Al fine di assicurare massima tutela al principio della par condicio dei concorrenti, nell’interpretare la lex specialis, occorre attenersi rigidamente al criterio letterale. Ne consegue che, se il bando contiene clausole il cui significato letterale sia chiaro, all’interprete non resta altro che attribuire a tali clausole il predetto significato, e ciò anche nel caso in cui quest’ultimo possa portare a risultati illogici. In queste ipotesi infatti il rimedio non può consistere nel dare alla clausola il significato logico non aderente al dato letterale posto che, così facendo, verrebbe compromesso il principio della par condicio. I rimedi percorribili possono quindi essere o l’intervento in autotutela da parte della stazione appaltante, volto a emendare il bando, oppure l’impugnazione di quest’ultimo da parte del concorrente che si ritenga da esso pregiudicato. Ciò precisato, qualora la clausola del bando abbia invece un tenore letterale ambiguo, l’amministrazione può intervenire mediante chiarimenti i quali si qualificano come una sorta di interpretazione autentica con cui la stazione appaltante chiarisce la propria volontà, in un primo momento poco intellegibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis. Solo nel caso in cui il tenore letterale del bando sia chiaro e il chiarimento sia in contrasto con esso, il chiarimento stesso potrà essere disapplicato.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 163 del 16 gennaio 2025