Il Consiglio di Stato esamina la disciplina di cui art. 9, comma 1, lettera f), della legge n. 10 del 1977 (ora art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001), in materia di esonero dal pagamento del contributo di costruzione per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, e enuncia i seguenti principi:
  • ai fini del regime premiale di cui alla norma citata, è indispensabile accertare la sussistenza di due profili, uno di carattere soggettivo, l’altro oggettivo;
  • sotto il primo aspetto, alla luce dell’evoluzione del concetto di pubblica amministrazione, inteso non più meramente in senso formalistico ma funzionalistico, possono ottenere lo sgravio edilizio de quo non esclusivamente le amministrazioni formalmente previste e riconosciute come tali dalla legge, ma anche soggetti privati (imprenditori individuali, società per azioni) che esercitino un’attività pubblicisticamente rilevante, ponendosi in una condizione di longa manus della p.a.;
  • in forza della seconda peculiarità, occorre dimostrare che l’opera, per la quale si chiede l’esenzione del pagamento degli oneri urbanizzativi, sia, per le sue oggettive caratteristiche e peculiarità, esclusivamente finalizzata a un utilizzo dell’intera collettività: non è sufficiente, quindi, che l’opera sia legata a un interesse generale da un nesso di mera strumentalità;
  • tale accertamento non può essere fondato sulla base della sola destinazione che il titolare dell’opera intende soggettivamente imprimere sulla stessa, se non provocando un’evidente elusione del sistema normativo che prevede come regola generale, in un’ottica di corretto governo del territorio ex art. 9, comma 2, Costituzione, l’imposizione contributiva per l’ottenimento dei titoli edilizi, rispetto alla quale i casi di deroga sono di stretta interpretazione.

Applicando tali principi, il Consiglio di Stato nega, nella fattispecie esaminata, l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione, in quanto, pur essendo pacifica la natura di affidataria di servizio pubblico della società richiedente il titolo edilizio, la stessa, con il titolo abilitativo richiesto, ha inteso realizzare una “struttura destinata ad ospitare le attività direzionali/amministrative”, la cui polifunzionalità, anche alla luce della natura privatistica della società stessa, impedisce l’esclusiva funzionalizzazione della stessa a scopi unicamente pubblicistici.
Né può giustificarsi, aggiunge il Consiglio di Stato, la natura pubblicistica dell’opera sulla base della destinazione del suolo su cui la stessa doveva essere eretta ("zona F"), laddove invece la verifica deve essere condotta esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche dell’opera e non su elementi esteriori qual è la disciplina urbanistica (peraltro suscettibile di variazioni) del territorio su cui la stessa deve essere collocata.


La sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 2394 del 6 giugno 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.