Il TAR Milano richiama «la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui l'eccesso di potere per disparità di trattamento si può configurare solo sul presupposto, di cui l’interessato deve dare prova rigorosa, dell’identità assoluta in fatto della situazione considerata (Cons. Stato, sez. III, 2 novembre 2019, n. 7478; sez. IV, 27 luglio 2018, n. 4611; sez. VI, 30 ottobre 2017, n. 5016; sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824).
In particolare, secondo un consolidato orientamento, in sede di formazione del piano regolatore e delle sue varianti la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare specifici interessi urbanistici rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale dall’Amministrazione, rispetto al quale, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è neppure configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (Cons. Stato, sez. II, 5 giugno 2019, n. 3806; sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4150)».
Aggiunge quindi che la disparità di trattamento nella pianificazione tra aree presuppone che le aree oggetto di ricorso e quelle in comparazione si trovino nelle stesse identiche condizioni di fatto e di diritto, là dove nel caso esaminato l’identità di fatto non era stata dimostrata e quella di diritto era contraddetta dal fatto che le aree in questione rientravano in un diverso piano attuativo; d’altro canto, ricorda sempre il TAR, l’urbanistica è una disciplina che consiste proprio nel differenziare l’uso del territorio e quindi è intrinsecamente discriminatoria, con la conseguenza che l’eccesso di potere per disparità di trattamento dev’essere inteso in senso restrittivo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2306 del 25 novembre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.