Secondo il Consiglio di Stato, la retroattività della legge, sebbene non costituzionalmente preclusa nelle materie diverse da quella penale, rappresenta un’eccezione e, come tale, richiede una esplicita previsione che renda chiara ed univoca la scelta del legislatore, dovendosi, in mancanza di una previsione univoca, optare per l’interpretazione che esclude la retroattività, in conformità ai principi generali dell’ordinamento giuridico.

Il principio di irretroattività, invero, sebbene non costituzionalizzato fuori dalla materia penale:
  • rappresenta un principio generale dell’ordinamento, come si desume dall'art. 11 della Preleggi, che espressamente statuisce che la «legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo»;
  • trova un suo fondamento ulteriore nei principi di tutela dell’affidamento e della certezza del diritto, la cui crescente importanza è confermata anche dalla giurisprudenza sovranazionale, tanto della Corte di giustizia quanto della Corte europea per la tutela dei diritti dell’uomo;
  • assume un rilievo ancora maggiore laddove la legge in ipotesi retroattiva consenta l’adozione di provvedimenti sostanzialmente ablatori, in grado di produrre nella sfera giuridica del privato effetti fortemente negativi.
Il testo della sentenza della Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 882 del 3 marzo 2016 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa.