Il TAR Brescia ricorda che, secondo i principi espressi in materia dalla giurisprudenza, il diniego di autorizzazione paesaggistica anche in sanatoria non può limitarsi a contenere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del rigetto dell'istanza ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell'area interessata dall'apposizione del vincolo. Non basta, quindi, la motivazione del diniego fondata su una generica incompatibilità, non potendo l'Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate. Ciò premesso il TAR annulla un diniego dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, in quanto si limitano a ritenere l’intervento oggetto dell’istanza non compatibile con le finalità del vincolo paesaggistico senza esplicitare le ragioni di tale contrasto. Sotto tale profilo, la motivazione risulta meramente apparente in quanto indica le sole conclusioni della determinazione dell’Amministrazione – ovvero il giudizio di non compatibilità con le finalità di tutela ambientale imposte dai vincoli paesaggistici e la prescrizione di ripristinare il cartello con le dimensioni originariamente autorizzate – ma non espone, invece, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che l’hanno determinata in relazione alle risultanze dell'istruttoria, come richiesto dall’art. 3 l. n. 241/1990.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 664 del 26 luglio 2024


Il TAR Brescia ricorda che il quadro normativo di riferimento consente, a determinate condizioni, alle Amministrazioni pubbliche di non avvalersi delle convenzioni Consip. In particolare, l’art. 1, comma 1, d.l. n. 95/2012 prevede infatti una deroga all’obbligo di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip nel caso in cui “…il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., ed a condizione che tra l'amministrazione interessata e l'impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza”, e l’art. 1, comma 510 l. n. 208/2015 prevede che “Le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall'organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell'amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali”.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 714 del 26 agosto 2024


Il TAR Brescia osserva che le categorie edilizie non sono sovrapponibili a quelle paesistiche. Nella valutazione paesistica, infatti, sono essenziali tutte le variazioni che impattano sul paesaggio, anche se urbanisticamente formano solo volumi accessori o tecnici, e dunque anche se non consumano gli indici edilizi. Pertanto, l’autonomia della valutazione paesistica giustifica l’ordine di demolizione anche per strutture minori sotto il profilo edilizio.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 713 del 21 agosto 2024


Il TAR Brescia osserva che anche se per le opere pubbliche (categoria estesa alle opere di interesse generale) non è necessario il rilascio di uno specifico titolo edilizio una volta che il progetto esecutivo sia stato approvato dall’amministrazione (nel caso in esame peraltro l’approvazione si è fermata al progetto preliminare), questo non esime dall’obbligo di allegare tutti gli studi tecnici richiesti a livello di permesso di costruire, compresi quelli relativi alla prevenzione dell’inquinamento acustico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 712 del 19 agosto 2024


Il TAR Milano ricorda che la precarietà di un manufatto, la cui realizzazione non necessita di titolo edilizio, non comportando una trasformazione del territorio, non dipende dalla sua facile rimovibilità, ma dalla temporaneità della funzione, in relazione ad esigenze di natura contingente. La precarietà va, pertanto, esclusa quando si tratta di opere destinate a dare un’utilità prolungata nel tempo (nella fattispecie si trattava di un container, due roulotte e una piscina destinati ad uso abitativo, uso incompatibile con la destinazione agricola dell’area).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2010 del 28 giugno 2024


Il TAR Milano precisa che secondo l’art. 146, comma 4, del D. Lgs. n. 42 del 2004, l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, ovvero l’autorizzazione paesaggistica rappresenta un presupposto essenziale e indefettibile per il legittimo mantenimento di un’opera edilizia. Quindi, in assenza del previo ottenimento della autorizzazione paesaggistica, risulta legittima (e atto dovuto) l’adozione dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, visto che la mancata preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica non incide sulla legittimità del titolo edilizio ma sulla sua efficacia, con la conseguenza che i lavori non possono essere iniziati, finché non intervenga il nulla osta de quo. Ciò trova supporto nella consolidata giurisprudenza, secondo la quale la mancanza di autorizzazione paesaggistica rende di fatto le opere ineseguibili e giustifica, in caso di realizzazione, provvedimenti inibitori e sanzionatori in quanto realizzati in violazione del divieto di cui all’art. 146, comma 2, del D.lgs. n. 42/2004 e, di fatto, in assenza di un titolo autorizzativo; correlativamente il titolo edilizio nel frattempo eventualmente rilasciato, in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non è invalido, ma è inefficace.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2350 del 5 agosto 2024


