Il TAR Milano precisa che non può ammettersi la legittimità di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria per il tramite della quale la parte pretenda di raggiungere lo stato di conformità dei luoghi realizzando ulteriori opere edilizie, poiché il presupposto dell’accertamento di conformità è che la situazione di fatto attualmente abusiva sia già conforme alla disciplina urbanistica dell’epoca di realizzazione e di quella della domanda, mentre non è ammesso che divenga conforme attraverso ulteriori opere edili.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2126 del 29 settembre 2022.


Il TAR Brescia osserva che in linea generale, prima di ordinare la rimozione dei rifiuti abbandonati e il ripristino dello stato dei luoghi, il Comune è tenuto ad accertare che il proprietario “non responsabile” dell’abbandono abbia tenuto una condotta quanto meno colposa, con la precisazione che, ai fini dell’accertamento de quo, l’omessa recinzione del fondo inquinato non costituisce ex se un indice di negligenza, posto che nel nostro sistema (art. 841 c.c.) la recinzione è una facoltà (ossia un agere licere) del dominus: come tale, la scelta di non fruirne non può tradursi in un fatto colposo (art. 1127, comma primo, c.c.) ovvero in un onere di ordinaria diligenza (art. 1227, comma secondo, c.c.), che circoscrive (recte, elide) il diritto al risarcimento del danno.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 769 del 1 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri



Il TAR Milano osserva che:
<< il potere pianificatorio tra l'adozione e l'approvazione dello strumento urbanistico non è vincolato o necessariamente conformato dalle osservazioni dei privati e che le osservazioni non costituiscono delle proposte di provvedimento amministrativo che possano essere solo accettate o respinte, ma non modificate. Esse possono invece costituire – come accaduto nella fattispecie – l’occasione per un ripensamento della disciplina urbanistica di un determinato ambito, che rimane discrezionale, e può quindi assumere anche un contenuto molto diverso da quello adottato inizialmente e da quello auspicato dai privati. Quando questo accade e non si dà il caso di una rielaborazione complessiva dello strumento, non è sempre necessario riaprire l'interlocuzione con i proprietari, in quanto l'interesse pubblico a una pianificazione equilibrata che tenga conto di tutti gli aspetti del piano e al rispetto dei tempi di approvazione dello strumento urbanistico, che non può essere esposto a una serie, potenzialmente molto estesa e ingovernabile, di continui confronti con i privati>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2053 del 26 settembre 2022.


Il TAR Milano osserva che l'acquisizione al patrimonio del Comune dell'opera abusiva e dell'area di sedime, nonché di quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, si verifica automaticamente, una volta decorso infruttuosamente il termine di novanta giorni; tuttavia, per stabilire l'area ulteriore da acquisire, rispetto a quella di sedime, è necessario provvedere alla sua individuazione e soprattutto si deve motivare in maniera rigorosa l'entità della superficie, entro il limite di legge, che l'amministrazione ritiene necessario apprendere avuto riguardo ad esclusive finalità urbanistico-edilizie (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 13 ottobre 2020, n. 1889; T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 28 agosto 2017, n. 4124).
Difatti, per costante giurisprudenza, l'individuazione dell'ulteriore area va motivata, volta per volta, con l'esplicitazione delle modalità di delimitazione della stessa, proprio perché il legislatore non ha predeterminato, se non nel massimo, l'ulteriore area acquisibile, indicando un criterio per determinarla rapportato alla normativa urbanistica rilevante nel singolo caso; viene, dunque, delineato un procedimento di determinazione della cd. pertinenza urbanistica da condurre di volta in volta sulla base di criteri di individuazione che tengano conto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni urbanistiche per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive (Consiglio di Stato, V, 17 giugno 2014, n. 3097; VI, 5 aprile 2013, n. 1881; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 3 maggio 2018, n. 1198; id., 17 gennaio 2022, n. 91).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2042 del 21 settembre 2022.


