Far decorrere un termine perentorio dalla mera indicazione degli estremi del titolo edilizio sul cartello di cantiere, senza che i soggetti terzi abbiano piena consapevolezza della portata lesiva delle opere, non appare rispettoso del diritto di difesa, come garantito sia dalla Costituzione (art. 24), sia dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (artt. 6 e 13), i cui principi fanno ormai parte del diritto dell’Unione Europea, dopo le novità introdotte dal Trattato di Lisbona del 13.12.2007 (cfr. legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato, n. 130 del 2.8.2008)

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025


Il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 14, comma 4, della L.R. n. 12 del 2005 per l’approvazione del piano attuativo non ha carattere perentorio, in mancanza di una espressa qualificazione normativa in termini di perentorietà, sicché il suo decorso non determina né la decadenza dell’amministrazione dal potere di provvedere né la formazione di provvedimenti taciti di assenso o di diniego. Peraltro, il carattere meramente ordinatorio e acceleratorio del termine non comporta che la sua violazione possa ritenersi giuridicamente neutra o irrilevante; trattandosi di un termine legale di conclusione del procedimento, evidentemente finalizzato a prevenire ingiustificate inerzie della P.A. e a garantire tempi tendenzialmente certi di conclusione del procedimento, la sua inosservanza cristallizza di per sé un inadempimento dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 2, comma 1, L. 241/90; peraltro, l’obbligo di “concludere il procedimento” di approvazione del Piano attuativo non significa obbligo di “approvare” il piano attuativo, venendo in considerazione un atto per nulla vincolato nel proprio contenuto, ma espressione, al contrario, dell’ampia discrezionalità dell’amministrazione comunale nella gestione del proprio territorio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 675 del 16 luglio 2025


Per ritenere configurabile un obbligo giuridico di provvedere in capo all’amministrazione, deve sussistere uno specifico obbligo giuridico di provvedere e quindi l’attività non deve essere discrezionale nell’an; siffatto obbligo deve avere ad oggetto l’esercizio di un potere pubblico – e non di autonomia negoziale - e il potere deve incidere su di una posizione giuridica qualificata e differenziata, a prescindere dalla natura del potere (discrezionale, di programmazione, di pianificazione) o dei caratteri dell’atto (puntuale o generale) (fattispecie in materia di richiesta di correzione di errore materiale e di rettifica del P.G.T. in riferimento all'esatta determinazione delle fasce di rispetto e delle fasce di salvaguardia).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2776 del 28 luglio 2025


Il principio di equivalenza consente di rendere ammissibili quelle offerte caratterizzate da prestazioni con specifiche tecniche non identiche ma simili a quelli richieste dalla lex specialis in quanto comunque idonee al soddisfacimento di una specifica esigenza della stazione appaltante. Ai fini dell’ammissibilità del giudizio di equivalenza occorre distinguere tra requisiti minimi strutturali e funzionali. La verifica di equivalenza è ammessa per quest’ultima tipologia di requisiti, in quanto funzionali ad assicurare l’interesse cui è preordinata la commessa. I requisiti minimi c.d. strutturali sono invece richiesti per delimitare tassativamente la tipologia di dispositivo richiesto, senza possibilità di giudizio di equivalenza. La qualificazione in “termini "strutturali" o "funzionali" di un requisito minimo prescritto dalla legge di gara non dipende tuttavia dalla natura del requisito in sé considerata, bensì dall'esistenza o meno nella lex specialis dell'esplicitazione delle finalità e dei bisogni dell'amministrazione che la previsione di una determinata caratteristica tecnica è destinata a soddisfare.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2759 del 24 luglio 2025


Il TAR Milano esamina la legittimità di una disposizione di servizio di un Comune che qualifica come nuova costruzione (e non ristrutturazione edilizia) l'intervento di demolizione e ricostruzione nel caso in cui manchi qualsiasi “traccia” dell’immobile preesistente (in particolare, in via esemplificativa e non esaustiva, sotto il profilo strutturale o funzionale, delle giaciture preesistenti, delle altezze preesistenti); il Collegio ritiene che l’interpretazione fornita dalla disposizione di servizio all’art. 3, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001 debba considerarsi corretta, con conseguente irrilevanza delle ragioni che hanno determinato l’Amministrazione comunale a emanare tale atto (nella fattispecie collegate a delle vicende di natura penale; ragioni che peraltro, per il TAR, appaiono comprensibili e compatibili con l’interesse pubblico posto che non avrebbe senso autorizzare interventi edilizi considerati, dal giudice penale, in contrasto con legge penale).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2757 del 23 luglio 2025


La previsione dell’art. 41, quinquies, comma 6, della L. n. 1150/1942 richiede la previa approvazione di apposito piano attuativo per la realizzazione di edifici aventi altezza superiore a 25 metri; tuttavia, l’esigenza della pianificazione attuativa, quale presupposto per rilascio del permesso di costruire relativo a fabbricati, si rende necessaria quando si tratta di asservire per la prima volta un’area non ancora urbanizzata, o per raccordarne l’edificazione al tessuto insediativo esistente, valutando la realizzazione o potenziamento di opere, urbanizzazioni e servizi necessari collettivi. La necessità della pianificazione attuativa è da escludersi in presenza di una zona già completamente urbanizzata, quando la situazione di fatto evidenzi una completa edificazione dell’area, tale da renderla incompatibile con un piano attuativo. Al Comune spetta un amplissimo margine di discrezionalità nella valutazione della congruità del grado di urbanizzazione. Il sindacato giurisdizionale sotto tale profilo risulta relegato al riscontro della palese illogicità e irragionevolezza delle determinazioni assunte o al rilievo di errori di fatto idonei a inficiare le determinazioni assunte.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2747 del 22 luglio 2025  (per una lettura diversa della disposizione dell'art. 41 quinquies, comma 6, della L. n. 1150/1942 cfr. Cassazione penale, Sez. III, n. 26620 del 21 luglio 2025)


Il provvedimento amministrativo, preceduto da esaurienti atti istruttori, può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo a tali atti, in quanto in tal modo l'autorità emanante esplicita l'intenzione di fare propri gli esiti dell'istruttoria condotta, ponendoli a base della determinazione adottata; in tal modo, la motivazione è esaustiva perché dal complesso degli atti del procedimento sono evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione, in modo da consentire, non solo al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall'ordinamento, ma anche al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 651 dell'8 luglio 2025


È inammissibile, per genericità e violazione dell’art. 40 c.p.a., il ricorso nel quale il ricorrente si limita a esporre una sintetica e indistinta ricostruzione in fatto dei principali accadimenti della vicenda, senza tuttavia articolare alcuna autonoma censura nei confronti del provvedimento impugnato e senza sviluppare una motivata critica rispetto alle ragioni poste alla base delle decisioni dell’amministrazione. In detti termini, la lettura non consente di comprendere quali sarebbero i profili di illegittimità dell’atto oggetto di impugnazione, per cui risulta conseguentemente violato il principio di specificità dei motivi di gravame, i quali, pur se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, devono essere esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale. Parimenti inammissibile è il gravame redatto in violazione della regola che impone di esporre “distintamente” i fatti e motivi di doglianza, mancando una simile separata strutturazione il ricorso si risolve in un’unitaria e generica narrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2736 del 21 luglio 2025


La richiesta di autorizzazione alla notifica per pubblici non consente di superare quanto disposto dall’art. 41, comma 2, c.p.a., in quanto deve ritenersi ostativa all’integrazione del contraddittorio, di cui all’art. 49 c.p.a., l’omessa notifica del ricorso ad almeno uno dei controinteressati. Tale adempimento costituisce, infatti, condizione di ammissibilità del ricorso e assume il ruolo di essenziale e imprescindibile preliminare adempimento, la cui mancanza non è sanabile mediante la sola richiesta di notifica per pubblici proclami.

TAR Lombardia, Milano Sez. V, n. 2728 del 18 luglio 2025


È onere dei destinatari dell’ingiunzione dimostrare la risalenza del fabbricato non incombendo sul comune alcun onere istruttorio in tale senso, in quanto solo il privato può fornire (atteso che ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione degli interventi, anche per dimostrare la consistenza originaria dell'immobile abusivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1906 del 3 giugno 2025


In caso di mancato adempimento all'ordine di demolizione, il passaggio della proprietà in capo al Comune costituisce acquisto a titolo originario, senza che possa rilevare sotto tale profilo l’eventuale successivo accertamento della proprietà in capo ad altro soggetto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 562 del 18 giugno 2025


La manifestazione di volontà implicita o presunta ricorre allorquando la volontà provvedimentale può desumersi in modo inequivoco, rispettivamente, da un comportamento tenuto dall’amministrazione o da un provvedimento espresso emanato dall’amministrazione. I presupposti al ricorrere dei quali sussiste la manifestazione di volontà implicita o presunta, e quindi il provvedimento implicito cui fa capo quella volontà, sono i seguenti: i) non vi deve essere una disposizione di legge che prevede una manifestazione espressa della volontà provvedimentale e che quindi prescrive una data forma quale elemento costitutivo del provvedimento (principio di libertà delle forme); ii) deve esservi l’espressione all’esterno di un contegno amministrativo che può consistere in un comportamento materiale o procedimentale oppure in un provvedimento espresso proveniente dalla stessa amministrazione a cui si intende imputare la manifestazione di volontà provvedimentale implicita o presunta sulla cui base verificare la costruzione della fattispecie (esteriorizzazione); iii) il contegno amministrativo esterno deve promanare dall’organo competente ad esprimere la volontà amministrativa implicita o presunta (competenza); iv) il contegno amministrativo (presupponente) deve essere conseguenza necessaria dell’atto implicito (presupposto) nel senso che il primo non potrebbero essere posto in essere se non sulla base di una pregressa manifestazione di volontà provvedimentale implicita o presunta dell’organo amministrativo (rapporto di condizionamento); v) il provvedimento implicito deve essere l’unica conseguenza possibile della presunta manifestazione di volontà (univocità).

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2678 del 15 luglio 2025


La mera richiesta volta ad ottenere delucidazioni sulla interpretazione dell'offerta tecnica non comporta che i chiarimenti resi costituiscano una modifica dell'offerta presentata in gara, se essi sono limitati a specificare la portata di elementi già interamente contenuti nella stessa offerta. La facoltà di cui all’art. 101, comma 3 del Codice dei contratti pubblici, definita come “soccorso procedimentale”, consente alla stazione appaltante di sollecitare chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica, al fine di dirimere le eventuali ambiguità riscontrate sulla portata dell’impegno negoziale assunto dal concorrente e di evitare, nel rispetto della par condicio competitorum, eccessivi formalismi nell’applicazione delle regole della gara.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1 del 4 gennaio 2025


È tardiva la memoria depositata alle ore 12:14 dell'ultimo giorno consentito, ovverosia oltre le ore 12.00, cui fa riferimento l’art. 4, comma 4, all. 2 c.p.a., per cui tale memoria che non può essere esaminata. Infatti, l’apparente antinomia, rilevabile tra il primo ed il terzo periodo dell'art. 4, comma 4, delle disposizioni di attuazione al c.p.a., va risolta nel senso che il termine delle ore 24.00 per il deposito degli atti di parte vale solo per quegli atti processuali che non siano depositati in vista di una camera di consiglio o di un’udienza di cui sia (in quel momento) già fissata o già nota la data. Invece, in presenza di una camera di consiglio o di un’udienza già fissata, il deposito effettuato oltre le ore 12.00 dell'ultimo giorno utile è inammissibile.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 657 dell'11 luglio 2025



Il presupposto di applicazione dell'art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 deve ravvisarsi nell'utilizzo di un bene privato da parte della PA "senza titolo", per non essere mai stato emesso il regolare decreto di esproprio. Sebbene la norma citata non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può sempre sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento e quest'ultima ha l'obbligo di provvedere al riguardo adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 641 del 4 luglio 2025


In materia di fonti energetiche rinnovabili, la giurisprudenza amministrativa riconosce che la normativa statale e sovranazionale che regola la materia manifesta un favor per l’allestimento di tali risorse, ponendo le condizioni per una adeguata diffusione dei relativi impianti produttivi, ciò in quanto la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici. Ciò non significa, tuttavia, che l’interesse pubblico alla realizzazione di siffatti impianti debba sistematicamente risultare prevalente rispetto alla tutela dell’interesse paesaggistico o culturale, determinando l’illegittimità di qualsiasi provvedimento che ne vieti l’installazione in zone vincolate, ma impone in capo all’Amministrazione un più incisivo e stringente obbligo motivazionale che dia evidenza di aver operato un effettivo bilanciamento dei vari interessi in gioco.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 645 del 7 luglio 2025


L'accertamento del mancato versamento, o l’illegittimità della quantificazione, delle somme richieste a titolo di monetizzazione, in luogo della cessione degli standard urbanistici, è espressione di potestà autoritativa. Si tratta di elemento condizionante la legittimità del titolo. Trattandosi di un presupposto di legittimità direttamente afferente ad una SCIA, il mancato versamento della monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard deve essere rilevato mediante l’esercizio di poteri autoritativi, entro il termine di cui all’art. 19 comma 6 bis della L.241/1990, o mediante l’esercizio del potere di autotutela, nei termini e alle condizioni di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/1990.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2562 del 7 luglio 2025


In caso di spontanea esecuzione dell'ordine di demolizione il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Infatti, la rimozione delle opere invera una situazione in fatto e in diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al tempo della proposizione dell’impugnazione, tale da escludere che la sentenza di merito possa conservare una qualsiasi utilità residua.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 638 del 4 luglio 2025


Non deve essere immediatamente impugnato un bando di gara (o gli atti equipollenti di avvio di una procedura comparativa) che non contenga clausole impeditive della partecipazione alla selezione, sorgendo tale onere soltanto alla conclusione della procedura in capo ai concorrenti non aggiudicatari. L’impugnazione immediata del bando, o di alcune sue clausole, rappresenta pertanto l’eccezione, visto che al momento dell’avvio della procedura, di regola, la lesione per il soggetto concorrente è potenziale, assumendo la stessa i caratteri della concretezza e dell’attualità, di norma, soltanto a conclusione della gara o all’atto dell’esclusione dal prosieguo della selezione. Pur essendo stata fornita dalla giurisprudenza una nozione alquanto ampia di clausola di natura escludente, nondimeno ne è stata ribadita la portata tassativa, al fine di non snaturare i presupposti necessari per poter avviare un’azione giudiziale, caratterizzata, in linea generale, dalla personalità e dal principio dispositivo, nonché dall’attualità e dalla concretezza dell’interesse azionato. Da ciò discende l’ulteriore corollario che la partecipazione alla procedura (o anche la presentazione della domanda) non costituisce affatto acquiescenza alle regole previste dall’Amministrazione procedente e non impedisce la proposizione di un eventuale gravame rivolto avverso gli atti della procedura all’esito del suo espletamento, visto che proprio la partecipazione alla gara costituisce il presupposto (indefettibile) per procedere alla contestazione dei suoi esiti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2498 del 1 luglio 2025


Non sussiste, di regola e in via generale, alcun obbligo per la P.A. di avviare e concludere un procedimento in autotutela – salvi i casi, di natura eccezionale, in cui la stessa sia doverosa o quando emergano ragioni di giustizia e di equità – tenuto conto che le istanze dei privati volte a chiedere l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione hanno una funzione di mera denuncia o sollecitazione e non creano in capo alla medesima Amministrazione alcun obbligo di provvedere, non dando luogo a formazione di silenzio inadempimento in caso di mancata definizione dell’istanza.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2516 del 2 luglio 2025


La D.G.R. 25 settembre 2017 n. 10/7117 prevede che le serre mobili, destinate ad uso temporaneo, siano installate senza necessità di un permesso di costruire, a condizione che siano realizzate senza opere murarie fuori terra. Tali serre, pur rientrando nell’edilizia libera, devono però rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, le altre normative di settore, aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia, nonché le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 42 del 2004.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 475 del 29 maggio 2025


L’art. 87-bis del d.lgs. 259/2003 -  che disciplina il procedimento semplificato finalizzato al conseguimento del titolo necessario per la realizzazione di interventi di adeguamento tecnologico su impianti di radiotelefonia esistenti -  stabilisce che è sufficiente la presentazione al comune di una segnalazione certificata di inizio attività la quale perde efficacia solo nel caso in cui, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione stessa, intervenga un provvedimento di diniego comunale o dell’organo preposto alle funzioni di controllo e di vigilanza in materia sanitaria e ambientale. Deve quindi ritenersi che, una volta decorso il termine di 30 giorni, le amministrazioni interessate possano intervenire esclusivamente esercitando il potere previsto dall’art. 19, comma 4, della legge n. 241 del 1990 e, quindi,  inibire gli effetti della SCIA ma solo in presenza delle condizioni previste dal successivo art. 21-nonies e cioè solo nel caso in cui si debba tutelare un superiore interesse pubblico, diverso da quello al mero rispristino della legalità violata, di cui occorre dare conto nella motivazione del provvedimento.

TAR Lombardia, Milano, III, n. 2420 del 26 giugno 2025


Costituisce regola generale – da ritenersi valida anche nel vigore del d.lgs. n. 36/2023 - quella secondo cui la stazione appaltante che sia venuta a conoscenza di condotte astrattamente ascrivili alle cause non automatiche di esclusione deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione. Questa regola incontra un’eccezione nelle ipotesi in cui le questioni siano di rilevante pregnanza e sorgano sul punto specifiche contestazioni nella fase procedimentale con la conseguenza che la stazione appaltante non può esimersi da rendere esplicite le ragioni per le quali abbia comunque apprezzato l’impresa come affidabile. Anche con specifico riferimento alle misure c.d. di self cleaning, un obbligo di motivazione sussiste solamente nel caso in cui esse sia ritenute “intempestive o insufficienti”, così come previsto all’art. 96, c. 6, d.lgs. n. 36/2023.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2456 del 28 giugno 2025