Il TAR Milano ritiene inammissibile la pretesa della ricorrente di svolgere un sindacato di merito su una valutazione tecnica, qual è quella afferente alla materia di “impatto acustico” (nella fattispecie riferita alla modifica di una attività di trattenimento danzante). Per il TAR, parte ricorrente, senza evidenziare profili di manifesta irragionevolezza o inattendibilità tecnica delle valutazioni poste dall’Amministrazione a fondamento della revoca di una licenza per l'esercizio dell'attività di trattenimenti danzanti, effettua una propria, duplice valutazione sostitutiva: da un lato, quella volta a ridurre, selezionandole a proprio, opinabile giudizio, le modifiche rilevanti a fini acustici, dall’altro, quella volta a decretare la irrilevanza a fini acustici delle modifiche così selezionate; il tutto, senza addurre alcun argomento idoneo ad intaccare, sul piano dell’attendibilità tecnica, le valutazioni effettuate dalla P.A. Sennonché, tali valutazioni sostitutive sono precluse al giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, in quanto si traducono in un inammissibile sindacato di merito, volto a sostituire una soluzione tecnicamente opinabile con un'altra, altrettanto opinabile. Il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica, in sede di giurisdizione generale di legittimità, non può spingersi fino al c.d. merito amministrativo, essendo limitato alla sola verifica dei profili di ragionevolezza o di attendibilità tecnica, qui non dedotti e, comunque, per quanto di seguito esposto, insussistenti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2357 del 13 agosto 2024


Il TAR Brescia con riferimento alla riconducibilità o meno di una attività di allevamento di suini all’attività agricola osserva che se pure è vero che nell’organizzazione aziendale il fondo agricolo non verrà direttamente utilizzato per l’esercizio dell’attività di allevamento, svolgendosi quest’ultima esclusivamente all’interno di capannoni, ciò non toglie che l’attività in questione sarà comunque diretta “alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso” dei suini; il che è sufficiente a connotare l’attività di impresa come “agricola”, alla luce della nuova formulazione dell’art. 2315 c.c. introdotta dall’art. 1 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 228; ciò che contraddistingue l’impresa agricola e la distingue dalle altre tipologie di impresa non è più il necessario collegamento con un fondo agricolo, ridotto dalla norma a mera “possibilità”, bensì la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 675 del 29 luglio 2024


Il TAR Brescia, a fronte di un piano di recupero in forza del quale è stato realizzato un intervento edilizio annullato dallo stesso TAR sul rilievo che la variante parziale allo strumento urbanistico sottesa all’intervento non avrebbe potuto essere approvata con la procedura semplificata di cui all’art. 2 comma 2 lett. d) della L.R. n. 23/1997, ma avrebbe richiesto l’attivazione della procedura ordinaria, osserva che si tratta di un vizio meramente formale, e non sostanziale, della procedura autorizzativa che l’amministrazione avrebbe potuto sanarlo con lo strumento eccezionale di cui all’art. 38 TUE, diretto a tutelare il legittimo affidamento indotto nel privato dal rilascio del titolo edilizio allorché quest’ultimo sia affetto da vizi meramente formali, soprattutto allorché questi ultimi – come nel caso di specie – siano imputabili unicamente alla stessa amministrazione comunale. Quella che viene in considerazione è, in sostanza, una forma speciale di convalida del provvedimento amministrativo viziato che, per espressa previsione di legge, può intervenire eccezionalmente dopo l’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento viziato, in presenza di vizi meramente formali; come ogni provvedimento di convalida, quello adottato dall’amministrazione ai sensi dell’art. 38 T.U.E., al fine di rimuovere i vizi formali che abbiano inficiato la legittimità della procedura amministrativa produce per sua natura effetti retroattivi, rendendo legittimi i titoli edilizi (nel caso di specie, il piano di recupero e il successivo permesso di costruire) sin dall’origine, senza quindi la necessità di richiedere ulteriori condoni o sanatorie.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 690 del 2 agosto 2024