Il TAR Milano ricorda che:
<<Secondo l’articolo 97, comma 6, del Codice degli appalti “la stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.
La stazione appaltante, dunque, in disparte l’ipotesi se ricorre o meno l’offerta anormalmente bassa, “può” (non “deve”) valutare la congruità dell’offerta.
Naturalmente trattandosi di scelta discrezionale della Stazione appaltante ricorrono i limiti del sindacato giurisdizionale in ordine a detta scelta descritti nella recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 marzo 2022, n. 1445 “In materia di sindacato sulla legittimità delle valutazioni rese dalle stazioni appaltanti in ordine alla congruità dell’offerta – costituisce jus receptum la giurisprudenza di questo Consiglio (ex multis Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 359 del 2021) che ha avuto modo di statuire che:
a) il sindacato del giudice amministrativo sull’esercizio dell’attività valutativa da parte della Commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla Commissione (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058);
b) le censure che attengono al merito di tale valutazione (opinabile) sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica (v., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2019, n. 173; Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2018, n. 6572);
c) per sconfessare il giudizio della Commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l’evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto (Cons. Stato, Sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694)”.
Nondimeno, resta fermo che, laddove l’offerta sia connotata da evidenti indici di inaffidabilità, è irragionevole e non aderente alle risultanze istruttorie la scelta discrezionale dell’amministrazione di provvedere all’aggiudicazione senza sottoporre l’offerta ad una valutazione di congruità.>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1987 del 12 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano osserva che:
«Con l'approvazione del nuovo PGT le previgenti previsioni urbanistiche vengono sostituite, non potendo sussistere alcuna ultrattività delle medesime, in virtù del principio della successione nel tempo delle norme. Le disposizioni del nuovo PGT sostituiscono integralmente le precedenti prescrizioni del vecchio Piano riguardanti la zona medesima, che vengono del tutto meno per la fondamentale ragione che la pianificazione urbanistica, che ha per sua natura carattere dinamico, ha proprio la finalità di adeguare la disciplina del territorio alle sopravvenute esigenze. Pertanto, essendo espressione di valutazione all'attualità delle esigenze in ordine all'utilizzazione del territorio, le nuove previsioni del Piano Urbanistico generale hanno un carattere di assoluta prevalenza e non possono essere disapplicate dallo stesso Comune, in favore di una "ultrattività" della precedente disciplina pianificatoria generale; le prime si sostituiscono integralmente (salvo il caso di una specifica norma transitoria ad hoc) alle precedenti disposizioni le quali non possono comunque conservare alcuna efficacia (T.A.R. Milano, sez. IV, 11/07/2014, n.1842)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2044 del 22 settembre 2022.





Il TAR Milano osserva che l’art. 10 del Regolamento per la qualità dell’aria del Comune di Milano, che stabilisce il “divieto di accendere fuochi d’artificio (compresi i petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere) nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 marzo”, va a interferire con una materia – quella dei materiali esplodenti – di competenza legislativa (e regolamentare) esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lett. d, Cost.), già oggetto di compiuta disciplina da parte del D. Lgs. n. 123 del 2015, a sua volta attuativo della Direttiva n. 2013/29/UE; in particolare, la disposizione comunale – sebbene adottata nel perseguimento di finalità di tutela ambientale (certamente rientranti nella titolarità del Comune con riguardo al proprio ambito territoriale) – si pone in netto contrasto con la normativa sovraordinata ed eccede l’ambito di competenza dell’Ente locale.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2033 del 21 settembre 2022.


