Il TAR Brescia osserva:
<<21. La norma di riferimento è l’art. 167 comma 4-a del Dlgs. 42/2004, in base al quale la compatibilità paesistica non può essere riconosciuta per le opere abusive che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi. Nel contesto della sanatoria paesistica il concetto di volume utile equivale a volume paesisticamente incompatibile. L’incompatibilità viene misurata in relazione al bene giuridico tutelato, che consiste negli aspetti del paesaggio ritenuti di particolare pregio.
22. Tutto questo differenzia la valutazione paesistica dalla valutazione urbanistica, perché sposta l’attenzione sull’impatto paesistico della costruzione. Ai fini della sanatoria paesistica, dunque, non sono rilevanti i nuovi volumi che risultino invisibili o non distintamente percepibili sullo sfondo tutelato, anche qualora rappresentino volumi a tutti gli effetti secondo la disciplina urbanistica. Per il principio di proporzionalità, la sanzione ripristinatoria che presidia il vincolo paesistico non può imporre ai privati un sacrificio inutile, in quanto non necessario per reintegrare il paesaggio descritto nel decreto di vincolo.
23. Più precisamente, le edificazioni inidonee a interferire con il paesaggio, come quelle interrate, o come quelle seminterrate non percepibili in uno sguardo d’insieme, rimangono assoggettate all’autorizzazione paesistica, essendo comunque necessaria una valutazione da parte dell’autorità competente, ma, ove realizzate abusivamente, non possono essere escluse dalla sanatoria per il solo fatto di costituire volumi o superfici urbanisticamente rilevanti. Una volta accertata la compatibilità paesistica, la sanatoria è quindi ammissibile, previo versamento della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 167 comma 5 del Dlgs. 42/2004.
24. Nel caso in esame, la sanatoria paesistica è comunque possibile in quanto si tratta di abusi molto risalenti, grazie all’applicazione del regime più favorevole in vigore prima delle modifiche introdotte dall'art. 27 comma 1 del Dlgs. 157/2006. La disciplina della sanatoria rimane infatti ancorata al momento storico della realizzazione delle opere abusive, che in base al rapporto di violazione edilizia si possono far risalire al periodo 1999-2000. Fino al 2006 le due opzioni disponibili (rimessione in pristino e regolarizzazione con pagamento della sanzione pecuniaria) si collocavano su un piano di parità, essendo rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione.
25. L’ancoraggio alla disciplina anteriore discende dalla considerazione che le norme sulla sanabilità degli abusi paesistici hanno natura sostanziale, in quanto attengono al patrimonio giuridico incorporato nel fondo al momento della trasformazione non assentita. Per il principio di certezza del diritto, devono quindi rimanere applicabili anche nel successivo e più severo regime sanzionatorio (v. TAR Brescia Sez. II 8 luglio 2013 n. 650).
26. Al medesimo risultato si perviene confrontando il divieto di autorizzazione paesistica postuma introdotto dal Dlgs. 157/2006 con gli Engel criteria, come suggerito dalla citata nota ministeriale del 16 dicembre 2015. Il suddetto divieto espande l’utilizzo della rimessione in pristino, che diventa lo strumento repressivo di applicazione generale, ponendo così il problema della sua assimilazione a una sanzione penale. La natura sostanzialmente penale della rimessione in pristino non è evidentemente desumibile dal primo degli Engel criteria (qualificazione formale della fattispecie), ma può emergere dal secondo (natura del bene giuridico offeso) e dal terzo (grado di severità della sanzione). La realizzazione di opere senza autorizzazione paesistica integra infatti lo specifico reato di cui all’art. 181 del Dlgs. 42/2004, per il quale è previsto (v. comma 2) che assieme alla condanna sia ordinata anche la rimessione in pristino. All’identità del bene giuridico (tutela effettiva del vincolo paesistico), accoppiata all’identità delle conseguenze (demolizione dell’abuso), deve dunque corrispondere il caposaldo penale dell’irretroattività della norma più afflittiva.
27. La disciplina transitoria contenuta nell’art. 182 comma 3-bis del Dlgs. 42/2004 riguarda le domande di sanatoria presentate entro il 30 aprile 2004 e non ancora definite. Non vi è quindi alcun conflitto con quanto sopra esposto circa il collegamento tra la data dell’abuso e la disciplina in vigore in quel momento. In realtà, la norma transitoria si rivolge alle autorità competenti a valutare le domande di sanatoria già presentate, introducendo un impulso d’ufficio, ma non fissa preclusioni per i proprietari che maturino successivamente l’interesse a sanare opere oggetto di contestazione>>.
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 1220 del 2 dicembre 2022.