La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 197 in data 11 luglio 2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33 della legge regionale Piemonte n. 3 del 2013, nella parte in cui sostituisce il comma 6 dell’art. 16-bis della legge regionale n. 56 del 1977, prevedendo una generale sottrazione al processo di valutazione ambientale strategica (VAS), tanto delle varianti degli strumenti urbanistici generali disciplinate dal medesimo articolo che determinano l’uso a livello locale di aree di limitate dimensioni, quanto degli specifici altri tipi di varianti contemplati nello stesso articolo.

La radicale esclusione di tutte codeste varianti non solo dalla valutazione ambientale strategica, ma anche dalla stessa verifica di assoggettabilità determina, per la Corte, un palese vulnus alla tutela approntata dalle disposizioni di cui agli articoli 6 e 12 del d.lgs. n. 152 del 2006, che prevedono che la necessità del ricorso alla procedura di VAS o di assoggettabilità dipenda, non già da un dato meramente quantitativo riferito alle dimensioni di interventi la cui inoffensività sull’ambiente sia aprioristicamente ed astrattamente affermata in ragione della loro modesta entità, bensì dalla accertata significatività dell’impatto sull’ambiente e sul patrimonio culturale che detti interventi (seppure non estesi) concretamente hanno capacità di produrre.

La Corte Costituzionale ha, poi, dichiarato l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 34 della legge reg. n. 3 del 2013, nella parte in cui sostituisce l’art. 17, comma 2, della legge regionale n. 56 del 1977, in quanto non prevede la partecipazione degli organi del Ministero per i beni e le attività culturali al procedimento di conformazione agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica delle varianti al piano regolatore generale comunale e intercomunale, in contrasto con l’art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004.

La Corte ribadisce che l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica è assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull’intero territorio nazionale; al contrario, nella specie, la generale esclusione della partecipazione degli organi ministeriali nei procedimenti di adozione delle varianti viene a degradare, nella sostanza, la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente e a concertazione rigorosamente necessaria, in mera esigenza urbanistica.
Il testo della sentenza è consultabile sul sito della Corte Costituzionale al seguente indirizzo.