Il TAR Milano, con riferimento a un’ingiunzione di pagamento per oneri relativi a un intervento edilizio, osserva che l'art. 3 del r.d. n. 639 del 1910, come riformulato dal d.lgs. n. 150 del 2011, prevede bensì la giurisdizione dell'A.G.O. per l'opposizione avverso l'ingiunzione, ma essa deve intendersi circoscritta ai giudizi volti a contestare l'esperibilità dell'azione di recupero del credito ovvero la legittimità dei singoli atti del relativo procedimento di riscossione; laddove, invece, la contestazione cada sull'an e/o sul quantum della pretesa del Comune, essa è devoluta alla cognizione del giudice amministrativo.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1985 del 9 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea:
<<1) L’articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2365 della Commissione, del 18 dicembre 2017, in combinato disposto con l’articolo 80, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2364 della Commissione, del 18 dicembre 2017,
deve essere interpretato nel senso che:
il motivo di esclusione facoltativo di cui a tale articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d), riguarda i casi in cui esistono indizi sufficientemente plausibili per concludere che operatori economici hanno sottoscritto un accordo vietato dall’articolo 101 TFUE, ma non è limitato ai soli accordi previsti da quest’ultimo articolo.
2) L’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24, come modificata dal regolamento delegato 2017/2365, in combinato disposto con l’articolo 80, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2014/25, come modificata dal regolamento delegato 2017/2364,
deve essere interpretato nel senso che:
tale articolo 57, paragrafo 4, disciplina in modo esaustivo i motivi di esclusione facoltativi idonei a giustificare l’esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di appalto per ragioni fondate su elementi oggettivi relativi alle sue qualità professionali nonché a un conflitto di interessi o a una distorsione della concorrenza che sorgerebbe dalla sua partecipazione a tale procedura. Tuttavia, detto articolo 57, paragrafo 4, non impedisce che il principio della parità di trattamento, previsto all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25, come modificata dal regolamento delegato 2017/2364, possa ostare all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi ad operatori economici che formano un’unità economica e le cui offerte, benché presentate separatamente, non sono né autonome né indipendenti>>.
Corte di Giustizia UE, Sez. IV, del 15 settembre 2022 (causa C-416/21).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


Il TAR Brescia ricorda che in ipotesi di condotte lesive del bene ambiente antecedenti all'entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006, trovano comunque applicazione le norme in materia di obblighi di bonifica, di cui alla Parte IV del codice medesimo e, in particolare, gli artt. 244 e 242 che, peraltro, menziona espressamente i casi di “contaminazioni storiche”: ciò, in quanto tali norme non sanzionano ora per allora la (risalente) condotta di inquinamento, ma pongono un attuale rimedio alla (perdurante) condizione di contaminazione dei luoghi, per cui l'epoca di verificazione della contaminazione è del tutto indifferente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 776 del 2 agosto 2022
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.



Il TAR Milano precisa che rientra nella discrezionalità dell’amministrazione prevedere aree agricole anche oltre i limiti stabiliti dal PTCP metropolitano e ricorda che, secondo la più recente evoluzione giurisprudenziale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.02.2021 n. 459), all’interno della pianificazione urbanistica devono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione e di mantenere un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi (Consiglio di Stato, IV, 21.12.2012, n. 6656; TAR per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14.02.2020, n. 309). E ciò in quanto, come affermato dalla Sezione, “l’urbanistica ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano, appunto, quelli contemplati dall’articolo 9 della Costituzione” (TAR per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 14.02.2020, n. 309; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, IV, 10.05.2012, n. 2710; TAR Lombardia, Milano, II, 18.06.2018, n. 1534).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1975 del 8 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea:
<< 1) Gli articoli 38 e 49 della direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE,
devono essere interpretati nel senso che:
le amministrazioni aggiudicatrici, in caso di sospetto di offerta anormalmente bassa, sono tenute a verificare l’effettiva sussistenza di tale carattere anormalmente basso prendendo in considerazione tutti gli elementi pertinenti del bando di gara e del capitolato d’oneri, senza che l’impossibilità di applicare i criteri stabiliti a tal fine da una normativa nazionale e il numero di offerte presentate abbiano rilevanza al riguardo.
2) L’articolo 55, paragrafo 2, della direttiva 2009/81, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
deve essere interpretato nel senso che:
qualora un’amministrazione aggiudicatrice non abbia avviato una procedura di verifica in merito all’eventuale carattere anormalmente basso di un’offerta, in quanto ha ritenuto che nessuna delle offerte presentatele avesse un carattere siffatto, la sua valutazione può formare oggetto di un controllo giurisdizionale nell’ambito di un ricorso contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi>>
Corte di Giustizia UE, Sez. IV, del 15 settembre 2022 (causa C-669/20).
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Giustizia.


Il TAR Milano precisa che:
<<il rito abbreviato previsto dall’art. 119 c.p.a., che ha tra l’altro la sua ragione nella tutela cautelare in relazione al provvedimento impugnato, non si applica in caso di azione risarcitoria autonoma, perché la controversia ha carattere patrimoniale e non si pone un problema di sospensione del provvedimento che non forma oggetto di impugnazione principale (così Cons. Stato, III, 24/03/2015 n. 1572)>>.
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2010 del 14 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che coerentemente con lo scopo ad essa assegnato di valutare l'attività oggetto del piano anche sotto il profilo ambientale e non solo sotto quello, spesso in conflitto col primo, della immediata opportunità e convenienza, la VAS va compiuta "contestualmente" all'elaborazione del piano o programma, comprende fra l'altro una necessaria fase di "consultazioni", ovvero deve garantire la partecipazione degli interessati sulla specifica tematica e la loro informazione, ed è prevista, per quanto qui rileva, a pena di illegittimità del piano o programma stesso (art. 11 del d.lgs. 152/2006).

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 1975 del 8 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia, in ordine alla legittimazione alla proposizione dell’opposizione di terzo ex art. 108 c.p.a., ricorda che secondo la giurisprudenza:
- la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti di sentenza del giudice amministrativo, resa inter alios, va riconosciuta ai controinteressati pretermessi, nonché a quelli occulti perché non facilmente identificabili, o sopravvenuti, non intervenuti nel processo, allorquando tale assenza non sia dipesa da una loro decisione, ma sia conseguenza di un'omissione dovuta alla controparte, alla mancata attivazione dei poteri di integrazione del contraddittorio del giudice o a vizi del procedimento amministrativo a monte, per mancanza di una corretta individuazione o di una espressa evocazione nella formalità degli atti; tali soggetti, pur non avendo partecipato al relativo giudizio, sono nondimeno titolari di un interesse qualificato al mantenimento dell'atto impugnato, interesse che, di conseguenza, risulta travolto direttamente dall'annullamento dell'atto stesso” (Consiglio di Stato, sez. V, 27/11/2017, n. 5550);
- la legittimazione presuppone la lesione di una situazione giuridica soggettiva autonoma ed incompatibile con quella accertata in sentenza, non rilevando che l'espressa menzione di questo requisito sia venuta meno a seguito della modifica dell'art. 108, comma 1, apportata dall'art. 1, d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (Consiglio di Stato, sez. V, 06/11/2017, n. 5101);
- deve, invece, escludersi la legittimazione ad agire in opposizione di terzo di coloro che, rimasti estranei al giudizio, siano titolari di un interesse di mero fatto, non giuridicamente rilevante, alla rimozione del provvedimento impugnato, interesse che avrebbe tutt'al più legittimato un intervento ad adiuvandum in primo grado, ai sensi dell'art. 28, comma 2, c.p.a. (Consiglio di Stato, sez. III, 11/05/2018, n. 2829).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 858 del 12 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che gli impegni assunti in sede convenzionale - al contrario di quanto si verifica in caso rilascio del singolo titolo edilizio, in cui gli oneri di urbanizzazione e di costruzione a carico del destinatario sono collegati alla specifica trasformazione del territorio oggetto del titolo, con la conseguenza che ove, in tutto o in parte, l'edificazione non ha luogo, può venire in essere un pagamento indebito fonte di un obbligo restitutorio - non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni assunti (Cons. Stato, IV, 15 febbraio 2019, n. 1069).
La causa della convenzione urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, quindi, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione (Con. Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n. 5603).
