Il Tar Milano osserva che
«l’art. 51, comma 1, del d.l.vo 2016 n. 50 stabilisce che, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture;
- la norma impone uno specifico onere motivazionale, poiché le stazioni appaltanti devono motivare la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139;
- inoltre, si stabilisce che, nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese, con la precisazione che “è fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”;
- la norma richiama il concetto di lotto funzionale, compiutamente definito dall’art. 3, comma 1 lett. qq), cit. come “uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti”;
- si tratta di una definizione che, in coerenza con la giurisprudenza amministrativa, impone che l’articolazione dell’appalto in più porzioni garantisca, comunque, che ogni singola frazione abbia una funzionalità che ne consenta l’utilizzazione compiuta, mentre è precluso il frazionamento quando tali parti siano inserite in una prestazione che può assumere valore e utilità solo se unitariamente considerata;
- la giurisprudenza ha avuto modo di precisare più volte (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1138) che la tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata non solo sulla notoria esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese, ex art. 51 del d.l.vo n. 50/2016 (ed in precedenza l’art. 2, comma 1 bis, dell’abrogato D.lgs. n. 163/2006), ma anche e soprattutto nella esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la non discriminazione tra i contendenti, cioè finalità di eminente interesse pubblico, che, trascendendo le vicende della singola gara, attengono all’ordinato ed equilibrato sviluppo economico della società intera;
- lo strumento della suddivisione in lotti, effettuabile su base quantitativa o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni esistenti, risulta peraltro suscettibile di deroga, purché la stazione appaltante esterni le ragioni della scelta e tal fine la giurisprudenza richiede una motivazione rigorosa, che individui i vantaggi economici e/o tecnico-organizzativi derivanti dall’opzione del lotto unico ed espliciti le ragioni per cui detti obiettivi siano prevalenti sull’esigenza di garantire l’accesso alle pubbliche gare ad un numero quanto più ampio di imprese, ed in particolare alle imprese di minore dimensioni (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669; Consiglio di Stato, sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081);
- insomma, in sede di individuazione dei lotti, possono essere giustificate delle compressioni della concorrenza tra le imprese solo in presenza di motivate esigenze organizzative o economiche, che non possano trovare adeguato soddisfacimento in altro modo;
- ne consegue che ogni deroga al principio della necessaria suddivisione in lotti, che è presidio di tutela per il favor partecipationis delle imprese che non siano in grado di soddisfare le richieste del bando proprio a causa della predetta mancata ripartizione in lotti funzionali, deve essere misurata con il parametro dell’equilibrato bilanciamento dei valori che la norma sottende, sicché, tanto più elevato è il sacrificio che si richiede alle esigenze partecipative delle imprese, tanto più rigorosa dovrà essere la motivazione della deroga, da giustificarsi in ragione dell’elevato valore delle esigenze tecnico-organizzative o economiche rappresentate dall’amministrazione;
- sotto il profilo processuale, la scelta relativa alla suddivisione in lotti di un contratto pubblico “si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491; Consiglio di Stato, sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038);
- in ogni caso, la decisione della stazione appaltante deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitata, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza e non deve dar luogo a violazioni sostanziali dei principi di libera concorrenza, di par condicio, di non-discriminazione e di trasparenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 13 novembre 2017, n. 5224)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1879, 1880 e 1881 del 12 ottobre 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.