Il TAR Milano, con riferimento ai criteri interpretativi da utilizzare con riguardo ad una convenzione urbanistica, osserva in termini generali che:
 <<secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, le convenzioni urbanistiche come quella in esame rientrano nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr., ex multis: Cass. civ., I, 28.1.2015, n. 1615; Cass. civ., s.u., 9.3.2012, n. 3689; nella giurisprudenza di questa sezione, cfr. T.A.R. per la Lombardia - Milano, II, 18.6.2020, n. 1525: Id., 20.2.2020, n. 345). Tale qualificazione impone che l’interpretazione della convenzione avvenga utilizzando i criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e ss. del codice civile, visto l’esplicito richiamo di cui al comma 2 dell’art. 11 medesimo, e come, del resto, confermato dalla giurisprudenza, sia di questo Tribunale sia del Consiglio di Stato (cfr., ex multis, T.A.R. per la Lombardia – Milano, II, 5.5.2015, n. 1103, e giurisprudenza ivi richiamata; Consiglio di Stato, IV, 17.12.2014, n. 6164)>>
Aggiunge quindi che:
<<11.2. L’operazione ermeneutica indicata al precedente punto deve, quindi, necessariamente prendere le mosse dalle disposizioni contenute all’interno dell’articolo 1362 c.c. a mente delle quali:
a) “nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole”;
b) “per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”.
11.3. Sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione chiarisce che: 
a) “ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate” (cfr., Cass. civ. III, 19.3.2018, n. 6675); 
b) “il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell'art. 1363 c.c., giacchè per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato” (Cfr. Cass. civ. III, 16.1.2007, n. 828; Id., I, 22.12.2005, n. 28479).
11.4. Inoltre, la Corte di Cassazione sottolinea che: “pur assumendo l'elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli (quali primari criteri d'interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/6/2011, n. 14079; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 19/5/2011, n. 10998; con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006) dell'interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell'interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295). Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.) consente di accertare il significato dell'accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta. L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio d'interpretazione del contratto (fondato sull'esigenza definita in dottrina di "solidarietà contrattuale") si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628). A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947). Assume dunque fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio, alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (art. 1372 c.c.)” (Cass. civ. III, 19.3.2018, n. 6675)>>.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 223 del 25 gennaio 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.