Pertanto il principio generale, secondo cui l'obbligo di contribuzione è indissolubilmente correlato all'effettivo esercizio dello ius aedificandi, non vale rispetto ai casi in cui la partecipazione agli oneri di urbanizzazione costituisce oggetto di un'obbligazione non già imposta ex lege, ma assunta contrattualmente nell'ambito di un rapporto di natura pubblicistica correlato alla pianificazione territoriale (Cons. Stato, sentenza n. 6339 del 12 novembre 2018).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1985 del 9 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ribadisce che con riferimento agli impianti di telefonia e di telecomunicazioni la normativa di rango primario di cui al D.Lgs. n. 259/2003 prevale sulla disciplina regionale di cui al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), sicché l’esame di impatto paesistico non è previsto per gli impianti siti in aree non soggette a vincolo paesaggistico (cfr. TAR Lombardia, Milano, II, n. 252/2022 e n. 471/2021).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1984 del 9 settembre 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Milano ricorda che la giurisprudenza ha affrontato il tema dell’applicabilità della disciplina dell’anomalia delle offerte nell’ambito concessorio, connotato dall’assenza di un corrispettivo stricto sensu in favore dell’affidatario, e precisa:
<<7.1. Si fronteggiano due posizioni: da un lato pronunce, maturate specialmente nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, che escludono la diretta applicabilità di tale regime alla figura concessoria (cfr. Cons. Stato, V, 1 dicembre 2014, n. 5915; 24 marzo 2011, n. 1784) salvo ammettere una verifica in fase di gara circa la ragionevolezza dell’offerta in termini di suo preventivo apprezzamento di attendibilità, funzionale all’adempimento (Cons. Stato, n. 5915 del 2014, cit.); dall’altro decisioni che invece riconoscono l’applicabilità dell’istituto alle concessioni, pur indicando gli elementi di specialità che la valutazione assume rispetto a tali fattispecie, in quanto “nella concessione si controlla l’attendibilità di una previsione economico-finanziaria con pieno o preponderante accollo del rischio economico del peculiare mercato del servizio da parte del concessionario, onde siffatta verifica, pur sempre rigorosa, è sull’attendibilità d’una ragionevole e ponderata previsione economica […], che lascia un margine d’incertezza a chi confeziona l’offerta ed un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra, opinabilità non sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza” (Cons. Stato, VI, 7 maggio 2020, n. 2885; nello stesso senso, al punto di equiparare nella sostanza il giudizio di anomalia per gli appalti e le concessioni, cfr. Cons. Stato, III, 5 dicembre 2019, n. 8340).
7.2. Il Collegio aderisce al secondo orientamento, ritenendo che seppure l’art. 164, comma 2, del D.lgs. n. 50 del 2016 non richiami specificamente il regime dell’anomalia, la relativa verifica vada nondimeno considerata applicabile anche alle offerte inerenti alle concessioni: si tratta infatti di una valutazione espressione di principi generali in materia di affidamento di commesse pubbliche quali quelli della qualità e affidabilità delle prestazioni, nonché della libera concorrenza (cfr. l’art. 30 d.lgs. n. 50 del 2016), e che implica un apprezzamento secondo canoni di ragionevolezza e attendibilità delle offerte ben possibile - anzi doveroso - da parte dell’amministrazione anche in ipotesi di concessioni, in coerenza con i generali principi dell’efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa.
E' stato condivisibilmente osservato che il ritenere applicabile alle concessioni l’istituto della verifica di congruità non impedisce di tener conto, nell’esprimere la valutazione da compiere, della peculiarità della fattispecie concessoria, e dunque di declinare in termini “dinamici” la verifica di anomalia - considerato che anche la voce dei ricavi risulta ex ante indefinita - che assume perciò connotazioni ancor più discrezionali e in qualche misura flessibili (in quanto condizionata da una rilevante componente previsionale), se non caratterizzata da margini d’incertezza (cfr. Cons. Stato, sez. V 24 maggio 2022 n. 4108).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 8 settembre 2022 n. 1980.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri


Il TAR Brescia ricorda che:
<< la giurisprudenza ha chiarito che, in ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto due criteri discretivi: 1) criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; 2) il criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea. Per individuare la natura precaria di un'opera si deve seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un'opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie. È pertanto necessario un titolo edilizio per la realizzazione di tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato. Ne consegue che la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.>>
TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 816 del 30 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


