Il Consiglio di Stato, con la sentenza della Sezione Sesta n. 3408 del 4 luglio 2014, pur prendendo atto di un orientamento secondo cui la realizzazione di muri di cinta di altezza inferiore a tre metri sarebbe in ogni caso assoggettabile al solo regime della denuncia di inizio di attività e, in seguito, al regime della segnalazione certificata di inizio di attività, ritiene che prevalenti ragioni sistematiche inducano a coniugare il richiamato orientamento con quello secondo cui la configurabilità di un intervento edilizio quale nuova costruzione (con quanto ne consegue ai fini del previo rilascio dei necessari titoli abilitativi) debba essere valutata secondo un’ottica sostanziale, avendo prioritario riguardo all’effettiva idoneità del singolo intervento a determinare significative trasformazioni urbanistiche e edilizie del territorio.
In particolare, indipendentemente dal dato meramente quantitativo relativo all’altezza del manufatto, appare necessario il permesso di costruire nelle ipotesi in cui il singolo intervento determini un’incidenza sull’assetto complessivo del territorio di entità ed impatto tali da produrre un’apprezzabile trasformazione urbanistica o edilizia.
Si tratta di un’evenienza che ricorre ove il muro di cinta non assume una mera funzione di difesa della proprietà da ingerenze materiali, vale a dire una funzione strumentale all’esercizio del ius excludendi alios (il che può essere raggiunto anche attraverso la realizzazione di una semplice cancellata), ma dà luogo a una significativa e permanente trasformazione territoriale attraverso un manufatto caratterizzato da un rilevante ingombro visivo e spaziale, incidente sul deflusso delle acque e condizionante il passaggio dell’aria, di per sé non indispensabile in relazione alla funzione di semplice protezione della proprietà.