Il TAR Brescia osserva che ogni progetto di stazione radio base deve essere valutato per l’impatto marginale sul paesaggio o su un singolo bene culturale collocato nel contesto, verificando se il sacrificio che inevitabilmente viene inflitto all’elemento di pregio rimanga entro i limiti della tollerabilità; con riguardo a un vincolo paesistico riferito a uno scenario aperto, la stazione radio base rileva essenzialmente per l’altezza del palo o del traliccio, la quale presenta dei vincoli tecnici, in quanto deve essere adeguata all’area da servire. È evidente che se si considerasse ostativa la percezione del palo o del traliccio da parte di un osservatore collocato a notevole distanza verrebbe introdotta una sorta di opzione zero, in quanto un’infrastruttura di 36 metri, come quella oggetto del giudizio, non potrebbe mai essere cancellata dal campo visivo; una tutela così ampia sarebbe però eccessiva, perché gli impianti di telecomunicazione sono ormai una componente necessaria del paesaggio, e dunque non sono più percepibili come un disturbo alla fruizione estetica, essendovi la consapevolezza collettiva che per ragioni funzionali e di sicurezza nessuna parte del territorio può essere sottratta alle connessioni di rete. La vigilanza dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico si sposta quindi inevitabilmente sulla quantificazione dell’ingombro visivo e sulle modalità di realizzazione, ai fini del contenimento ma non della cancellazione dell’effetto sul paesaggio; osservando da questa prospettiva il problema dell’altezza, un sintomo di sproporzione potrebbe emergere solo se si potesse dimostrare che la progettazione dell’impianto si discosta dalle soluzioni tecniche normalmente praticate dagli operatori del settore, o prevede strutture aggiuntive che incrementano senza necessità lo spazio occupato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 674 del 29 luglio 2024


Il TAR Milano osserva in via generale che, ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989, il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza. Il c.d. DASPO costituisce una misura di prevenzione che presuppone la pericolosità sociale e non già la commissione di un reato; per la sua adozione è sufficiente l'accertamento di un fumus di attribuibilità alla persona sottoposta alla misura delle condotte rilevanti, al fine della verifica della pericolosità del soggetto. Il divieto di accesso agli impianti sportivi può essere imposto non solo nel caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo; detto potere si connota infatti di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto. Come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l'ordine pubblico, deve valere la logica del "più probabile che non", non richiedendosi, anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del DASPO, ma appunto una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2352 del 6 agosto 2024


Il TAR Brescia premette che nei procedimenti di natura concorsuale l'insussistenza di controinteressati si verifica solo allorquando l'impugnazione sia proposta anteriormente all'approvazione della graduatoria; diversamente, nei casi in cui l'impugnazione avvenga successivamente all'emanazione dell'atto conclusivo del procedimento, il ricorso deve essere notificato - ai fini della sua ammissibilità - ad almeno un controinteressato ex art. 41, comma 2, c.p.a. Ciò premesso il TAR dichiara inammissibile un ricorso in quanto notificato al candidato collocato in graduatoria in posizione non utile e che, al momento della proposizione del ricorso, non vantava una posizione giuridica qualificata alla conservazione del decreto di nomina impugnato; il semplice collocamento in graduatoria come idoneo non conferisce un attuale interesse sostanziale alla conservazione della procedura e così della relativa graduatoria: ciò sussiste solo in caso di collocamento in una posizione utile per l’assunzione; il soggetto collocato come idoneo ha una semplice aspettativa di fatto non tutelabile e, paradossalmente, potrebbe avere un interesse, sempre di fatto, alla rinnovazione dell’intera procedura, da cui potrebbe scaturire un esito per lui più vantaggioso.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 695 del 5 agosto 2024


Il TAR Brescia, osservato che, secondo la più recente giurisprudenza il dispositivo tecnico denominato ‘silenzio-assenso' risponde a una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia ‘equivale' a provvedimento di accoglimento e gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell'atto amministrativo. Con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l'altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della P.A. (fattispecie relativa al procedimento di cui all’art. 44 comma 10 del d.lgs. n. 259/2003 per le istanze di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 703 del 6 agosto 2024



Sul B.U.R.L., Supplemento n. 33 del 12 agosto 2024, è pubblicata la legge regionale 8 agosto 2024 n. 15 “Disciplina degli insediamenti logistici di rilevanza sovracomunale” che reca i criteri, gli indirizzi e le modalità per la localizzazione degli insediamenti logistici di rilevanza sovracomunale, nel rispetto, in particolare, della tutela dell’ambiente, incluso quello urbano, e della salute pubblica, nonché in coerenza con gli obiettivi di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana. La l.r. n. 15/2024 contiene anche modifiche agli articoli 15, 18 e 20 della l.r. n. 12/2005.


Il TAR Milano ricorda che, ai sensi del terzo e quarto periodo dell’art. 3, lett. d), del d.P.R. n. 380 del 2001, come modificato dall’art. 10 del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla l. n. 120 del 2020, rientrano nell’ambito concettuale della ristrutturazione edilizia anche quegli interventi che comportano la realizzazione di un edificio diverso, rispetto a quello demolito, per sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. Ciò precisato, il TAR osserva che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, nonostante l’ampia formulazione delle suindicata disposizione, si fuoriesce dall’ambito della ristrutturazione edilizia e si rientra in quello della nuova costruzione quando fra il precedente edificio e quello da realizzare al suo posto non vi sia alcuna continuità, producendo il nuovo intervento un rinnovo del carico urbanistico che non presenta più alcuna correlazione con l’edificazione precedente (nel caso in esame l’intervento consiste nella demolizione di un vecchio fabbricato adibito a laboratorio-deposito e nella realizzazione in suo luogo di una palazzina residenziale avente due piani fuori terra e un piano seminterrato; secondo il Collegio, il nuovo edificio, sia per le sue caratteristiche strutturali sia per la funzione cui è adibito la quale introduce un rinnovato carico urbanistico del tutto diverso da quello prodotto dal precedente edificio, non può che essere considerato alla stregua di una nuova costruzione).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2353 del 7 agosto 2024


Il TAR Brescia ritiene illegittima una previsione pianificatoria contenuta nello strumento urbanistico comunale o nel regolamento di igiene, la quale introduca un divieto assoluto e generalizzato di insediamento di industrie insalubri di I classe in aree classificate come “produttive” e destinate per loro natura all’insediamento di impianti industriali o ad essi assimilati; ciò in quanto la valutazione dell'attività produttiva sotto il profilo sanitario non può essere compiuta aprioristicamente vietando in modo generalizzato determinati insediamenti, ma deve essere compiuta sul caso specifico da parte dell'autorità sanitaria e delle altre autorità preposte alla tutela ambientale, accertando la presenza delle condizioni indispensabili affinché essa si svolga senza pregiudizio per la salute pubblica Il Collegio ricorda che l'installazione nell'abitato (o in prossimità di questo) di una industria insalubre non è di per sé vietato in assoluto, dal momento che lo stesso art. 216 del T.U.L.S. n.1265 del 1934 lo consente in determinate circostanze e in particolari condizioni, se accompagnato dall'introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato. Ciò in quanto l’art. 216 comma 5 del RD 1265/1934 consente che una lavorazione insalubre di prima classe venga esercitata in un contesto abitato, se con “l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele” è possibile evitare rischi per la salute dei residenti. Reciprocamente, quindi, le zone edificabili possono essere avvicinate alle attività insalubri, salva la necessità di valutare, poi, in relazione ai singoli progetti, le soluzioni più adatte a evitare interferenze.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 702 del 6 agosto 2024


Il TAR Brescia aderisce alla recente giurisprudenza amministrativa, anche dello stesso Tribunale, secondo la quale la presentazione dell’istanza di sanatoria non comporta l’inefficacia del provvedimento sanzionatorio pregresso, ma la mera sospensione dei suoi effetti, sicché, respinta la sanatoria, la demolizione temporaneamente inefficace in pendenza del procedimento di sanatoria, riprende vigore.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 615 del 8 luglio 2024


Il TAR Milano osserva che è vero che la normativa vigente attribuisce carattere prioritario all'esigenza di assicurare la realizzazione di infrastrutture di telefonia mobile, tanto che, ai sensi del d.lgs. n. 259 del 2003, le stesse sono considerate opere di pubblica utilità e sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, potendo essere collocate in qualsivoglia zona del territorio comunale e a prescindere dalla sua destinazione funzionale, in modo che sia realizzato un servizio capillare. Dall’altro lato, il TAR precisa che la ricorrente vorrebbe collocare l’antenna in una zona del territorio che è già conformata e attualmente destinata integralmente a parcheggio, tant’è che il progetto prevedrebbe la sottrazione di una parte di tale parcheggio all’uso pubblico per l’installazione dell’antenna. Nella fattispecie, non si tratta quindi di valutare l’astratta compatibilità dell’installazione di un’antenna in una zona destinata a standard non ancora realizzati, il che imporrebbe al Comune di valutare l’astratta compatibilità dell’opera o la ricollocazione degli standard inizialmente previsti in quel sito in altra parte del territorio. L’orientamento giurisprudenziale sopra citato non è invece utilmente invocabile in casi in cui il territorio sia già integralmente conformato e l’antenna in progetto sia incompatibile con le altre opere di urbanizzazione presenti nel sito.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2331 del 29 luglio 2024


