Il Consiglio dei ministri ha approvato oggi 30 agosto 2016 un decreto legge contenente misure urgenti per la definizione del contenzioso pendente dinanzi alla Corte di Cassazione, per garantire l’efficienza degli uffici giudiziari mediante interventi di carattere organizzativo e per l’attuazione del processo amministrativo telematico.

Nel comunicato stampa emesso a chiusura del Consiglio dei ministri si precisa che "con riferimento all’avvio – previsto per il 1° gennaio 2017 – del processo amministrativo telematico e per semplificarne l’operatività, sono state introdotte misure atte ad armonizzare gli strumenti del PAT con il codice dell’amministrazione digitale (domicilio digitale, estensione agli avvocati difensori della attestazione dell’efficacia probatoria delle copia per immagine di documenti cartacei), nonché ad estendere l’utilizzo delle modalità di deposito degli atti anche per i soggetti non dotati di posta elettronica certificata (modalità upload)".


Il TAR Lombardia, Milano, esamina il rapporto tra la disposizione dell’art. 2, comma 12, della L. 244/2007, che consente agli enti locali di istituire uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati, e la deroga al regime delle incompatibilità alla professione di avvocato, che, ai sensi dell’art. 23 della L. 247/2012, consente agli avvocati degli uffici legali di enti pubblici di svolgere la professione per la trattazione degli affari legali del solo ente stesso, previa iscrizione nell'elenco speciale.
Ad avviso del TAR, non può ritenersi che l’art. 2, comma 12, della L. 244/2007 abbia sostanzialmente operato un ampliamento dell’ambito oggettivo della deroga al regime dell’incompatibilità della professione di avvocato, consentendo che gli avvocati dell’ufficio legale di un ente possano prestare la loro attività professionale a favore di un ente diverso per la trattazione degli affari legali di quest’ultimo.
L’attuazione del disposto di cui all'art. 2 comma 12 della L. 244/2007 deve, quindi, avvenire nel pieno rispetto della L. 247/2012 e, in particolare, della previsione secondo cui gli avvocati dipendenti da enti pubblici possono svolgere attività professionale solo in relazione agli affari propri dell’ente presso il quale sono incardinati, secondo l’interpretazione stretta più volte ribadita dalla giurisprudenza.
La disposizione richiamata deve ritenersi preordinata a realizzare un contenimento della spesa corrente e volta a disciplinare l’istituzione di uffici unici di avvocatura sotto un profilo organizzativo; la norma, in altri termini, si presta ad essere applicata in modo compatibile con la disciplina dell’ordinamento forense, mediante l’istituzione di un ufficio unico che abbia un sistema organizzativo unitario, sotto il profilo del personale amministrativo dedicato (distaccato dagli enti partecipanti), delle risorse strumentali assegnate, dei locali da adibire a sede, delle attività collaterali da svolgere (es. attività di cancelleria), prevedendo tuttavia che gli avvocati provenienti dagli enti convenzionati trattino esclusivamente gli affari legali dell’ente di appartenenza, e osservando gli altri presupposti previsti dalla normativa (indipendenza dell’ufficio, esclusiva attribuzione della trattazione delle cause, etc.).
Alla luce delle su esposte considerazioni, secondo il TAR Milano il modello operativo posto in essere da un Comune lombardo, che aveva di fatto previsto non già un ufficio unico tra più enti, bensì una convenzione aperta con possibilità di adesioni successive da parte di altri comuni, in base alla quale si metteva a disposizione degli altri enti l’Avvocatura di detto comune per la trattazione degli affari legali degli enti convenzionati, risulta in contrasto con la disciplina dell’ordinamento forense e con lo stesso art. 2, comma 12, della L. 244/2007.

La sentenza della Seconda Sezione del TAR Lombardia, Milano, n. 1608 del 26 agosto 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Il TAR Emilia Romagna, Parma, aderisce all'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale l'accoglimento di un'osservazione a un piano regolatore generale in itinere che sia stata presentata da un soggetto diverso dal proprietario dell'area interessata e che possa arrecare a questo un nocumento esige la ripubblicazione del piano stesso, onde consentire alla proprietà di formulare le proprie osservazioni e consentire che l'amministrazione si determini correttamente e compiutamente in omaggio ai principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.) che devono presiedere all'esercizio dell'azione amministrativa.
Il TAR Parma aggiunge che debba riconoscersi la necessità della ripubblicazione anche nell'ipotesi in cui l’osservazione risulti proposta dai formali proprietari delle aree, ma gli effetti dell’accoglimento della stessa (nella fattispecie la radicale trasformazione della destinazione d’uso, da verde a uso pubblico a edificabile) riversino indiscutibili effetti sulla posizione giuridica di soggetti terzi (sia i confinanti, sia gli abitanti del quartiere che usufruivano dello spazio a verde), che altrimenti non ne avrebbero contezza.
La sentenza della Prima Sezione del TAR Emilia Romagna, Parma, n. 250 de 26 agosto 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Il Consiglio di Stato precisa che anche ai soggetti pubblici si applica, nell’ambito di procedure selettive, l’obbligo di improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza sancito dall’art. 1337 codice civile, evitando di ingenerare nella controparte privata affidamenti ingiustificati ovvero tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati; in particolare, l’applicabilità alla P.A. delle disposizioni civilistiche in materia di buna fede deriva dall’equiparazione dell’Amministrazione ad un contraente privato nella procedura volta alla conclusione di un contratto o di una trattativa, lì dove la buona fede e la correttezza si specificano in una serie di regole di condotta, tra cui l’obbligo di valutare la conclusione delle trattative e quello di informare tempestivamente la controparte dell’esistenza di cause ostative a detto esito.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto, quindi, che concorrono le condizioni previste per farsi luogo alla configurazione della responsabilità precontrattuale a carico di un comune che ha inopinatamente interrotto il procedimento relativo alla conclusione della procedura di approvazione degli atti urbanistici inerenti un’opera pubblica oggetto di project financing, non procedendo a mettere in essere atti spettanti unicamente all’Amministrazione comunale, e che non si è peritato di informare in tempo della sua volontà di disattendere gli impegni intrapresi con la controparte.

Al privato è stato, di conseguenza, riconosciuto il danno emergente per spese sostenute in relazione alla illegittima interruzione della procedura, ma non il danno da ritardo tout court, atteso che, nel caso di un procedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo, il solo ritardo nell’emanazione di un atto non integra una piena prova del danno, in assenza della prova (non fornita in giudizio) del dolo o della colpa grave del danneggiante e del danno e del suo ammontare.

La sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 3671 del 23 agosto 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.



Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 196 del 23 agosto 2016 è pubblicata la legge 12 agosto 2016 n. 161, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 30 giugno 2016 n. 117, recante proroghe di termini previsti da disposizioni legislative in materia di processo amministrativo telematico.


Secondo il TAR Lombardia, Milano, al fine di rinvenire una costruzione soggetta al rispetto della disciplina sulle distanze occorre che il manufatto presenti oltre al requisito della stabilità anche quello della consistenza; ne consegue che non presenta caratteristiche tali da costituire un volume di ingombro che possa ritenersi apprezzabile ai fini delle norme in materia di distanze una scala formata da una trave centrale in ferro, sulla quale sono innestati undici gradini (di cui otto si trovano al di sotto del piano di campagna), munita di una balaustra formata da due tubolari e da un corrimano in ferro.


La sentenza della Seconda Sezione del TAR Lombardia, Milano, n. 1606 del 12 agosto 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.