Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, dopo aver rammentato che l’art. 817 cod. civ. definisce pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio ovvero ad ornamento di un’altra cosa, ribadisce che:
  • la nozione di pertinenza accolta dalla giurisprudenza amministrativa è meno ampia di quella civilistica; infatti, detta giurisprudenza è generalmente orientata a ritenere che gli elementi che caratterizzano le pertinenze siano, da un lato, l’esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio, dall'altro, l’esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente;
  • un’opera può definirsi accessoria rispetto a un'altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l'alterazione dell'essenza e della funzione dell'insieme; tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe.

In assenza di tale caratteristiche, va negata la natura pertinenziale all'opera, che, per l’effetto, va considerata invece come intervento che implica una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio per il quale occorre conseguire il permesso di costruire.

Il testo della sentenza n. 19 del 4 gennaio 2016 della Sezione Sesta del Consiglio di Stato è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.