Il TAR Milano ricorda in generale che, per la giurisprudenza, la piscina, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire. Nella fattispecie oggetto di giudizio il TAR esclude la natura di pertinenza urbanistica di una piscina per le sue dimensioni (una porzione pari a 10,10 metri per 6,10 metri cui si somma una porzione che misura 1,95 metri per 4,65 metri, con una profondità pari a 1,20 m.), per le caratteristiche costruttive che hanno portato ad un’alterazione significativa dell’assetto del territorio (la vasca è costituita una struttura in acciaio zincato imbullonato rivestito con pannello in cartongesso che sporge dalla quota del terreno per 0,65 metri) e per l’autonomia funzionale rispetto al fabbricato di proprietà dei ricorrenti, stante l’utilizzo di un’area diversa e ulteriore rispetto a quella occupata dall’abitazione, da cui è separata da una strada pubblica, e dotata di un accesso diretto e indipendente.


TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1992 del 27 giugno 2024


In un ricorso contro un PTCP, è stata eccepita la sopravvenuta carenza di interesse per mancata impugnazione di una variante al PTCP adottata in corso di causa, che ha riprodotto l’inserimento dell’area nella rete ecologia provinciale. Il TAR Brescia ritiene che la mancata impugnazione della variante al PTCP non determini l’improcedibilità del ricorso, in quanto tale variante era finalizzata al mero aggiornamento dello strumento urbanistico; in effetti, il PTCP, in quanto strumento dinamico di indirizzo territoriale, richiede progressivi aggiornamenti per essere costantemente adeguato ai contenuti degli atti di programmazione e pianificazione sovraordinati. Le varianti di aggiornamento, previste dallo stesso PTCP sono il veicolo che, da un lato, permette il recepimento delle previsioni del livello pianificatorio superiore e delle sopravvenute direttive regionali, e dall’altro consente la sostituzione dell’apparato cartografico con tavole aventi maggiore definizione. Lo scopo è di migliorare la certezza del diritto per la pianificazione comunale. Non vi sono quindi mutamenti di indirizzo su iniziativa propriamente provinciale, e neppure nuove ragioni che la Provincia ritenga di porre a fondamento delle scelte già effettuate; sotto il profilo processuale, questo significa che la variante è neutra rispetto all’interesse al ricorso. Pertanto, non è possibile far ricadere sui ricorrenti l’onere di integrare o di estendere le impugnazioni già proposte. L’eventuale accoglimento del ricorso avrà effetti automaticamente caducanti sulla disciplina oggetto di contestazione, indipendentemente dalla fonte di cognizione in cui sia stata nel frattempo collocata.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 621 del 8 luglio 2024


Il TAR Milano esamina un ricorso avverso un provvedimento provinciale che ha ritenuto l’esistenza di un nesso eziologico fra l’attività svolta dalla società ricorrente e i superamenti delle CSC nella matrice acque sotterranee, ordinando a quest’ultima quale soggetto responsabile della potenziale contaminazione, di provvedere ai sensi e nei termini del titolo V parte IV D.lgs. 152/2006, sino alla conclusione del procedimento e al rilascio del provvedimento finale da parte dell’autorità competente. Il TAR respinge il ricorso e osserva che nel caso in cui l'amministrazione abbia fornito elementi indiziari sufficienti a dimostrare, sebbene in via presuntiva, l’ascrivibilità dell'inquinamento ad un soggetto, spetta a quest'ultimo l'onere di fornire una prova liberatoria, per la quale non è sufficiente ventilare genericamente il dubbio di una possibile responsabilità di terzi o di un'incidenza di eventi esterni alla propria attività, essendo necessario provare, con pari analiticità, la reale dinamica degli avvenimenti, e indicare lo specifico fattore cui debba addebitarsi la causazione dell'inquinamento.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2322 del 26 luglio 2024


Secondo il TAR Milano, di norma, non sussistono controinteressati all'impugnazione degli strumenti di programmazione urbanistica, con l'eccezione dell'ipotesi in cui sia fatta oggetto di impugnazione una variante al piano regolatore che abbia un oggetto del tutto specifico e circoscritto, nonché nei casi in cui, pur essendo impugnato uno strumento urbanistico, vi sia l'evidenza di posizioni specifiche di soggetti interessati al mantenimento dell'atto che determinano la loro qualità di controinteressati.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2332 del 29 luglio 2024