Il TAR Milano osserva che l’art. 28 Regolamento al Codice stradale impedisce la realizzazione di nuove strutture edilizie, anche sotto forma di ampliamento o ricostruzione di manufatti integralmente demoliti, ma non vieta qualsiasi tipo di intervento edilizio sull’esistente, nel rispetto del principio di prevenzione che caratterizza, in via generale, la disciplina delle distanze nelle costruzioni. Si deve considerare che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono comprese varie tipologie di opere rivolte a trasformare gli organismi edilizi esistenti, che non comportano necessariamente la demolizione e la ricostruzione degli edifici; quest’ultima costituisce solo una specifica e particolare modalità di ristrutturazione, soggetta a precisi vincoli. Pertanto, laddove l’espressione del parere in senso negativo dell’ente autostradale si fonda sulla considerazione che l’art. 28 del Regolamento C.d.S. ammetterebbe solo interventi di restauro e risanamento conservativo, con esclusione di ogni altro intervento che non rientri nella definizione di restauro e risanamento conservativo, indipendentemente dal fatto che non sia prevista la demolizione e ricostruzione né l’ampliamento dell’esistente, ne consegue l’illegittimità, non solo per il contrasto con il dettato normativo, ma anche per l’illogicità sintomatica dell’eccesso di potere.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2760 del 18 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio. Ne consegue che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo della sua adozione. Tali conclusioni restano ferme anche nel caso in cui l'Amministrazione non rispetti il termine finale di conclusione del procedimento, poiché essa conserva comunque il potere di provvedere anche dopo lo spirare di tale termine, sicché le modifiche normative intervenute prima della formale adozione del provvedimento finale debbono essere osservate, proprio in adesione al principio del tempus regit actum.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2947 del 29 ottobre 2024


Il TAR Brescia ha considerato inammissibile la trasposizione di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica a seguito di opposizione fatta valere da un soggetto non qualificabile quale parte resistente o controinteressato. Infatti, si devono ritenere legittimati a proporre opposizione le parti controinteressate e le amministrazioni resistenti, siano esse statali o diverse dalle amministrazioni statali, trattandosi di parti necessarie del processo amministrativo. Ciò in quanto avendo dette parti subito l’iniziativa del ricorrente e avendo interesse alla conservazione dell’atto impugnato, occorre presidiare la loro facoltà di scelta a che la controversia sia trasferita e decisa nella sede giurisdizionale, assistita da maggiori garanzie rispetto a quella del ricorso straordinario. Per cui, un soggetto che non rivesta tale posizione, non può validamente formulare l'opposizione e la successiva trasposizione del ricorso deve essere dichiarata inammissibile, disponendosi, ai sensi dell’art. 48, comma 3, c.p.a., la restituzione del fascicolo all’Autorità amministrativa competente per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria. (Nella specie, il soggetto che aveva proposto l'opposizione, pur avendo ricevuto la notifica del ricorso straordinario, non aveva i requisiti richiesti per essere qualificato né parte resistente, né controinteressato, rivestendo semmai la posizione di interveniente ad adiuvandum).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 25 ottobre 2024, n. 848


Il TAR Milano osserva che la valutazione degli interventi oggetto di istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 deve essere complessiva e globale, non potendosi ammettere la parcellizzazione degli abusi ai fini della loro regolarizzazione poiché la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere il nesso funzionale che li lega e, in definitiva, l’effettiva portata dell’operazione. Deve, quindi, escludersi l’ammissibilità di sanatorie parziali o condizionate di opere abusive che abbiano dato luogo a un intervento unitario, giacché l’art. 36 cit. ha riguardo, appunto, all’intervento abusivo nella sua interezza e non alla singola opera abusiva. In tale evenienza, pertanto, l’interessato è tenuto a scegliere tra l’integrale ripristino dello stato dei luoghi, mediante la demolizione e rimozione di tutte le opere accertate come abusive dall’amministrazione competente, ovvero la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità riferita alla totalità dell’intervento abuso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2758 del 17 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che sulla questione inerente alla sussistenza di un diritto di accesso agli esposti in materia di abusivismo edilizio si riscontrano soluzioni giurisprudenziali non univoche. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, il diniego di accesso a tali atti è, di regola, legittimo in quanto non incide sul diritto di difesa del soggetto che, a fronte dell'intervenuta notifica del verbale conclusivo dell'attività ispettiva, non ha alcun interesse a conoscere il nome dell'autore dell'esposto. Un secondo orientamento è, invece, dell’avviso che - al di fuori di particolari ipotesi in cui il denunciante potrebbe essere esposto, in ragioni dei rapporti con il denunciato, ad azioni discriminatorie o indebite pressioni - il principio di trasparenza prevalga su quello alla riservatezza e, dunque, non sussista il diritto all’anonimato dei soggetti che abbiano assunto iniziative incidenti sulla sfera di terzi, anche perché una volta che l’esposto è pervenuto alla sfera di conoscenza della P.A., l’autore dell’atto ha perso il controllo su di esso essendo entrato nella disponibilità dell’Amministrazione. Il Collegio condivide quest’ultimo orientamento in forza del quale il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza e responsabilità, non ammette la possibilità di "denunce segrete": colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell'esercizio del potere di vigilanza, a partire dagli atti di iniziativa e di preiniziativa quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2874 del 24 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che qualora l’Agenzia delle Entrate attesti a carico del concorrente violazioni fiscali definitivamente accertate, la stazione appaltante non ha altra possibilità che escludere detta società dalla gara, essendole preclusa un’autonoma valutazione della questione, nella considerazione che i documenti rilasciati dall’Autorità competenti ratione officii relativamente alla posizione delle ditte concorrenti alle pubbliche gare in materia di pagamento di imposte e tasse e contributi previdenziali e assistenziali, quanto alla loro natura, si qualificano come atti di certificazione e/o attestazione assistiti da pubblica fede ex art. 2700 c.c. e facenti prova fino a querela di falso e che la vincolatività delle relative risultanze trova, peraltro, supporto nella normativa comunitaria, in cui, con riferimento alla causa di esclusione relativa all’irregolarità nei pagamenti di imposte e tasse, è espressamente previsto che le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente un certificato rilasciato dall’Autorità competente dello Stato membro.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2858 del 23 ottobre 2024


Il TAR Brescia avverte che la qualificazione degli atti da parte della p.a. dipende dall’oggettiva corrispondenza alla categoria astrattamente prevista dalla norma. Non può quindi ipotizzarsi un potere dell’amministrazione di attribuire ai propri atti effetti non immediatamente riconducibili alla previsione normativa che fonda la titolarità della funzione esercitata. L’amministrazione, attraverso le proprie determinazioni, può soltanto produrre i tipi di conseguenze previsti dalla legge, secondo la predeterminazione normativa degli effetti, e agisce quindi per schemi interamente prefigurati dalla legge (nella specie, l’amministrazione aveva definitivo “vincolante” un parere di compatibilità paesaggistica, invece previsto dalla legge come obbligatorio, ma, appunto, non vincolante; per cui il ricorso è stato dichiarato comunque inammissibile perché avente ad oggetto un atto meramente endoprocedimentale).

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, n. 818 del 18 ottobre 2024



Il TAR Milano ricorda che, per giurisprudenza costante, la ricorrente che impugna la propria esclusione dalla gara (e, solo di riflesso, l'aggiudicazione della commessa ad un terzo) non deve superare la c.d. prova di resistenza: ai fini della dimostrazione del proprio interesse a ricorrere è sufficiente che l'impresa esclusa alleghi doglianze tali da poter astrattamente condurre alla soddisfazione della pretesa che pure la propria offerta di gara formi oggetto di valutazione in comparazione con le altre.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2780 del 21 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ritiene che la conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia, e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2790 del 21 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che non è rinvenibile alcun principio di ordine logico o giuridico che possa impedire al privato, destinatario di un atto vincolato, di rappresentare all’amministrazione l’inesistenza dei presupposti ipotizzati dalla norma, esercitando preventivamente sul piano amministrativo quella difesa delle proprie ragioni che altrimenti sarebbe costretto a svolgere unicamente in sede giudiziaria; è quindi illegittimo il provvedimento vincolato emesso senza che sia stata offerta al destinatario dello stesso provvedimento la preventiva comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990, ove dal giudizio emerga che l’omessa comunicazione del procedimento avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni, idonee a determinare l’emanazione di un provvedimento con contenuto diverso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2700 del 15 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che la scelta di acquisire un bene occupato e utilizzato sine titulo o restituirlo va effettuata esclusivamente dall'Autorità (o dal commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, all'esito del giudizio di cognizione o del giudizio d'ottemperanza, ai sensi dell'art. 34 o dell'art. 114 c.p.a): in sede di giurisdizione di legittimità, né il giudice amministrativo né il proprietario possono sostituire le proprie valutazioni a quelle attribuite alla competenza e alle responsabilità dell'Autorità individuata dall'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001; pertanto, il giudice amministrativo, in caso di inerzia dell'Amministrazione e di ricorso avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a., può nominare già in sede di cognizione il commissario ad acta, che provvederà ad esercitare i poteri di cui all'art. 42-bis o nel senso della acquisizione o nel senso della restituzione del bene illegittimamente espropriato; qualora, invece, sia invocata solo la tutela (restitutoria e risarcitoria) prevista dal c.c. e non si richiami l'art. 42-bis, il giudice deve pronunciarsi tenuto conto del carattere doveroso della funzione attribuita dall'art. 42-bis all’amministrazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2589 del 9 ottobre 2024


In materia di contratti pubblici (concorso di progettazione), il TAR Brescia ha precisato che la prescrizione della legge di gara in ordine al numero massimo di pagine o di caratteri della relazione tecnica allegata all’offerta, anche nel caso in cui sia prevista a pena di esclusione, deve essere interpretata secondo canoni di prudenza e di ragionevolezza, potendone discendere l’esclusione del concorrente soltanto nel caso il superamento della soglia prescritta abbia determinato, in concreto, una posizione di vantaggio immeritevole per il concorrente inadempiente.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 14 ottobre 2024, n. 795


Il TAR Milano dichiara un ricorso contro l’atto di proclamazione degli eletti inammissibile, in quanto non notificato al Comune che è l'unica parte pubblica necessaria del processo, in quanto ente che si appropria del risultato elettorale e sul quale si riverberano gli effetti dell'annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti, e che deve essere, pertanto, evocato in giudizio entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza, a norma dell'art. 130, co. 3, lett. a), c.p.a. Nel caso di specie, il ricorso è stato notificato al Comune presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, ove si è ritenuto domiciliato l'ente. Siffatta notifica, precisa il TAR, è inesistente, poiché il difensore erariale non ha alcun legame con l'ente locale. L'inesistenza giuridica della notificazione sussiste non solo quando questa manchi del tutto, ma anche laddove sia effettuata in modo tale da non consentirne la sussunzione nell'atto tipico di notificazione delineato dalla legge, come nel caso in cui sia esperita in un luogo, diverso da quello previsto dalla legge, che non presenti alcun riferimento o attinenza al destinatario della notificazione stessa. Pertanto, il vizio non è sanabile attraverso la rinnovazione della notificazione o la costituzione in giudizio della parte ex art. 44, co. 4, c.p.a. poiché la sanatoria è riservata agli atti nulli e non anche a quelli inesistenti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2504 del 9 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D.Lgs. n. 36/2023. L’accertata applicabilità dell’ordinario procedimento di accesso agli atti alle fattispecie in precedenza individuate rende, per il TAR, mutuabile l’orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza del Codice dei contratti pubblici adottato nel 2016 (d.lgs. n. 50/2016), secondo il quale, nell’ambito delle procedure a evidenza pubblica, ove la richiesta di accesso agli atti venga proposta entro un lasso temporale di quindici giorni, il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si deve incrementare di un numero di giorni (massimo quindici) pari a quello necessario per avere piena conoscenza dell’atto e dei suoi eventuali profili di illegittimità, qualora questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2520 del 30 settembre 2024


In materia di autorizzazione paesaggistica semplificata, il TAR Brescia ha ritenuto non fondato un asserito vizio di natura procedimentale, costituito dalla tardività dell’emissione dei pareri della Commissione per il paesaggio e della Soprintendenza, che determinerebbe l’inefficacia delle prescrizioni contenute nei pareri stessi. Infatti, trova applicazione l’art. 11, comma 5, D.P.R. 31/2017 (sull’autorizzazione paesaggistica semplificata), il quale, per il caso in cui l’amministrazione procedente sia orientata per l’accoglimento dell’istanza, stabilisce un primo “termine tassativo di venti giorni dal ricevimento dell'istanza” affinché l’amministrazione procedente trasmetta alla Soprintendenza “una motivata proposta di accoglimento, unitamente alla domanda ed alla documentazione in suo possesso”, e un secondo “termine tassativo di venti giorni dal ricevimento della proposta” affinché la Soprintendenza, se la sua valutazione è positiva, esprima il proprio parere vincolante. Il TAR precisa che, sebbene entrambi i termini siano qualificati dalla legge come tassativi, solo per il secondo è espressamente previsto il meccanismo del silenzio assenso. Nel caso di mancato rispetto del primo termine “tassativo”, invece, il D.P.R. 31/2017 non chiarisce quali siano le conseguenze.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 778 del 4 ottobre 2024