Il TAR Brescia osserva che in forza della disposizione dell’art. 31 del DPR n. 380 del 2001:
- l'ordine di demolizione di un intervento edilizio abusivo deve essere indirizzato, cumulativamente e solidalmente, sia al proprietario che al responsabile dell'abuso, sicché il proprietario è passivamente legittimato rispetto al provvedimento di demolizione ed è tenuto alla sua esecuzione indipendentemente dall'aver materialmente concorso alla perpetrazione dell'illecito, e indipendentemente anche dalla circostanza di avere o meno la materiale disponibilità del bene al momento dell’irrogazione dell’ordine ripristinatorio;
- l’eventuale estraneità del proprietario alla realizzazione degli interventi abusivi commessi sul bene da un soggetto che ne abbia la piena ed esclusiva disponibilità non implica, pertanto, l'illegittimità dell'ordinanza di demolizione o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, emessa nei suoi confronti, ma solo l'eventuale inidoneità del provvedimento repressivo a costituire titolo per l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'area di sedime sulla quale insiste il bene;
- a tal fine, peraltro, il proprietario è tenuto a dimostrare la sua completa estraneità al compimento dell'opera abusiva o che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedire gli abusi o abbia assunto iniziative volte a ripristinare lo stato dei luoghi in ossequio a quanto stabilito dall'autorità amministrativa;
- in tale prospettiva, non è peraltro sufficiente dimostrare di aver concesso in locazione l'immobile, posto che “il locatore è pur sempre tenuto a esercitare nei confronti del conduttore i poteri-doveri di controllo, cura e vigilanza che la legge gli riconosce, ma occorre la prova di un comportamento attivo consistente nella intimazione di diffide o nell'assunzione di iniziative volte, se del caso, alla risoluzione contrattuale” (in tal senso, da ultimo, cfr. T.A.R. Firenze, sez. III, 29/03/2022 , n. 418); né è di rilievo il subentro nella proprietà successivamente alla commissione degli abusi accertati.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 814 del 30 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha formulato il seguente principio di diritto:
Qualora il termine lungo di impugnazione abbia cominciato a decorrere prima del periodo feriale, al termine di impugnazione, calcolato a mesi, ai sensi degli articoli 155, secondo comma, c.p.c. e 2963, quarto comma, c.c. (per cui il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall'effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale coincidente con la data di pubblicazione della sentenza), va alla fine aggiunto, realizzandosi così un prolungamento di tale termine nella misura corrispondente, il periodo di 31 giorni di sospensione previsto dalla l. n. 742 del 1969, come ribadito dall’art. 54, comma 2, del c.p.a., computato ex numeratione dierum ai sensi dell’art. 155, primo comma, c.p.c.
Consiglio di Stato, Ad. Pl., n. 11 del 3 settembre 2022.
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Il TAR Brescia osserva che il principio di invarianza idraulica, definito in dettaglio dal RR 7/2017, stabilisce che le portate massime di deflusso meteorico scaricate dalle aree urbanizzate nei ricettori naturali o artificiali di valle non devono essere maggiori di quelle preesistenti all'urbanizzazione. Emerge tuttavia uno sfasamento tra le categorie edificatorie ordinarie e quelle utilizzate nel RR 7/2017. Quest’ultimo, in realtà, individua una categoria trasversale, aggregando opere aventi diverso regime giuridico, ma accomunate dal fatto di comportare un incremento della trasformazione o della pavimentazione degli spazi liberi. Se questa caratteristica è assente, come nel caso in cui in un intervento di demolizione e ricostruzione non vi sia alcun aumento di superficie coperta rispetto agli edifici demoliti, non risulta necessario, né conforme al principio di proporzionalità, imporre gli adempimenti tecnici previsti per le nuove urbanizzazioni.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 817 del 1° settembre 2022.
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Il TAR Milano, dopo aver ricordato che l’art. 41, comma 2, c.p.a. individua il dies a quo del termine decadenziale per la proposizione della domanda caducatoria nel momento della “notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale” nel “giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”, precisa:
<<2.1.1. Costituisce, all’uopo, dato ricevuto quello in forza del quale (CdS, IV, 3875/2018; Id., id., 5675/17; Id., id., 5654/17) la “piena conoscenza” non deve essere intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento stesso - ovvero di eventuali atti endo-procedimentali, la cui illegittimità sia idonea a viziare, in via derivata, il provvedimento finale - essendo di contro sufficiente la percezione, ovvero la ragionevole ed esigibile percepibilità della esistenza di un provvedimento amministrativo, nonché della sua attitudine lesiva della sfera giuridica dell’interessato.
2.1.2. Solo in tal guisa, invero:
- si attualizza e concretizza l’interesse ad agire, che sostanzia una delle condizioni dell’azione;
- diviene, indi, normativamente esigibile la reazione giurisdizionale da parte del soggetto “attinto” dall’agere amministrativo.
2.1.3. La “piena conoscenza”, indi, va riferita al fatto della esistenza di un provvedimento, e della sua idoneità lesiva; è tale consapevolezza che solo vale a rendere effettivo l’interesse ad agire, o legitimatio ad processum, che postula:
- la lesione, concreta e attuale, di quell’interesse sostanziale, differenziato e qualificato, che in abstracto conferisce la legittimazione ad agire, ovvero la legitimatio ad causam, id est l’altra condizione dell’azione;
- la effettiva utilitas ritraibile dalla tutela giurisdizionale, che deve costituire, dunque, il necessitato mezzo per la rimozione della lesione e il soddisfacimento dell’interesse (sostanziale), stante il generale divieto di azioni emulative ovvero di abuso del processo; di qui l’indissolubile legame tra l’interesse del domandante (art. 100 c.p.c.) e la concreta utilità del “servizio giurisdizionale”, che al soddisfacimento di quell’interesse è teleologicamente preordinato. La pronunzia deve assicurare un vantaggio, di talchè “l’interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunziata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l’applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all’interesse leso la protezione accordata dal diritto” (Cass. III, 12241/98).
2.1.4. Al fine della individuazione del dies a quo del termine decadenziale per l’esperimento dell’azione di annullamento, indi, è necessario che rientri nel “fuoco” della conoscenza, ovvero della conoscibilità:
- la attualità del nocumento, id est la sussistenza di un vulnus concreto alla sfera giuridica del soggetto che “accede” alla tutela giudiziale, ovvero la piena efficacia e idoneità lesiva di un atto, anche non noto nei suoi estremi o nel suo preciso contenuto;
- la concretezza della lesione sofferta, intesa come sua effettività ed apprezzabilità.
2.1.5. È solo in tale momento, invero, che:
- diviene percepibile la lesione diretta della sfera giuridica personale e, indi, la utilitas ritraibile dalla tutela giurisdizionale;
- al soggetto “attinto” potrà essere normativamente richiesta, a pena di decadenza, la immediata reazione in sede giurisdizionale.
2.1.6. Orbene, allorquando si invoca la “anticipata conoscenza” dell’atto impugnato da parte del ricorrente, ovvero si invoca la preesistenza di altri atti (conosciuti o conoscibili) da cui sia discesa ab initio ed ex ante la lesione della sfera giuridica di esso ricorrente, grava giustappunto in capo alla parte eccipiente –che tale anticipata conoscenza ovvero tale preesistenza alleghi- fornire un adeguato supporto probatorio al proprio assunto (tra le tante, CdS, II, 2 febbraio 2022, n. 721).>>
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1945 del 26 agosto 2022.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.


La Corte di Cassazione ribadisce (cfr. Sez. V, sentenza n. 23873 del 29 ottobre 2020) che il ricorso amministrativo che contenga motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a. è soggetto al contributo unificato nella misura fissata dall'art. 13, commi 6-bis e 6-bis l, del d.P.R. n. 115 del 2002, quando, in coerenza con il principio affermato dalla sentenza della CGUE 6 ottobre 2015, C-61/14, i motivi determinino un considerevole ampliamento dell'oggetto della controversia, circostanza che si verifica allorché, con il ricorso aggiuntivo, sia chiesto l'annullamento di uno o più provvedimenti autonomamente lesivi e la causa introdotta si ponga così in rapporto di connessione c.d. debole, ossia meramente fattuale, con quella concernente l'impugnazione dell'atto originario; il ricorso aggiuntivo è invece esente dal contributo unificato quando abbia per oggetto uno o più atti in rapporto di pregiudizialità-dipendenza con il provvedimento originariamente impugnato, dando luogo a una connessione c.d. forte di cause.

Corte di Cassazione, Sez. VI, ordinanza n. 25407 del 26 agosto 2022.
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