Il Consiglio di Stato precisa che oggetto dei compiti di tutela dell’Amministrazione dei beni culturali previsti dall’art. 152  del D.Lgs n. 42/2004 nel caso di aperture di strade e di cave, di posa di condotte per impianti industriali e civili e di palificazioni sono i procedimenti autorizzatori  concernenti gli interventi descritti dalla norma, sia che si intenda realizzare gli stessi “nell’ambito” delle aree indicate dall’art. 136, sia che tali interventi si intendano realizzare “in vista” delle aree o “in prossimità” degli immobili indicati dal medesimo art. 136, ai quali occorre aggiungere anche i beni “tutelati per legge”, di cui all’art. 142 T.U.; sarebbe illogico che tale sistema di ulteriore protezione (indiretta) dei beni paesaggistici assistesse unicamente quelli sottoposti a dichiarazione di notevole interesse pubblico (le cui categorie sono contemplate dall'art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) e non invece i beni paesaggistici previsti dalla legge (art. 142), in cui il valore paesaggistico compendiato nel vincolo ex lege che li assiste è una qualità correlata originariamente al bene, non suscettibile di una protezione giuridica di minore intensità; quando vengono in rilievo opere infrastrutturali di grande impatto visivo il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella rinveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5191 del 4 settembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.