Il TAR Milano osserva che l'art. 14 della L.R. Lombardia n. 12 del 2005 delinea il procedimento che conduce all'approvazione del piano attuativo, distinguendo, all'interno di esso, un autonomo sub-procedimento istruttorio, il cui esito positivo condiziona l'avvio della successiva fase di adozione del piano; il comma 1 individua una fase sub procedimentale autonoma di natura istruttoria, che può porre fine al procedimento, decretandone l'arresto. In particolare, la norma in esame (nella formulazione ratione temporis vigente, la quale prevedeva la competenza all’adozione dei piani attuativi in capo al Consiglio Comunale) circoscrive il potere del responsabile del procedimento di concludere il procedimento all'ipotesi in cui la fase istruttoria abbia un esito negativo poiché l'istante non ha prodotto la documentazione richiesta ovvero le modifiche progettuali ritenute necessarie per l'adeguamento dello stesso alle prescrizioni normative vigenti. Al di fuori di tale fattispecie, sussiste la competenza del Consiglio Comunale ad assumere ogni determinazione in ordine a istanze di piani attuativi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2570 del 7 ottobre 2024


Il TAR Milano precisa che la c.d. prova di resistenza è un’espressione attraverso la quale si intende verificare la sussistenza – o meno - dell’attualità dell’interesse al ricorso. La verifica dell’attualità dell’interesse al ricorso, tramite la prova di resistenza, va condotta in astratto ossia sulla base delle allegazioni del ricorrente e non già in concreto in base alla fondatezza delle censure proposte il cui esame è invece riservato allo scrutinio del merito. Laddove in astratto risulta che, una volta accolte le censure, il ricorrente sia in grado di ottenere un risultato per lui utile - che gli consentirebbe di raggiungere il bene della vita cui aspira - la prova è superata e quindi può dirsi dimostrata, in astratto, l’attualità dell’interesse al ricorso.

TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 2568 del 4 ottobre 2024


Il TAR Brescia ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. 241/90 “Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama”. A questo proposito, precisa il TAR che l'art. 3 L. n. 241 del 1990, nella parte in cui afferma che la motivazione per relationem è legittima a condizione che siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio, va inteso nel senso che all'interessato deve essere garantita la possibilità di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi, con la conseguenza che non sussiste per l'amministrazione l'obbligo di allegare tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta dell'interessato.

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 770 del 1° ottobre 2024


Si informa che l'8 e il 9 novembre 2024 si terrà a Bari, nell'Aula Magna dell'Università degli Studi Aldo Moro, il Congresso dell'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti intitolato "La giustizia amministrativa oggi, tra sfide, attese e proposte".
Di seguito la locandina e il link da utilizzare per iscriversi all'evento, recante anche la possibilità di prenotazione alberghiera nelle strutture allocate in centro e comunque nelle immediate vicinanze dell'Ateneo, ove si svolgerà il Congresso.

Locandina

Link per iscrizione


Il TAR Milano precisa che la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione entro il termine da esso fissato comporta la perduranza di una situazione contra ius e costituisce un illecito amministrativo omissivo propter rem, distinto dal precedente ‘primo’ illecito – avente anche rilevanza penale - commesso con la realizzazione delle opere abusive; la mancata ottemperanza – anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza. L’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, emesso ai sensi dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha natura dichiarativa e comporta – in base alle regole dell’obbligo propter rem - l’acquisto ipso iure del bene identificato nell’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di 90 giorni fissato con l’ordinanza di demolizione. Qualora per la prima volta sia con esso identificata l’area ulteriore acquisita, in aggiunta al manufatto abusivo, l’ordinanza ha natura parzialmente costitutiva in relazione solo a quest’ultima (comportando una fattispecie a formazione progressiva). 

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2551 del 4 ottobre 2024








Il TAR Milano ritiene illegittimo il diniego all’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile motivato sul fatto che le NTA del piano delle regole del vigente PGT stabilisce che l’installazione di impianti tecnologici è vietata nella zona classificata come “Tessuto Urbano Consolidato di Completamento” e in quanto lo stesso Comune ha individuato a tale scopo le zone definite come “Ambiti per i servizi e gli impianti tecnologici". Ritiene il Collegio che queste disposizioni, proprio in quanto riferite a tutti gli impianti tecnologici, si rivolgano anche agli impianti di radiotelefonia. Esse, lungi dal limitarsi ad individuare criteri preferenziali, introducono veri e propri divieti installazione su intere aree del territorio comunale. Risulta, pertanto, evidente il contrasto di queste stesse diposizioni con le norme ed i principi giurisprudenziali in materia che vietano ai comuni la possibilità di imporre divieti generalizzati e di individuare zone specifiche entro le quali confinare i suddetti impianti.

TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 2534 del 1 ottobre 2024


Il TAR Milano ricorda che il principio di invarianza oggi codificato all’art. 108, c. 12, d.lgs. n. 36/2023 (e in precedenza dall’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50/2016 che riproduceva a sua volta la disposizione dell’art. 38, comma 2-bis, del d.lgs. n. 163/2006) opera nel senso della “cristallizzazione delle offerte” e della “immodificabilità della graduatoria” e integra un’espressa eccezione all’ordinario meccanismo del regresso procedimentale per positiva irrilevanza delle sopravvenienze. La giurisprudenza ha, poi, affermato l’applicabilità del meccanismo in parola non soltanto in presenza di criteri di aggiudicazione automatici, come quello del “minor prezzo”, per i quali sia previsto, anche ai fini della determinazione della soglia di anomalia, il “calcolo di medie”, ma anche nelle ipotesi di criteri rimessi alla valutazione discrezionale della commissione valutatrice, come nel caso della “offerta economicamente più vantaggiosa”, le quante volte (come nel caso che debba procedersi, in base al disciplinare di gara, secondo il metodo del c.d. confronto a coppie) la formazione della graduatoria sia condizionata dal meccanismo di “normalizzazione” del punteggio conseguito da ciascun concorrente, attraverso il confronto parametrico con quello dell’offerta migliore, che è alterato dalla modifica della platea dei concorrenti da confrontare attraverso la rideterminazione di valori medi.

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 2521 del 30 settembre 2024


Il TAR Milano precisa che, secondo il prevalente orientamento, la condizione di proponibilità di un’azione avverso il silenzio amministrativo e della eventuale domanda al risarcimento dei danni connessi al ritardo è che vi sia un “obbligo giuridico di provvedere” in capo alla P.A. (art. 2, comma 1, l. 241/1990), ossia il dovere di emettere un provvedimento in esplicazione di una pubblica funzione. Il silenzio inadempimento – tutelabile con l’azione ex artt. 31 e 117 cod. proc. amm. – può dunque formarsi unicamente in ordine a un’attività amministrativa incidente su posizioni di interesse legittimo, e non già nell’ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventi natura sostanziale di diritti soggettivi. Conseguentemente, salvi i casi in cui la materia rientra tra quelle di giurisdizione esclusiva, tale rimedio non può essere attivato per la tutela di una posizione di diritto soggettivo, per la quale deve essere proposta un'azione di accertamento e di condanna dinanzi alla competente Autorità giudiziaria.

TAR Lombardia, Milano, Sez. V, n. 2515 del 30 settembre 2024


Si segnala il Convegno di Diritto Comparato organizzato nell’ambito delle collaborazioni intercontinentali tra le pubbliche avvocature, frutto della sinergia tra IMLA (International Municipal Lawyers Association) e UNAEP (Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici). L’evento si terrà presso Villa Gallia, la sede dell’Amministrazione Provinciale di Como, nei giorni 18 e 19 ottobre 2024.

 Locandina


Il TAR Milano respinge un motivo di ricorso centrato sull’illegittima applicazione retroattiva dell’art. 244 del d.l.gs 2006 n. 152, che trasformerebbe la bonifica in una sanzione, in quanto: a) la tesi dell’applicazione retroattiva della disciplina in esame non è coerente con la struttura della fattispecie normativa, che configura una prestazione personale imposta, secondo il paradigma dell’art. 23 Cost.; b) non sussiste alcuna retroazione di istituti giuridici introdotti in epoca successiva alla realizzazione dell’inquinamento, ma solo l’applicazione attuale di istituti previsti dalla legge nel momento in cui si accerta una situazione di inquinamento in atto; c) è inconferente, oltre che infondata, l’osservazione secondo cui il rimedio della bonifica non sarebbe applicabile prima degli anni ‘70 del secolo scorso per l’impossibilità prima di tale periodo di qualificare la condotta del privato come contra ius; d) invero, il presupposto dell’ordine di bonifica non è la qualificazione della condotta di inquinamento in termini di fatto antigiuridico fonte di responsabilità risarcitoria da soddisfare mediante la reintegrazione in forma specifica, ma unicamente l’esistenza attuale della situazione patologica e la sua derivazione causale da una condotta del soggetto indicato come responsabile; e) la bonifica non è una sanzione, perché non si tratta di una misura “punitiva”, ma di uno strumento teso a porre rimedio, in forza di una specifica previsione legislativa, ad effetti patologici che permangono nonostante il decorso del tempo; rimedio posto a carico dell’autore dell’inquinamento, sulla base dell’accertamento del nesso causale tra la condotta e la contaminazione, in coerenza con il principio “chi inquina paga”.

TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 2500 del 27 settembre 2024