Secondo il TAR Milano:
<<6.1 Va infatti ricordato che la concessione di servizi è il contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo consiste nel diritto di gestire i servizi e di sfruttare economicamente il servizio od in tale diritto accompagnato da un prezzo; la distinzione attiene dunque alla struttura del rapporto, che nell'appalto di servizi intercorre tra due soggetti, essendo la prestazione a favore dell'amministrazione, mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta agli utenti. Diversamente che nell’appalto, nella concessione è a carico del concessionario l’assunzione del rischio, in quanto collegato alla gestione dell’opera o del servizio, nonché in ragione del rapporto trilaterale che include l’utenza.
Le differenze tra i due istituti dunque attengono non tanto alla fase di scelta del soggetto privato, quanto alla dinamica della fase negoziale vera e propria e alle sue caratteristiche.
Non sussiste quindi neppure alcuna ragione sistematica per ipotizzare una disciplina differente tra concessione e appalto quanto alle procedure di affidamento. Per entrambi gli istituti infatti la procedura deve rispondere al principio della concorrenza e ai relativi corollari della massima partecipazione e della par condicio.
6.2. Deve quindi concludersi che la previsione di un vincolo di aggiudicazione contenuta nel bando, ai sensi dell’art. 51 comma 3 del D.lgs. n. 50/2016, è compatibile con la natura concessoria dell’affidamento (cfr. in tal senso Consiglio di Stato sez. III, 22 novembre 2018, n.6611)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 511 del 25 febbraio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.