Il TAR Milano osserva che:
«il contributo di costruzione – previsto dall’art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001 e articolato nelle due voci inerenti agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione – gravante sul soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria «rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione. In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio» (Consiglio di Stato, Ad. plen., 7 dicembre 2016, n. 24; altresì Ad. plen., 30 agosto 2018, n. 12; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 15 maggio 2020, n. 828). Più nello specifico, gli oneri di urbanizzazione, di natura latamente corrispettiva, hanno la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria, mentre il costo di costruzione è stato configurato alla stregua di una prestazione di natura pubblica, determinata tenendo conto della produzione di ricchezza generata dallo sfruttamento del territorio, ovvero quale compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore (ex multis, Consiglio di Stato, II, 9 dicembre 2019, n. 8377; V, 21 novembre 2018, n. 6592).
Il contributo di costruzione è un corrispettivo di diritto pubblico, proprio per il fondamentale principio dell’onerosità del titolo edilizio recepito dall’art. 16 del D.P.R. n. 380 del 2001 (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 64 del 10 aprile 2020), e come tale, benché esso non sia legato da un rigido vincolo di sinallagmaticità rispetto del rilascio del permesso di costruire, rientra anche, e coerentemente, nel novero delle prestazioni patrimoniali imposte di cui all’art. 23 Cost. (Consiglio di Stato, Ad. plen., 30 agosto 2018, n. 12; IV, 7 novembre 2017, n. 5133).
La debenza del contributo di costruzione, di conseguenza, è direttamente correlata all’effettiva trasformazione urbanistica ed edilizia e quindi al concreto impatto che la stessa determina sul territorio. Pertanto, “qualora il privato rinunci o non utilizzi il permesso di costruire, sorge in capo all’amministrazione, ex art. 2033 cod. civ., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione nonché, conseguentemente, il diritto del privato a pretenderne la restituzione; con la precisazione che il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 7 gennaio 2016, n. 12; altresì, T.A.R. Lombardia, Brescia, II, 2 maggio 2019, n. 426; T.A.R. Puglia, Bari, III, 3 aprile 2018, n. 488; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 1° marzo 2017; n. 496; T.A.R. Sicilia, Catania, II, 27 gennaio 2017, n. 189)».

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1418 del 23 luglio 2020.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri