Il Consiglio di Stato precisa che qualunque impugnazione non può che riferirsi ad atti esistenti al momento della sua notificazione; la preclusione alla possibilità di impugnative a effetto ultrattivo - la cui portata possa estendersi, cioè, ad atti ad essa non contestuali, ma posteriori - non può essere aggirata, in caso di impugnazione di atti di una procedura di gara, neppure facendo leva sul carattere “derivato” dei vizi appuntati sul provvedimento di aggiudicazione, per ricavarne che l’aggiudicazione doveva intendersi contestata sulla base delle illegittimità dedotte nei confronti dei pregressi atti della procedura di gara; l’aggiudicazione definitiva non può essere, infatti, considerata come atto meramente confermativo o esecutivo, non necessitante di specifica impugnazione, trattandosi, al contrario, di provvedimento che, quand’anche recettivo dei risultati dell'aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova e autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti e, quindi, onera la parte interessata a contestarne gli effetti attraverso una specifica e autonoma impugnazione.


La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 569 del 26 gennaio 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.