Secondo il TAR Milano, le opere realizzate senza autorizzazione all’interno di un territorio protetto, anche se astrattamente riconducibili al concetto di pertinenza, debbono comunque sottostare alle misure ripristinatorie e di reintegro ambientale di cui agli artt. 167 e 181 del D.Lgs. n. 42 del 2004: difatti, ove gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera DIA, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3093 del 11 novembre 2024


Il TAR Brescia, con riferimento alla disciplina in materia di accesso agli atti prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici, precisa che, con riferimento alla regola generale (art. 36) dell’integrale ostensibilità dell’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, l’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023 prevede, quale eccezione, che il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione “a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”. Tale eccezione, tuttavia, non opera, tornando dunque ad applicarsi la regola generale dell’accessibilità, qualora l’accesso richiesto dal concorrente sia “indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”. Grava pertanto sull’aggiudicatario l’onere di “motivare” e “comprovare” la presenza di parti della sua offerta coperte da segreti tecnici o commerciali. Solamente una volta fornita tale dimostrazione da parte del controinteressato aggiudicatario, e quindi ritenuta operante l’eccezione all’ostensibilità di cui all’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 36/2023, sarà onere del ricorrente non aggiudicatario dimostrare l’indispensabilità della documentazione richiesta ai fini della difesa in giudizio per fare prevalere il suo diritto di difesa sul diritto del controinteressato alla tutela dei segreti tecnici e commerciali.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 880 del 4 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che la verificazione (e/o la consulenza tecnica d’ufficio) non può sopperire alle carenze probatorie riferibili alle parti del processo, ma ha l’esclusiva finalità di chiarire eventuali dubbi discendenti da elementi ritualmente introdotti in giudizio e non del tutto incontroversi nella loro portata. Difatti, anche la verificazione come la consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata per costruire prove che la parte attrice non ha introdotto nel processo nemmeno come principio. Essa, infatti, costituisce non già un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova, avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione, ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3068 del 7 novembre 2024


Il TAR Milano ricorda che sul piano della dinamica giuridica, la convalida non determina una modificazione strutturale del provvedimento viziato (non configurabile neppure logicamente, essendosi la fattispecie stessa già integralmente conclusa), bensì il sorgere di una fattispecie complessa, derivante dalla “saldatura” con il provvedimento convalidato, fonte di una sintesi effettuale autonoma. L’efficacia consolidativa degli effetti della convalida opera retroattivamente: il provvedimento di convalida, ricollegandosi all’atto convalidato, ne mantiene fermi gli effetti fin dal momento in cui esso venne emanato. La decorrenza ex tunc è connaturale alla funzione della convalida di eliminare gli effetti del vizio con un provvedimento nuovo ed autonomo. È questa la principale differenza rispetto alla rinnovazione dell’atto che invece non retroagisce per conservarne gli effetti fin dall’origine.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3058 del 6 novembre 2024


Il TAR Milano afferma che in caso di comproprietà è necessaria la sottoscrizione dell’istanza ex art. 36 D.P.R. 380/2001 da parte di tutti i proprietari, salvo che vi sia un pactum fiduciae tra il richiedente e gli altri comproprietari.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2941 del 29 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza, non sussiste, di regola e in via generale, alcun obbligo per la P.A. di avviare e concludere un procedimento in autotutela – salvi i casi in cui la stessa sia doverosa o quando emergano ragioni di giustizia e di equità – tenuto conto che le istanze dei privati volte a chiedere l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione hanno una funzione di mera denuncia o sollecitazione e non creano in capo alla medesima Amministrazione alcun obbligo di provvedere, non dando luogo a formazione di silenzio inadempimento in caso di mancata definizione dell’istanza. Del resto, se si imponesse un obbligo di provvedere, il rischio sarebbe anche quello di eludere i termini di impugnare mediante la proposizione di un’istanza all’amministrazione, con possibilità di impugnare l’eventuale esito negativo della procedura, nonostante l’avvenuta decorrenza dei termini per proporre ricorso nei confronti del provvedimento di primo grado, con evidente compromissione delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 3003 del 31 ottobre 2024


Il TAR Milano rigetta la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme di legge statali e regionali sulla caccia, per l’asserito contrasto delle medesime con l’art. 9 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2022, laddove si prevede che: «La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Osserva che la norma dell’art. 9 della Costituzione, ancorché inserita nei Principi Fondamentali di quest’ultima, appare di carattere programmatico e non immediatamente precettivo, creando una riserva di legge statale sulle modalità di tutela degli animali e rinviando quindi l’individuazione concreta di tali forme di tutela alle scelte del legislatore statale. Peraltro appare evidente che nell’esercizio del proprio potere normativo, il legislatore dovrà necessariamente bilanciare l’interesse alla tutela animale con altri valori costituzionali, visto che nel nostro ordinamento i valori fondamentali sono in rapporto di reciproca integrazione, senza che uno di essi possa assumere valenza assoluta verso gli altri; in altri termini occorre evitare che nell’ordinamento emergano quelli che, con efficace espressione, sono definiti come “diritti tiranni”. Il TAR aggiunge che l’ordinamento dell’Unione Europea non pare vietare la caccia. L’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), se da una parte garantisce il rispetto del benessere animale, dall’altra impone il rispetto delle consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda le tradizioni culturali e il patrimonio regionale. L’attività venatoria è praticamente coeva alla storia umana e sebbene abbia perso ormai il suo carattere originario di prevalente – se non addirittura esclusiva – fonte di sostentamento delle comunità, rappresenta parimenti una parte della tradizione sociale e culturale italiana, senza contare che la caccia persegue oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale (si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana). In tal senso si veda la direttiva UE 2009/147/CE (c.d. direttiva uccelli), che ammette (decimo “considerando”) che talune specie possono formare oggetto di caccia, la quale costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, seppure nel rispetto di determinati limiti. Inoltre il Consiglio d’Europa, nella sua Carta della caccia e della biodiversità, Principio 6, ha introdotto la nozione di “caccia sostenibile”, il che conferma la legittimità dell’attività venatoria per il Consiglio stesso, seppure nel rispetto della biodiversità e delle inderogabili esigenze di tutela ambientale.

TAR Lombardia, Milano, II, n. 2583 del 7 ottobre 2024