Il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione. Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l'interesse a ricorrere; nel giudizio impugnatorio, la legittimazione ad agire spetta al soggetto che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, posizione speciale e qualificata, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo, mentre l'interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall'accoglimento dell'impugnativa. L'interesse al ricorso, quale species dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., deve avere le caratteristiche della concretezza e dell'attualità e deve consistere in una utilità pratica, diretta e immediata, che l'interessato può ottenere con il provvedimento richiesto al giudice. Dunque, il provvedimento giudiziale a cui si aspira mediante la proposizione del ricorso amministrativo deve essere idoneo ad assicurare, direttamente ed immediatamente, l'utilità che la parte ricorrente assume esserle sottratta o negata o disconosciuta, non essendo a tal fine sufficiente il mero riferimento alla generica pretesa al rispetto di norme, svincolate dalla prospettazione di vizi dell'atto che incidono sulla sfera giuridica del ricorrente.
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 1297 del 11 aprile 2025