Ricorda il Consiglio di Stato che nel processo amministrativo la rinuncia alla domanda non va confusa con la rinuncia agli atti del giudizio atteso che, nel caso di rinuncia agli atti del giudizio, si può parlare di estinzione del processo, cui consegue una pronuncia meramente processuale, potendo essere la domanda riproposta nel caso in cui siano ancora aperti i termini per far valere in giudizio la pretesa sostanziale; la rinuncia all’azione comporta, invece, una pronuncia con cui si prende atto di una volontà del ricorrente di rinunciare alla pretesa sostanziale dedotta in giudizio, con la conseguente inammissibilità di una riproposizione della domanda; in quest’ultimo caso non vi può essere estinzione del processo, in quanto la decisione implica una pronuncia di merito, cui consegue l’estinzione del diritto di azione, atteso che il giudice prende atto della volontà del ricorrente di rinunciare alla pretesa sostanziale dedotta nel processo; ne consegue, sempre per il Consiglio di Stato, che una volontà rinunciativa ex lege, quale quella derivante dall’applicazione dell’art. 101, comma 2, c.p.a. – ai sensi del quale “si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello” – non può assumere di per sé valenza di volontà di rinunciare alla pretesa sostanziale, con la conseguente limitazione dei relativi effetti al processo nell’ambito del quale si sia perfezionata e senza preclusioni di sorta in ordine alla riproposizione della relativa domanda in un altro contesto processuale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 5014 del 22 agosto 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.