazione e in esecuzione di una facoltà espressamente prevista dall’art. 5, comma 5, della legge regionale n. 31 del 2014, come modificato con la legge regionale n. 16 del 2017. 
Osserva la riguardo che: «Del resto, a causa delle limitazioni imposte dal richiamato comma 4 del citato art. 5 – secondo il quale “fino all’adeguamento di cui al comma 3 [ovvero all’adeguamento del P.G.T. alle disposizioni della presente legge in seguito all’integrazione del P.T.R. e all’adeguamento dei P.T.C.P.] e, comunque, fino alla definizione nel PGT della soglia comunale del consumo di suolo, di cui all’articolo 8, comma 2, lettera b-ter), della l.r. 12/2005, come introdotto dall’articolo 3, comma 1, lettera h), della presente legge, i comuni possono approvare varianti generali o parziali del documento di piano e piani attuativi in variante al documento di piano, assicurando un bilancio ecologico del suolo non superiore a zero” – ai Comuni risultava impedita la piena esplicazione della propria potestà pianificatoria e quindi la possibilità di aggiornare liberamente il contenuto del Documento di Piano; conseguentemente, il legislatore regionale per evitare che, in attesa dell’adeguamento dei Piani regionali e provinciali alla normativa sulla riduzione del consumo di suolo, venisse meno la validità di uno degli atti fondamentali del P.G.T., ossia del Documento di Piano (avente una validità di cinque anni: art. 8, comma 4, della legge regionale n. 12 del 2005), ha ammesso la possibilità di prorogarne gli effetti fino all’adeguamento dei Piani di livello sovracomunale alla legge n. 31 del 2014. Tale opzione legislativa è vieppiù comprensibile se si considera che, nella versione precedente alla modifica introdotta dalla legge regionale n. 16 del 2017, il comma 4 dell’art. 5 della legge n. 31 del 2014 limitava ancora più sensibilmente il potere comunale di intervenire in sede pianificatoria (tuttavia tale disciplina è stata ritenuta costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 16 luglio 2019).
Risulta evidente che una tale proroga, ammessa dalla legge entro limiti ben precisi – sia temporali che contenutistici –, sebbene non obbligatoria, non consente di riaprire i termini processuali per mettere in discussione le scelte pianificatorie a suo tempo adottate, altrimenti verrebbe frustrata la stessa finalità di garantire la continuità della disciplina recata dal Documento di Piano, attraverso la possibile invalidazione – per via giurisdizionale – di quanto nello stesso contenuto ab origine. Tale interpretazione appare coerente con l’obiettivo perseguito dal legislatore regionale e non risulta in contrasto con i principi costituzionali, visto che rappresenta un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di garantire la continuità dell’azione amministrativa in ambito pianificatorio (ammettendo la proroga dei Documenti di Piano scaduti con una procedura semplificata) e le prerogative dei Comuni (che possono scegliere se prorogare o meno tale atto), non comprimendo eccessivamente e per un tempo troppo lungo la posizione degli amministrati (la proroga è limitata nel tempo e, per le sue caratteristiche, non consente di apportare modifiche al contenuto dell’atto prorogato)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2213 del 19 novembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.