Il Consiglio di Stato ricorda che la giurisprudenza civile è concorde nell’affermazione del principio secondo cui quando, al fine di stabilire le distanze legali tra costruzioni sporgenti dal suolo, i regolamenti edilizi dettano i criteri per la misurazione delle altezze dei fabbricati frontistanti, queste devono essere determinate con riferimento al piano di posa, che è quello dell'originario piano di campagna e non la quota di terreno sistemato.
Aggiunge che lo stesso Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che la tesi di far derivare la quota del piano di campagna dalle scelte progettuali e non – come invece logico e naturale – dallo stato di fatto del terreno, tende a dare un’interpretazione capziosa della nozione di “opere di sistemazione” del terreno che sono non tutte quelle scelte dal progettista, ma quegli interventi di minima entità necessari a conformare il terreno alla futura attività edilizia (dissodamento, livellamento e interventi analoghi), ma non certo ad alterarne la caratteristiche naturali; altrimenti, si perverrebbe alla conclusione assurda che lo stacco dell’edificio dal terreno non sia ancorato a dati certi ed obiettivi, ma a scelte arbitrarie ed insindacabili del proprietario dell’immobile.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5034 del 18 luglio 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.