Il TAR Milano con riferimento agli istituti della compensazione e della perequazione precisa:
«come l’istituto della compensazione, a differenza di quello della perequazione, non ha quale precipua finalità quella di mitigare le disuguaglianze che si producono con la pianificazione urbanistica ma mira ad individuare una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria per i proprietari dei suoli destinati all’espropriazione, consistente nell’attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa (articolo 11, commi 3 e 4 della L.r. n. 12 del 2005). Come osservato dalla Sezione, i modelli configurati dal legislatore regionale non hanno carattere stringente ma possono essere, per determinati aspetti, adattati dai Comuni al fine di assecondarli alle specifiche esigenze di pianificazione (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542). Infatti, “gli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica trovano fondamento in due pilastri fondamentali del nostro ordinamento, che travalicano le previsioni contenute nelle diverse leggi regionali, e precisamente nella potestà conformativa del diritto proprietà di cui è titolare l'Amministrazione nell'esercizio della propria attività di pianificazione, ai sensi dell’art. 42, comma primo, Cost., e, al contempo, nella possibilità di utilizzare modelli consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, secondo quanto previsto dagli artt. 1, comma 1bis e 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 luglio 2010 n. 4545; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 luglio 2002 n. 670, T.A.R. Veneto sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504)” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542).
9.3. In ragione di quanto esposto, la Sezione correttamente ritiene possibili adattamenti dei modelli previsti dalla legislazione regionale al fine di soddisfare le esigenze delle Amministrazioni locali e di realizzare l’interesse pubblico. Interpretazione che, come riconosciuto dalla Sezione, “si pone in linea con i rilievi espressi da una parte della dottrina” che auspica “l’astensione dei legislatori regionali dal dettare normative stringenti in materia […] al fine di evitare che in tal modo si imbrigliassero eccessivamente le scelte compiute in sede di pianificazione” (T.A.R. per la Lombardia – sede di Milano, Sez. II, 11 giugno 2014, n. 1542, che richiama, sul punto, la delibera di Giunta Regionale n. VIII/1681 del 29 dicembre 2005, la quale, al punto 2.1.3, chiarisce che, con la previsione di cui all’articolo 11, il legislatore individua solo dei modelli di riferimento “che lasciano comunque grande spazio ad una vasta gamma di soluzioni soprattutto di tipo intermedio”)» (nella fattispecie, come sintetizzato da TAR «i ricorrenti deducono la violazione della previsione di cui all’articolo 11, comma 3, della L.r. n. 12 del 2005. Osservano i ricorrenti come, nel caso di specie, “aree pubbliche destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico sono trasferite non al Comune ma al privato”, per il tramite di un piano attuativo. Si realizza, quindi, la permuta di un’area privata edificabile, che viene, in tutto o in parte destinata a interventi di interesse pubblico mentre l’area, già comunale, destinata ad interventi di interesse pubblico viene trasferita al privato»).

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 444 del 5 marzo 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.