Il TAR Brescia precisa che le preclusioni di diritto interno devono essere valutate dalla prospettiva del diritto comunitario; è possibile, infatti, che la mancanza di rimedi giurisdizionali costituisca essa stessa un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla normativa comunitaria, e debba quindi essere superata mediante la disapplicazione delle norme interne che impediscono la proposizione di nuovi ricorsi; ricorda il TAR che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha precisato che il diritto comunitario, pur consentendo agli Stati di fissare un termine per le impugnazioni dei provvedimenti in materia di VIA, non tollera che i progetti la cui autorizzazione non è più esposta a un ricorso giurisdizionale diretto, data la scadenza del termine di ricorso previsto dalla normativa nazionale, siano puramente e semplicemente considerati autorizzati sotto il profilo dell’obbligo di valutazione della compatibilità ambientale; in particolare, non è possibile impedire la proposizione di un’azione di risarcimento basata sulla violazione dell’obbligo di valutazione della compatibilità ambientale; aggiunge quindi il TAR che poiché il risarcimento in forma specifica può consistere, prima dell’esecuzione dei lavori, nell’apertura di una procedura di VIA, si deve ritenere che i soggetti interessati, compresi i comitati di cittadini che risentono delle conseguenze dell’opera, possano chiedere l’accertamento dell’obbligo di sottoposizione del progetto alla valutazione di compatibilità ambientale.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 739 del 13 agosto 2019 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri, al seguente indirizzo.