Il Consiglio di Stato ribadisce il principio per cui le previsioni di cui all'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 — riguardanti la distanza minima da osservarsi tra edifici — essendo funzionali a garantire non tanto la riservatezza, quanto piuttosto l'igiene e la salubrità dei luoghi e la formazione di intercapedini dannose, devono considerarsi assolutamente inderogabili da parte dei Comuni, che si devono attenere ad esse in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici; inoltre, traendo le norme del succitato d.m. n. 1444 del 1968 la propria efficacia dall'art. 41 quinquies comma 8, l. 17 agosto 1942, n. 1150 — in tale parte non abrogato dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 — le relative previsioni devono considerarsi avere una efficacia immediatamente precettiva e tale da potersi sostituire alle eventuali norme di piano regolatore ad esse non conformi; pertanto, ogni previsione regolamentare in contrasto con l'anzidetto limite è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione o comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 3280 del 21 maggio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.