Il TAR Brescia ricorda che, ai sensi dell’art. 2 del DPR 31/2017, non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all'Allegato A nonché quelli di cui all'articolo 4; nel citato Allegato A, tra le opere non soggette ad autorizzazione paesaggistica, figurano “la realizzazione o la modifica di aperture esterne o di finestre a tetto, purché tali interventi non interessino i beni vincolati ai sensi del Codice, art. 136, comma 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest'ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l'edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici”. Secondo il TAR, per il principio di gerarchia delle fonti che governa il rapporto tra le fonti del diritto, tale norma regolamentare non può trovare applicazione nel caso oggetto di giudizio, dal momento che il regime giuridico dell’immobile del ricorrente è quello fissato dall’art. 142, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 42/2004, norma di rango primario che sottopone ad autorizzazione paesaggistica la realizzazione delle opere (comprese quindi le aperture esterne sulle facciate degli immobili) situate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 737 del 10 settembre 2024


Il TAR Milano rileva come l'interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 84, c. 4, 89-bis e 91, c. 6, del D.lgs. n. 159/2011, non richiede né la sussistenza di condanne, quale presupposto preclusivo al giudizio complessivo sugli altri indici-spia, né la necessità di altri provvedimenti del giudice penale (rinvio a giudizio, misure cautelari, misure di prevenzione) ai fini della complessiva valutazione sul grado di permeabilità della criminalità organizzata. Invero, il sistema della prevenzione - per come disciplinato dal Codice Antimafia - si presenta come “binario”, inducendo in via automatica da alcune categorie di reati il rischio di infiltrazione mafiosa e lasciando, invece, negli altri casi, al prudente apprezzamento dell’autorità prefettizia la valutazione “atipica” di una serie di elementi sintomatici elaborati dalla giurisprudenza. Invero, i presupposti per l'emanazione di un provvedimento interdittivo sono un catalogo aperto da cui l'Autorità può desumere gli indizi corroboranti il giudizio prognostico sotteso all'apprezzamento del rischio infiltrativo; quindi, la sussistenza di un provvedimento di condanna, ancorché non definitivo, non è presupposto tassativo, potendo essere doppiato e traguardato dalle altre situazioni sintomatico-presuntive di cui all'art. 84, comma 4°, del D.lgs. n. 159/2011 o dalla clausola aperta compendiata nei “concreti elementi” di cui all'art. 91, 6° comma, D.lgs. n. 159/2011.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2418 del 16 settembre 2024


Il TAR Brescia osserva che la responsabilità dell’abbandono di rifiuti ex art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006 va accertata secondo il criterio del “più probabile che non”, nel senso che il nesso eziologico ipotizzato dall’amministrazione deve essere più probabile della sua negazione, e non secondo il più rigoroso criterio dell’“oltre ogni ragionevole dubbio” valevole in ambito penalistico: in questo senso si esprime la giurisprudenza, ormai consolidata, sull’accertamento della responsabilità per la contaminazione ex artt. 242-244 d.lgs. 152/2006, ma i medesimi principi valgono anche per l’accertamento della responsabilità per l’abbandono di rifiuti sul suolo, nel suolo e nelle acque ex art. 192, comma 3, d.lgs. 152/2006, vertendosi in entrambi i casi nella medesima materia ambientale, informata al principio “chi inquina paga”, sancito dall’art. 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Tale accertamento può essere compiuto anche mediante presunzioni semplici.

TAR Lombardia, Brescia, I, n. 739 del 12 settembre 2024





Il TAR Brescia ricorda che la giurisprudenza amministrativa ha precisato che: a) il sindacato del giudice amministrativo sull'esercizio dell'attività valutativa da parte della commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte rientra nell'ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione; b) le censure che attingono il merito di tale valutazione sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica; c) per sconfessare il giudizio della commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l'evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 738 del 11 settembre 2024


Il TAR Brescia precisa che le attività di sbancamento e di scavo, per usi diversi da quelli agricoli, ove siano tali da comportare un’immutazione dello stato dei luoghi, devono essere assentite con permesso di costruire e, se eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, necessitano altresì dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 Dlgs 42/2004; aggiunge che per ciò che concerne l’attività di pavimentazione e finitura di aree pertinenziali, deve escludersi che nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 730 del 6 settembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che l’art. 42-bis comma 1 del D.P.R. n. 327 del 2001 attribuisce il potere di adottare il provvedimento di acquisizione sanante esclusivamente alla “autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, essendo perciò irrilevante quale sia l'autorità che, a suo tempo, abbia dato inizio e proseguito la procedura espropriativa.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 722 del 28 agosto 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, la peculiare natura della SCIA – quale mero atto privato, non espressione dell’esercizio di poteri amministrativi – esclude la necessità di attivare le garanzie partecipative ex artt. 7 e 10-bis della Legge n. 241/1990, prima dell’esercizio dei poteri di controllo e inibitori. Il denunciante la SCIA, infatti, è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto e immediato nella legge che non ha bisogno di alcun consenso della P.A. e, pertanto, la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell’amministrazione. In assenza di procedimento, non c’è spazio per la comunicazione di avvio, per il preavviso di rigetto o per atti sospensivi da parte dell’Amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2363 del 28 agosto 2024


Il TAR Milano precisa che nel processo amministrativo impugnatorio la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i motivi di gravame si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale - da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato - tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo. Il ricorso cumulativo, proposto avverso una pluralità di provvedimenti, postula che essi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di modo che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell’attività provvedimentale contestata dal ricorrente. La connessione oggettiva si configura allorché fra gli atti impugnati sussista: a) quantomeno una connessione procedimentale di presupposizione giuridica o di carattere logico, in quanto i diversi atti incidono sulla medesima vicenda; b) le domande cumulativamente avanzate si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e siano riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale; c) sussistano elementi di connessione tali da legittimare la riunione dei ricorsi. Si tratta pertanto di situazioni in cui si verifica un’identità di causa petendi e un’articolazione del petitum, che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria che, a sua volta, ne legittima la trattazione congiunta.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2368 del 4 settembre 2024


Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del TAR Milano, III, n. 2562/2019, osserva che il D.M. n. 471/1999 - avente ad oggetto il “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modificazioni e integrazioni” - è un corpo normativo che presuppone l’accertamento dell’inquinamento e il responsabile di esso, e detta criteri e modalità a) per predisporre i piani di caratterizzazione e b) per effettuare interventi di messa in sicurezza in emergenza e la bonifica definitiva di siti inquinati. Non si tratta, quindi, di procedure finalizzate a stabilire se e chi abbia prodotto un fenomeno di inquinamento; correlativamente, presupponendo il decreto in esame il già avvenuto accertamento dell’inquinamento e l’individuazione del responsabile, le procedure in esso previste sono particolarmente capillari in funzione del fatto che tendono al ripristino ambientale, per quanto possibile con totale bonifica del sito inquinato, mediante rimozione degli agenti inquinanti o riduzione di essi in un limite di accettabilità - obiettivo questo che evidentemente richiede una indagine sulla matrice ambientale particolarmente diffusa e, appunto, capillare. Tenendo conto della particolare funzione delle norme contenute nel D.M. n. 471/1999, il Collegio non ritiene che il relativo contenuto possa automaticamente applicarsi alle procedure di accertamento dell’inquinamento e delle relative responsabilità, e in questo senso non lo si può ritenere vincolante nel corso delle procedure da ultimo menzionate. Non si può quindi ritenere viziata l’indagine svolta dalla P.A. solo per il fatto che sono stati collocati un numero di piezometri inferiori rispetto alle indicazioni contenute nel D.M. n. 471/1999.

Consiglio di Stato, VII, n. 7420 del 4 settembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica semplificata è disciplinato dagli articoli 10 e 11 del d.P.R. 31/2017. Ai sensi del citato art. 10 del d.P.R. 31/2017 “Il procedimento autorizzatorio semplificato si conclude con un provvedimento, adottato entro il termine tassativo di sessanta giorni dal ricevimento della domanda da parte dell’amministrazione procedente, che è immediatamente comunicato al richiedente.” Tale termine, “benché dichiarato espressamente “tassativo” dalla norma in questione, non è associato a meccanismi di formazione di provvedimenti taciti di assenso o di diniego, sicché ad esso va attribuita natura inderogabile, ma solo nel senso che segna il punto a partire dal quale opera il silenzio-inadempimento dell’amministrazione, sanzionabile sia in termini di ritardo, sia in termini - come esplicitamente ricordato dal successivo articolo - di responsabilità dei funzionari: pertanto, il decorso del termine non determina la consumazione del potere di provvedere.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 715 del 26 agosto 2024


Si allega il programma del primo corso sul processo amministrativo organizzato dalla Scuola di alta formazione e specializzazione dell'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti - UNAA che si articola in cinque incontri nell'arco temporale dal 14 ottobre 2024 al 18 novembre 2024.
Il corso è gratuito e aperto a tutti gli avvocati e i praticanti iscritti a un Ordine circondariale e potrà essere seguito tramite la piattaforma Zoom.
Per iscriversi è sufficiente inviare una e-mail all'indirizzo: scuolaunaa@gmail.com, indicando le proprie generalità, il Foro di appartenenza e l’indirizzo e-mail; è possibile iscriversi sia all’intero corso sia a singoli incontri.


Il TAR Brescia ricorda che la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d.lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza; aggiunge che l’ammissibilità dell’accesso civico generalizzato nelle procedure a evidenza pubblica risulta confermata anche in base al nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. n. 36/2023, il cui art. 35 richiama espressamente gli artt. 5 e 5-bis d.lgs. n. 33/2013.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 725 del 29 agosto 2024


Il TAR Milano osserva che l’esercizio di un’attività commerciale non può prescindere dalla regolarità urbanistico-edilizia delle costruzioni per esso utilizzate. Per evitare che l’imprenditore possa continuare a svolgere in via di fatto la sua attività senza il titolo edilizio deve essere riconosciuto il potere-dovere inibitorio dell’amministrazione all’esito dell’accertata abusività delle opere costruttive. Da ciò consegue che il diniego di esercizio di attività è legittimo qualora sia basato su comprovate ragioni di abusività edilizia dell’opera, di cui la P.A. deve tenere conto (fattispecie relativa a impianto di frantumazione e smaltimento di materiali inerti e rifiuti non pericolosi).

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2368 del 4 settembre 2024


Il TAR Brescia ricorda che l’art. 142, comma, 1 lettera f), del d.lgs. n. 42/2004 prevede che “Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: (…) f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi”. In forza di tale disposizione, sono soggetti a vincolo paesaggistico, non solo “i parchi”, ma anche “i territori di protezione dei parchi”, vale a dire i territori normalmente confinanti con le aree dei parchi, ancorché esterni al perimetro degli stessi, che in ragione della loro natura di “aree cuscinetto”, sono sottoposte a qualche forma di tutela differenziata. Sia i “parchi” che i “territori di protezione dei medesimi” sono individuati nei piani paesaggistici di cui all’art. 143 d.lgs. 42/2004, i quali, secondo quanto previsto dal comma 1 lettera c) di tale norma, provvedono a definirne il perimetro, a fornirne adeguata rappresentazione cartografica in scala e a dettare prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di tali aree e la loro valorizzazione.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 728 del 29 agosto 2024


Il TAR Brescia ritiene non condivisibile la tesi del Comune resistente per la quale tra i “sopravvenuti motivi di pubblico interesse” richiesti dall’art. 11, comma 4, l. n. 241/1990 per recedere da un accordo integrativo o sostitutivo di provvedimento si dovrebbero includere anche le valutazioni sulla legittimità originaria dell’accordo e del provvedimento a monte. Tale tesi, infatti, contrasta con il dato normativo che parla di motivi “sopravvenuti” e di “pubblico interesse”, facendo quindi riferimento a ragioni sopravvenute rispetto all’accordo che riguardano non la legittimità ma il merito e l’opportunità dell’azione amministrativa. Ne è dimostrazione il fatto che l’art. 11, comma 4, l. n. 241/1990 prevede la corresponsione di un indennizzo al privato, al pari della revoca di cui all’art. 21 quinques l. n. 241/1990 e a differenza dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21 nonies l. n. 241/1990, che non contempla invece alcun indennizzo essendo fondato sull’illegittimità del provvedimento emesso. La tesi del Comune resistente comporterebbe l’elusione dei limiti legali all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio in autotutela previsti dall’art. 21 nonies l. n. 241/1990, ovvero il rispetto, a tutela dell’affidamento dei privati, di “un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici” e la sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione del provvedimento illegittimo diverso dal mero ripristino della legalità violata.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 724 del 29 agosto 2024


Il TAR Brescia, preso atto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 19/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 l.r. Lombardia n. 12/2005, “limitatamente alle parole «e, comunque, in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro»”, dichiara l’illegittimità del provvedimento impugnato per avere quantificato la sanzione pecuniaria sulla base di una norma di legge regionale dichiarata costituzionalmente illegittima, precisando che la sanzione – pur sempre dovuta – dovrà essere quindi rideterminata in conformità all’articolo 167, comma 5, d.lgs. 42/2004, e dunque parametrata sul profitto conseguito, senza la soglia minima dell’80% del costo di costruzione che era fissata dal citato art. 83 l.r. n. 12/2005. Per il TAR non risulta invece accoglibile la tesi della società ricorrente secondo la quale, una volta venuto meno il criterio di cui all’art. 83 l.r. n. 12/2005, inclusa la sanzione minima di 500 euro prevista dalla norma, la Provincia non potrebbe più applicare alcuna sanzione avendo già accertato nel provvedimento impugnato l’assenza di profitto e di danno, la cui mancanza avrebbe costituito lo stesso presupposto per l’applicazione del criterio del costo della costruzione previsto dalla norma dichiarata costituzionalmente illegittima. Precisa il TAR che l'applicazione del criterio dell’80% del costo della costruzione di cui al citato art. 83 l.r. n. 12/2005, dichiarato costituzionalmente illegittimo, non implicava necessariamente il previo accertamento dell’assenza del profitto, non prevedendo la norma un criterio sussidiario quanto piuttosto un limite minimo.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 706 del 10 agosto 2024